Attività
giovedì 27 Aprile, 2023
Quando le parole aiutano a fotografare quello che vediamo
di Francesca Fattinger
«Non avere paura di aspettare, perché è solo nell’attesa, in quel tempo dilatato e sospeso in cui c’è finalmente spazio per la noia, che avrai il tempo di cogliere tutte le meraviglie che la vita ti offre»

Bambine e bambini, secondo voi la fotografia e la poesia sono amiche? Secondo me sì! Entrambe fanno una cosa bellissima e difficilissima: sanno tagliare. Ma come tagliare? Ormai lo sapete che mi piace farvi fare i salti mortali con il pensiero e portarvi in posti un po’ inesplorati. Allora mi spiego meglio. Sia la fotografia che la poesia per funzionare davvero devono fare delle scelte: scegliere cosa mettere nell’inquadratura se si tratta di fotografia e scegliere quali parole usare se si tratta di poesia. E non è un’operazione per niente semplice! Rendiamo la situazione ancora più complessa per capirla meglio. Immaginatevi con il cellulare o la macchina fotografica in mano e con una, una e una sola, fotografia da poter scattare. Per scattarla quella foto dovrete cominciare a guardare molto bene, a muovervi, magari anche saltellare, sdraiarvi, mettervi a pancia in su e in giù. Per capire davvero quale sia l’inquadratura perfetta dovrete immaginarne tante e tante ancora e poi provarle tutte. Dopo tutto questo muovervi e guardare, solo allora sarà l’ora di scattare la vostra unica fotografia. La poesia dovrebbe funzionare allo stesso modo, innanzitutto dovrebbe farvi muovere, guardare in su e in giù: in su per guardare le cose grandi che avete sopra il vostro naso e spesso non avete il tempo di guardare per intero e in giù per vedere le cose piccole piccole, quelle che si vedono solo se ci si accovaccia e ci si mette al loro livello, se ci si fa silenziosi e attenti. E poi la fotografia, che letteralmente significa «scrivere con la luce», è fatta di due ingredienti fondamentali: luce e tempo. Sembra impossibile che un mondo così misterioso e meraviglioso come la fotografia si possa ridurre a solo due elementi, ma è così! Questi due ingredienti sono fondamentali anche per scrivere poesia. Ci vuole luce per illuminare i sentieri della scrittura e non avere paura di scendere a vedere anche le parti più buie, un po’ strane e un po’ sconosciute, di noi. E ci vuole tempo. Con la poesia ci vuole tempo. Ci sono poesie dai tempi brevi, quasi delle folgorazioni, come degli scatti veloci che se non li catturi svaniscono subito, e poi ci sono le poesie che richiedono tempi di esposizione molto molto lunghi. Come quelle fotografie che riescono a rappresentare il movimento e il cambiamento. Sono le poesie che amo di più. Ogni volta che sfoglio «Se vuoi vedere una balena» di Julie Fogliano e Erin E. Stead, un albo illustrato bellissimo che parla di attesa, mi sembra di leggere tra le righe proprio il senso della poesia: non avere paura di aspettare, perché è solo nell’attesa, in quel tempo dilatato e sospeso in cui c’è finalmente spazio per la noia, che avrai il tempo di cogliere tutte le meraviglie che la vita ti offre.
E adesso tocca a te, scegli una finestra, che diventerà un po’ come l’inquadratura di una macchina fotografica gigante, e trova una posizione comoda. Prendi con te un cronometro o chiedi a qualcuno di chiamarti dopo che saranno passati 5 minuti. In questo tempo che ti sembrerà lunghissimo osserva tutto quello che accade, fai attenzione alle cose grandi e a quelle piccole. Appena finirà il tempo scrivi tutto quello che hai visto su un foglio, fai anche questo senza fermarti per altri 5 minuti. Prendi un paio di forbici e ritaglia le tue parole. Ora mettile in una busta e consegnale o spediscile per posta a qualcuno che conosci con la richiesta di scegliere alcune delle tue parole e di crearne una poesia. Hai scattato una fotografia con le tue parole e facendo così l’hai consegnata all’interpretazione di un’altra persona. Chissà cosa ci vedrà. La meraviglia spesso si nasconde negli occhi degli altri!
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