L'analisi
domenica 28 Dicembre, 2025
I sindacati Cgil, Cisl e Uil dettano l’agenda 2026 del Trentino: «Crescita, salari, welfare e stati generali della scuola»
di Tommaso Di Giannantonio
I segretari lanciano l'allarme: «Aumenta l’occupazione povera»
Il 2026 sarà l’anno della messa a terra del Patto per la crescita e per i salari sottoscritto lo scorso luglio da Provincia, associazioni economiche e organizzazioni sindacali. O perlomeno questo è l’auspicio di Cgil, Cisl e Uil: «Sarà un anno di contrattazione, non solo sull’aumento dei salari, ma anche su una nuova organizzazione del lavoro: dalla settimana corta allo smart working». Ma i tre segretari generali Andrea Grosselli (Cgil), Walter Largher (Uil) e Michele Bezzi (Cisl) inseriscono anche la riforma della scuola e i temi del welfare nell’agenda per il 2026.
«Crescita, dati allarmanti»
«Il primo tema all’ordine del giorno deve essere la crescita economica», dice Grosselli, che cita i dati «allarmanti» dell’Istat. «Dal 2023 ad oggi il Pil è cresciuto poco e per il 2026 la prospettiva non è rosea: parliamo dello zero virgola. Questo — considera il segretario della Cgil — è molto pericoloso per il Trentino perché si rischia di avere un rallentamento sui livelli e sulla qualità dell’occupazione. Già oggi, a fronte di un’esplosione del mercato del lavoro, cresce perlopiù l’occupazione povera. Il mercato del lavoro vira su profili medio-bassi come camerieri, addetti alle pulizie e commessi. E invece servirebbe creare posti di lavoro più qualificati per trascinare i salari». Il Trentino, dunque, si troverebbe «in una spirale di bassa crescita, bassa produttività e piena occupazione, ma con elevati livelli di precarietà e contratti intermittenti».
Come fare per invertire la rotta e uscire da questa spirale? «Anzitutto smettendo di pensare che la crescita si faccia con il turismo e i lavori pubblici: l’Istat ha sconfessato questa visione — sostiene Grosselli — Bisogna abbandonare la logica degli incentivi a pioggia e renderli davvero selettivi per sostenere gli investimenti in innovazione tecnologica, organizzativa, crescita dimensionale e internazionalizzazione delle imprese. Tutto questo deve essere al centro del Piano per le politiche industriali e, aggiungo, per il terziario avanzato».
«Nuovi contratti»
Oltre al Piano industriale, il prossimo anno dovrebbe vedere anche la concretizzazione del Piano per i salari, che, fra le altre cose, ha vincolato i contributi provinciali alla sottoscrizione dei contratti siglati con le organizzazioni sindacali più rappresentative. «Ora dobbiamo aumentare la contrattazione aziendale o territoriale per aumentare i salari. A gennaio presenteremo le piattaforme, per poi aprire una primavera di contrattazione — spiega Largher — Organizziamo tanti incontri e convegni in cui parliamo e condividiamo gli esiti degli studi dell’Agenzia del lavoro e dell’Ocse, ma ora è arrivato il momento di mettere a terra questi risultati, altrimenti rimaniamo nell’ipocrisia». La nuova stagione contrattuale non dovrà solo rispondere alla questione salariale, ma dovrà interpretare anche i cambiamenti in atto già da qualche anno nel mondo del lavoro. «Le nuove generazioni pensano sicuramente ad avere un salario giusto, ma pensano anche che la vita non sia funzionale solo al lavoro e quindi chiedono di avere tempo per le amicizie, per la famiglia e per le proprie passioni — rimarca il segretario della Uil — Dobbiamo aprire una contrattazione di frontiera che affronti temi come la settimana corta, lo smart working e la formazione continua. Visto che viviamo in una provincia particolarmente ricca di risorse, dobbiamo puntare a essere all’avanguardia».
«Creare reti di imprese»
Salari più elevati e maggiore conciliazione vita-lavoro, dunque, saranno i due punti fondamentali delle piattaforme dei sindacati. Ne è convinto anche Bezzi, che aggiunge un ulteriore tassello: «Abbiamo dati estremamente positivi sulla disoccupazione, ma manca la qualità — dice ricollegandosi a quanto detto da Grosselli — dobbiamo combattere il precariato dei contratti più estremi ed eliminare i part-time involontari». Allo stesso tempo «la priorità numero uno è il rilancio del settore industriale — aggiunge il segretario della Cisl — Dobbiamo accompagnare le nostre industrie a stare sul mercato e a fare maggiore rete per beneficiare dei risultati del nostro eccellente sistema di ricerca. Il marchio Trentino non deve valere solo sul turismo, ma sull’intero sistema economico».
Scuola e welfare
L’agenda dei sindacati ospita temi anche non strettamente legati al mondo del lavoro. A partire dalle politiche di welfare: «Basta bonus, basta misure spot e basta soldi a poche persone — attacca Grosselli — Il bonus terzo figlio, ad esempio, è una fesseria. A regime la Provincia arriverà a spendere 36 milioni di euro all’anno solo per 4mila famiglie, mentre per il resto delle 33mila famiglie incluse oggi nell’assegno unico si spendono 42 milioni. Se facciamo politiche a naso tradiamo l’Autonomia. Bisogna potenziare davvero il sistema del welfare, a partire dall’indicizzazione dell’Icef».
Nel 2026, inoltre, saranno passati 20 anni dalla legge provinciale sulla scuola promossa dall’allora assessore Tiziano Salvaterra. «È ora di avviare una sorta di Stati generali della scuola per riprendere in mano e ripensare il sistema scolastico, guardando alle migliori pratiche fuori dai confini nazionali — conclude Grosselli — Gli ultimi dati sulle migliori scuole d’Italia non vedono il Trentino primeggiare e anche da noi si registra un’erosione delle competenze di base. Ok andare in Finlandia (in riferimento al viaggio dell’assessora Gerosa, ndr), ma ora bisogna iniziare a fare sul serio, in maniera collettiva, coinvolgendo i veri attori della scuola».