Politica
martedì 30 Dicembre, 2025
Trentino, niente terzo mandato: ecco le motivazioni della Consulta. Il costituzionalista Ceccanti: «Ha prevalso la logica dell’equilibrio e della governabilità»
di Donatello Baldo e Davide Orsato
Per l'ordinario di diritto pubblico alla Sapienza: «C'è anche un tema di uguaglianza rispetto all'elettorato passivo»
I giudici della Corte Costituzionale hanno depositato le motivazioni della sentenza con la quale hanno bocciato la legge trentina che permetteva il terzo mandato del presidente della Provincia.
Un divieto che, dice la Consulta, «deve essere considerato non solo un principio fondamentale che si impone alle Regioni ordinarie, ma anche un principio generale dell’ordinamento che vincola quelle autonomie speciali la cui forma di governo si caratterizza, al pari delle prime, per l’elezione a suffragio universale e diretto del Presidente e per i suoi conseguenti ampi poteri».
Ecco il commento del costituzionalista Stefano Ceccanti, ordinario di diritto pubblico all’università La Sapienza di Roma.
«Gli argomenti principali sono due: il primo è che tale divieto costituisce un principio generale dell’ordinamento sin dai Comuni (1993) per poi essere esteso alle Regioni (2004), come necessario temperamento in senso temporale della forma di governo ad elezione diretta del vertice dell’esecutivo.
Il secondo argomento è quello dell’uguaglianza rispetto al diritto di elettorato passivo, diritto politico fondamentale.
“Una volta fissato, quel punto di equilibrio si impone, a valle, anche alle autonomie speciali sia come principio generale dell’ordinamento che per il necessario rispetto del principio di eguaglianza nell’accesso alle cariche elettive.”
La decisione, che si basa su una giurisprudenza costituzionale consolidata anche per i sindaci delle regioni speciali, è importante perché se si fossero tollerate forzature di rottura dell’equilibrio senza quel limite temporale, prima o poi, per reazione, avrebbero potuto determinarsi reazioni in senso opposto, di tipo assemblearistico, rispetto a una forma di governo che ha dato buona prova di sé, tenendo conto della debolezza del sistema dei partiti che non può far funzionare bene assetti parlamentari più tradizionali. Basti vedere l’instabilità che caratterizza la Regione Valle D’Aosta, che ha mantenuto il modello tradizionale o anche il biennio 1995-1997 per le Regioni ordinarie con la sola riforma elettorale».
Qui il testo delle motivazioni della Consulta:
Con la sentenza numero 211 depositata in data odierna, è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’articolo 1, commi 1 e 2, del testo di legge della Provincia autonoma di Trento, recante «Modificazioni dell’articolo 14 della legge elettorale provinciale 2003», approvato ai sensi dell’articolo 47, secondo comma, dello statuto speciale. Il menzionato testo di legge “statutaria” ha innalzato rispettivamente, da due a tre i mandati consecutivi che possono essere svolti dal Presidente della Provincia eletto a suffragio universale e diretto e da quarantotto a settantadue i mesi, anche non continuativi, di effettivo esercizio delle funzioni presidenziali necessario perché operi tale limitazione ai mandati. Il legislatore provinciale si è così posto in contrasto con il principio del divieto del terzo mandato consecutivo che, pur non essendo costituzionalmente imposto, è stato considerato dal legislatore statale (e, in particolare, dall’articolo 2, comma 1, lettera f, della legge numero 165 del 2004), da un lato, un temperamento di sistema rispetto all’elezione diretta del vertice monocratico, cui fa da «“ponderato contraltare”»; e, dall’altro, «un bilanciamento tra contrapposti principi», ossia un «delicato punto di equilibrio» tra il diritto di elettorato passivo e il diritto di elettorato attivo, nonché gli interessi riconducibili alla genuinità della competizione elettorale e alla generale democraticità delle istituzioni. Per tali ragioni il divieto del terzo mandato consecutivo deve essere considerato non solo un principio fondamentale che si impone alle Regioni ordinarie, ma anche un principio generale dell’ordinamento che vincola quelle autonomie speciali la cui forma di governo si caratterizza, al pari delle prime, per l’elezione a suffragio universale e diretto del Presidente e per i suoi conseguenti ampi poteri. La Corte ha poi precisato che il divieto in questione si impone alle ricordate autonomie speciali anche a tutela del principio costituzionale di eguaglianza nell’accesso alle cariche elettive, che parimenti assurge a limite della loro competenza legislativa primaria in materia elettorale.
Non sono mancate le reazioni. Duro Alessandro Urzì, coordinatore regionale di Fratelli d’Italia, che attacca il presidente della Provincia Fugatti e parla di «autonomia umiliata»
Non c’era nemmeno bisogno delle motivazioni arrivate oggi per comprendere la ratio attraverso la quale la corte costituzionale ha cassato recentemente la legge provinciale trentina che prevedeva una deroga al limite dei mandati per il presidente della provincia autonoma.
Il principio, ma era chiaro da sempre e Fratelli D’Italia lo aveva rilevato con chiarezza, è da un lato quello dell’uniformità del diritto elettorale passivo su tutto l’intero territorio nazionale. Non possono esserci diritti differenziati per i cittadini che vogliono candidarsi a seconda della regione in cui lo facciano.
Un principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, per cui non c’è nessuno più uguale degli altri tanto da poter evocare una deroga ad personam.
La corte costituzionale ribadisce peraltro ciò che pure era evidente a chiunque avesse un atteggiamento laico rispetto al tema ossia che è principio giuridico dell’ordinamento della Repubblica quello del limite dei mandati come temperamento rispetto all’elezione diretta e quindi alla concentrazione di poteri.
La approvazione di una norma, chiaramente incostituzionale nelle sue ragioni e nel suo dettato da parte del Consiglio della provincia autonoma di Trento ha esposto l’autonomia una assolutamente prevedibile umiliazione. Che, attenzione, non è la mortificazione dell’autonomia. Perché anche l’autonomia si colloca in un quadro di sistema nazionale in cui i diritti costituzionali dei cittadini non possono essere differenziati. Ma la umiliazione dell’immagine dell’autonomia che è sembrata essere utilizzata non come una opportunità, ma come uno schermo per tentare di eludere principi di ordine costituzionale assoluto con finalità di ordine personale.
Potevamo evitarcelo, come Trentino. Potevamo evitarci di essere additati come un esempio in negativo, di furbizia legislativa per gabbare le altre regioni. Tutto questo non fa bene all’immagine di un Trentino operoso e trasparente. Bene, ha fatto il governo quindi a porre la questione di costituzionalità perché il governo deve agire sulla base del diritto e non delle preferenze politiche.
Quindi, a maggior ragione oggi, risulta totalmente incomprensibile e anzi ingiustificabile la ritorsione attuata dal presidente Fugatti, dopo il ricorso del nostro comune governo, ai danni di Fratelli D’Italia con il ritiro delle deleghe alla vicepresidenza che appartenevano ad un accordo assunto prima delle elezioni e quindi ad oggi non mantenuto.
Quella ritorsione non aveva alcun fondamento, ha creato un precedente che ancora grava evidentemente sulla autorevolezza del presidente della provincia quasi sia stata una reazione di istinto personale di fronte ad un quadro che ora peraltro il pronunciamento della corte costituzionale dimostra essere invece di valore esclusivamente giuridico, tema che il governo guidato da Giorgia Meloni ha avuto il merito di sollevare su un piano di diritto per l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e che mai da parte di chi ha ricorso ha avuto motivazioni di carattere personale.