Terra madre

domenica 3 Agosto, 2025

Con la crisi climatica cresce l’erosione. In Trentino il fenomeno aumenterà del 13%

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Il rovescio della medaglia è la siccità che investirà maggiormente il Sud Italia, ma anche il Trentino meridionale

Entro il 2050, l’erosione del suolo sulle Alpi, Trentino incluso, aumenterà del 13%. Nel resto d’Italia, invece, si prevede una diminuzione dell’erosività del suolo provocata dalle piogge del 24%, a causa della loro crescente scarsità, ma qui, in quota, il problema è opposto: eventi temporaleschi sempre più intensi metteranno a dura prova versanti, infrastrutture e coltivazioni. Il suolo inoltre è un gigantesco serbatoio di carbonio, secondo solo agli oceani per capacità di assorbire Co2. Proteggerlo significa proteggere anche l’aria che respiriamo e il clima che viviamo. L’aumento delle temperature porta con sé numerosi danni al suolo: l’umidità cala e la sostanza organica si impoverisce anche a causa delle pratiche agricole più intensive, le foreste (come a Lavarone) si espandono ma non sempre in modo vantaggioso, le colture si spostano in quota su terreni instabili e la vita sotto terra rischia l’estinzione.

 

Il Trentino perde terreno
Uno studio condotto a livello europeo stima che, entro il 2050, l’erosività delle precipitazioni sulle Alpi aumenterà del 13% rispetto al 2010. Se da un lato le aree mediterranee italiane vedranno un calo dell’erosione dovuto alle precipitazioni del 24%, il terreno trentino vedrà aumentare questa erosione causati dai temporali più intensi, che colpiranno soprattutto le aree alpine e prealpine. Nelle zone montane il problema è amplificato: l’agricoltura si sviluppa su versanti inclinati e la tendenza a coltivare sempre più in quota, favorita dal riscaldamento globale, aumenterà la vulnerabilità del territorio.

 

Il suolo, una spugna di Co2
Dopo gli oceani, il suolo è il secondo serbatoio naturale di carbonio al mondo, più importante persino delle foreste. Proteggere i suoli significa proteggere la nostra capacità di catturare e immagazzinare Co2, riducendo gli impatti del cambiamento climatico. In Trentino, grazie all’inventario Infocarb (inventario che include 150 punti di campionamento sul suolo trentino) pubblicato nel 2010, sappiamo che il 44,6% del carbonio immagazzinato negli ecosistemi forestali è trattenuto nel suolo, mentre il 43,2% si trova nella biomassa fuori terra.

Più Co2 in atmosfera
L’aumento delle temperature mette però a rischio questa funzione. Il riscaldamento accelera l’attività dei microrganismi del suolo, che consumano la sostanza organica e rilasciano più Co2 in atmosfera.

 

Il caso Lavarone
Non tutta la vegetazione si comporta allo stesso modo quando si tratta di assorbire Co2. Uno studio del 2014 condotto a Lavarone ha mostrato che l’espansione delle foreste a scapito delle praterie sposta il carbonio nella biomassa arborea, impoverendo il suolo. Inoltre, le foreste di faggio trattengono meno carbonio negli strati organici rispetto a quelle dominate da conifere. Quindi non basta “piantare alberi” ma conta di più che tipo di vegetazione cresce e dove.

 

Vigne: -19% sostanza organica
Tra il 1980 e il 2011, la Fondazione Edmund Mach ha monitorato 63 suoli viticoli in Trentino, scoprendo che la sostanza organica è diminuita del 19% in soli 31 anni. Tra i fattori all’origine di tale impoverimento troviamo l’uso dei concimi al posto delle tradizionali pratiche di sovescio e di aggiunta di ammendanti, il disseccamento dello strato erboso tramite diserbanti e i cambiamenti climatici.

 

Nel sud del Trentino più rischi
Secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente, dal 1951 al 2012 l’umidità estiva del suolo è diminuita in gran parte del bacino mediterraneo, con un impatto significativo anche nel Trentino meridionale. Le proiezioni future confermano il trend: la terra sarà sempre più secca, con minori raccolti e bisogno crescente di irrigazione agricola.

 

L’effetto forno del suolo
Uno studio ha mostrato che, nella settimana più calda di ogni anno (tra il 1996 e il 2021), le temperature massime del suolo nei primi 10 cm sono cresciute più rapidamente di quelle dell’aria sovrastante. Questo “effetto forno” dipende soprattutto dal contenuto d’acqua: un terreno secco trattiene più calore, amplificando le ondate di calore e i loro effetti sulle colture e sull’ambiente. Anche la riduzione della durata della copertura nevosa, infine, può modificare le condizioni di umidità e di temperatura del suolo.

 

Il suolo perde i suoi abitanti
Il cambiamento climatico non risparmia neanche la vita sotto terra. I cicli di carbonio, azoto e fosforo sono alterati, con effetti a catena su fertilità, vegetazione e pedofauna (gli organismi che vivono nel terreno). Se questi spariscono, il suolo perde struttura, capacità di drenaggio, umidità e resistenza ai fenomeni estremi. In altre parole, diventa sterile.