l'inchiesta

venerdì 9 Febbraio, 2024

Agricoltori trentini in ginocchio: «Triplicati i costi di produzione. Margini azzerati»

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I contadini perdono soldi. A pesare, il prezzo del carburante: dal 2019 aumentato del 25%. Il latte al supermercato costa 1,8 euro al litro, ma agli allevatori viene pagato 50 centesimi

«Gennaio secco, contadino ricco», recita l’antico detto. Il primo mese del 2024 è stato caratterizzato da precipitazioni sopra la media. Ma non è questo che ha portato alla mobilitazione più di mille imprese agricole trentine. La discesa in piazza degli agricoltori, il malcontento gridato dai trattori, viene da un altro tipo di aridità: quella finanziaria. I margini si sono ridotti all’osso, stretti tra l’aumento dei costi delle materie prime, anche decuplicati, e le remunerazioni rimaste intatte, o addirittura in calo per certi prodotti agricoli. Per fare un esempio, il prezzo delle patate di montagna – secondo la banca dati Ismea sui prezzi all’origine – è sceso da 80 centesimi nel 2019 a 75 centesimi nel 2023. Nel frattempo, però, il prezzo del gasolio agricolo al consumo – comprensivo di accisa e Iva – è cresciuto del 25%. A trascinarlo, un costo della materia prima aumentato del 40%. «Le nostre entrate sono rimaste stabili o sono scese di poco negli ultimi 5 anni, ma i costi di produzione sono triplicati», sintetizza Paolo Calovi (Cia del Trentino). Senza contare che poi i prodotti arrivano sugli scaffali della grande distribuzione a prezzi anche tre volte più alti rispetto al liquidato. «Prendiamo il caso del latte alimentare – evidenzia Diego Coller (Confagricoltura) – Al supermercato costa 1,8 euro al litro, ma agli allevatori viene pagato 50 centesimi».
La guerra in Ucraina e la crisi energetica che ne è scaturita hanno portato a un’impennata dei costi. La situazione non è migliorata più di tanto. Un caso emblematico è il costo del gasolio agricolo. Dal 2019 al 2024 la crescita del prezzo al consumo è stata del 25%. Ne 2019, di questi tempi, il carburante costava in media 0,977 euro al litro. All’ultimo aggiornamento del listino provinciale della Camera di commercio di Trento, datato 5 febbraio, il prezzo al consumo risulta di 1,293 euro. La fiammata si è registrata nel 2022 (si è passati da 0,94 euro al litro del 2021 a 1,171 euro al litro). A febbraio 2023, il consumatore finale pagava il gasolio agricolo 1,343 euro. Nonostante la piccola contrazione (-3,7%), oggi il contadino a cui serve carburante per lavorare paga un 25% in più al litro rispetto al pre-Covid.
Margini azzerati
È uno degli elementi che incidono sui costi di produzione e contribuiscono a mettere in difficoltà i bilanci delle imprese agricole e zootecniche. Gasolio, trasporti, mangimi, concimi, fitofarmaci: l’aumento è stato trasversale. Ma i prezzi di vendita del loro prodotto non sono cresciuti. Anzi, in alcuni casi sono calati. «Non possiamo aumentare di troppo i prezzi, altrimenti le ricadute pesano sui consumatori e si riflettono in un calo dei consumi», spiega Diego Coller, presidente di Confagricoltura del Trentino. Questo significa una sola cosa: margini che calano, e in alcuni caso si azzerano. A testimoniare le difficoltà vissute dal comparto, Cia registra un aumento delle aziende piccole. Per intenderci, quelle esonerate dalla contabilità, con entrate al di sotto dei 7.500 euro all’anno. Questo, a parità di imprese iscritte, dice che è calata la remunerazione.
La crisi del latte
Le difficoltà maggiori si riscontrano nei prodotti lattiero caseario. «Il latte al supermercato costa 1,80 al litro. La somma che finisce nelle tasche dell’allevatore è scesa a 50 centesimi e arriva a 70 per prodotti più elaborati. Rispetto ai costi di produzione aumentati all’inverosimile, i margini sono a zero. Se i margini si assottigliano o i costi di produzione superano i ricavi, l’azienda chiude», spiega Coller. Significa che nelle tasche degli allevatori arriva un terzo del prezzo sugli scaffali. Scendono anche i prezzi di alcuni prodotti elaborati. Il listino dei prezzi all’ingrosso dei prodotti lattiero caseari trentini, ad esempio, dice che tra il novembre 2022 e il novembre 2023, è sceso il prezzo del burro trentino, da 7,25 a 6 euro al chilo.
Mele, piccoli frutti e vini
Per le mele i prezzi vanno dai 25 centesimi al chilo in pianura ai 50 in val di Non. In sostanza, si va dai 20 centesimi di Sft ai 35 de La Trentina ai 49 di Melinda. Le dinamiche dei prezzi nel settore frutticolo, che in Trentino è rappresentato soprattutto dal mondo melicolo e dai piccoli frutti, sono sostenute dai consorzi. «La cooperazione dà uno slancio all’agricoltura. Però le nostre imprese continuano a risentire degli aumenti dei costi». Questi «sono decuplicati negli anni», dice Paolo Calovi (Cia del Trentino). «Considerando le spese vive, quindi la manodopera e le scorte agrarie, si superano già i 20 centesimi – continua – Se aggiungiamo gli ammortamenti, i mutui e tutte le altre spese, il bilancio diventa quasi insostenibile». La strettoia dei flussi commerciali nel canale di Suez è l’ultimo problema di mercato emerso. Ma per effetto della guerra russo-ucraina, «le mele polacche, prima vendute sul mercato russo, sono state veicolate sul mercato tedesco, sottraendo spazio a quelle trentine». Restano abbastanza stabili i prezzi dei piccoli frutti. Per la fragola il prezzo medio pagato ai contadini si aggira tra i 3,5 e i 4 euro al chilo, il mirtillo si aggira tra i 5 e i 6 euro e il lampone tra i 6 e i 7 euro. Stabile anche il listino dei prezzi all’ingrosso dei vini rilevati sul mercato di Trento.
I mangimi delle trote
Discorso diverso per l’itticoltura. «Un itticoltore dal consorzio prende tra i 3,80 e i 4 euro al chilo. Vengono lavorate, poi impacchettate e sugli scaffali vengono vendute tra i 18 e i 20 euro – continua Coller – Il problema è che di quei 4 euro che prende un produttore, 2 servono per mantenere l’animale». Tradotto: il costo dei mangimi mangia più della metà dei ricavi. «Va ripensata la catena del prodotto. La politica del prezzo deve partire dall’agricoltore», conclude.