In tribunale
martedì 16 Dicembre, 2025
Delitto Setti, ecco perché è saltata la tesi dell’infermità mentale di Nweke: «Violenza efferata e recidiva»
di Denise Rocca
Cosa hanno deto gli psichiatri ai giudici e come si è giunti alla sentenza
Si è tornati in aula ieri mattina in Corte d’Assise d’Appello a Trento per il processo a Nweke Chukwuka, l’uomo di origini nigeriane condannato in primo grado all’ergastolo per l’uccisione di Iris Setti nell’agosto del 2023, al parco Nikolajewka di Rovereto. La Corte d’assise d’appello di Trento ha confermato la sentenza di primo grado condannando l’imputato per i reati di omicidio volontario aggravato da rapina e violenza sessuale e per la rapina e lesioni nei confronti di un uomo senza fissa dimora ospite in quel momento di un dormitorio roveretano avvenuto poco prima del delitto. L’unica modifica rispetto alla sentenza precedente è stata l’eliminazione di un’aggravante relativa al reato di violenza sessuale che non ha però effetti sulla pena inflitta all’uomo. La decisione dei giudici di Corte d’Appello è arrivata dopo una mattinata a risentire tutti i consulenti delle parti, compresa la nuova psichiatra presentata dalla difesa e il perito del tribunale, oltre alla discussione. La Camera di Consiglio che ha portato alla sentenza è durata poco più di un’ora.
Il nodo dell’infermità mentale
A far propendere, nella scorsa udienza chiusa al pubblico, la Corte d’Assise d’Appello di Trento per un’ulteriore istruttoria era stata una nuova perizia psichiatrica presentata dalla difesa dell’uomo che si trova in carcere dal giorno del delitto, La quale metteva in dubbio la completa capacità di intendere e di volere di Nweke al momento dei fatti. La psichiatra Mariapia Arduin nel documento sosteneva la tesi che ci fosse stato per l’omicida un «disturbo mentale transitorio, nella misura in cui il soggetto non è più in grado di controllare le sue pulsioni, che va inquadrato all’interno della categoria diagnostica del disturbo di personalità antisociale» e concludeva ritenendo che Nweke Chukwuka, nel momento in cui ha ucciso Iris Setti, si trovasse «per infermità in uno stato di mente tale da scemare gradatamente, senza escluderla, la capacità di intendere e di volere». Ieri mattina la possibilità per i giudici di ascoltare direttamente la psichiatra Arduin che ha sostenuto una «sovravalutazione da parte degli altri consulenti del problema legato all’abuso di alcol e di sostanze da parte dell’imputato» e che ci sia stato un «progressivo declino – ha spiegato in aula – delle capacità cognitive dell’imputato e nel caso specifico il vizio parziale id mente stia sia nella sua evoluzione pre-crimine (indicando un peggioramento delle condizioni dopo la separazione della moglie e dai figli, al perdita del lavoro e della casa), sia nella modalità del crimine commesso che nell’involuzione post-crimine». L’elemento della perdita di controllo dopo la volontà intenzionale, quella sì, di consumare un rapporto sessuale, è il discrimine individuato da Arduin che determina per la sua analisi il disturbo mentale.
I consulenti
Una tesi, quella della difesa, che i consulenti del tribunale, delle parti civili e della Procura hanno fermamente escluso, come già nel processo di primo grado, riproponendo analisi che concordano tutte nell’escludere il disturbo antisociale. In particolare Fabio Bonadiman, perito del tribunale, quindi super partes per definizione, ha spiegato: «È stata fatta un’analisi longitudinale che ha tenuto conto delle difficoltà linguistiche, della storia di Nweke, il suo percorso e condizione di vita in particolare dalla separazione dalla famiglia del 2022. Non è possibile parlare di disturbo transitorio perché un disturbo di personalità si basa su uno storico, è strutturato nella persona, non saltuario, e in questo caso non ci sono riscontri nella vita di Nweke. Al limite si può parlare di tratti antisociali, che comunque non avrebbero incidenza sulla capacità di intendere e di volere». Categorici anche gli psichiatri Ermanno Arreghini (Procura) ed Eraldo Mancioppi (parti civili) che hanno posto l’accento il primo sui precedenti episodi di aggressività di Nweke legati però all’uso di sostanze o alcol e il secondo si è soffermato sull’aspetto dell’efferatezza: «Si tende a credere che l’efferatezza sia sintomo di follia, ma non è così. Mi permetterei di dire piuttosto il contrario. La difesa ha fatto una fotografia dell’attualità di Nweke, ma l’analisi di un disturbo di personalità va fatta sulla sua storia e non abbiamo qui elementi sufficienti a farci parlare di disturbo.
Le attenuanti generiche
In sede di discussione è arrivata l’inattesa richiesta alla Corte della pm Maria Teresa Rubini, che ha invece argomentato contro la riforma della sentenza per infermità e anche contro la richiesta della difesa di derubricare da omicidio volontario a preterintenzionale, di concedere le attenuanti generiche all’imputato in ragione della sua storia personale. Una richiesta significativa perché in sostanza metteva in discussione la sentenza di ergastolo aprendo le porte ad una riduzione importante della pena. «L’imputato – ha spiegato la pm – si era comportato normalmente fino al 2022. Non possono essere sottovalutate le difficoltà di una famiglia numerosa dell’integrarsi e quelle nate dall’uso di sostanze stupefacenti. Va portata nella valutazione anche la condotta di vita dell’imputato con il riconoscimento delle attenuanti generiche». Una richiesta alla quale le partici civili si sono opposte, ma che alla luce dei lavori in aula di ieri era la più controversa da decidere e quella che più preoccupava la famiglia sulla potenziale modifica del verdetto.