la storia
domenica 19 Ottobre, 2025
Dal vampiro di Dampyr alle copertine per i Gran premi di Formula1, il fumettista Delladio: «Disegno horror e Ferrari»
di Johnny Gretter
Il perginese, classe 1980, lavora per il colosso Bonelli Editore (la principale casa fumettistica italiana): «Ora vorrei realizzare un fumetto ideato da me»

Un sogno nato nella propria cameretta e sui banchi di scuola lo ha portato lontano: Simone Delladio, perginese classe 1980, ha coltivato la sua passione per il disegno e il fumetto fin dall’infanzia. Da lì non si è più fermato, tanto da trasformare quella che era una passione in un lavoro a tempo pieno. Dalle illustrazioni per i giochi di ruolo, ai fumetti di Dampyr per Bonelli Editore (la principale casa fumettistica italiana), fino alle commissioni per i poster delle gare della Ferrari, Delladio racconta com’è la vita di un fumettista e illustratore a tempo pieno.
Delladio, com’è nata la sua passione per il fumetto?
«In realtà è una passione che è nata fin da subito. Ho frequentato le elementari Don Milani a Pergine e poi le medie Andreatta e anche allora disegnavo continuamente. Tanto che le maestre hanno consigliato a mia madre di mandarmi a una scuola d’arte. Così sono andato al Depero di Rovereto: il liceo artistico di Trento era più indirizzato verso la lavorazione dei metalli. Ma per seguire la passione del disegno ero disposto anche a fare due ore viaggio».
E dopo il liceo artistico?
«Quando avevo circa 19 anni sono riuscito a entrare nella scuola di fumetto a Milano, dove ho studiato per nove anni fumetto, illustrazione e sceneggiatura. Per un momento ho rischiato di prendere una strada diversa: un signore che si occupava di murales mi aveva proposto di andare in Val di Fassa con lui. Realizzava opere su case e alberghi e mi avrebbe lasciato la bottega. Alla fine però ho scelto Milano, e mi è andata bene».
Quali sono stati i primi fumetti a cui ha lavorato?
«Già durante la scuola ho iniziato a lavorare a qualcosa di piccolo. Ad esempio, c’era un magazine religioso, che raccontava le avventure di un gruppo di ragazzini seguiti da un sacerdote. Poi sono arrivate le vite dei Santi a fumetti, quattro pagine che uscivano ogni mese. Da lì ho iniziato a girare e a farmi conoscere, lavorando per case editrici minori. Purtroppo se non lavori per grossi editori si tratta di una gavetta durissima. Piano piano, però, sono riuscito a entrare nei giri più grossi, e a fare diventare tutto questo un vero lavoro».
Lei verso il 2018 è poi diventato uno degli artisti della Bonelli Editore, occupandosi del fumetto di Dampyr, che racconta la storia del mezzo-vampiro Harlan.
«Ormai sono circa sette anni che lavoro per Bonelli. Quando entri in contatto con una casa editrice come questa ti fanno fare prima dei lavori di prova, e dopo i capiredattori valutano quello che disegni: così, quando hanno visto alcune mie tavole, mi hanno chiamato per realizzare un albo di Dampyr. In media per realizzare un fumetto di Bonelli ci vogliono circa dieci mesi, e ogni mese si riesce a fare circa una decina di tavole. Si tratta di un lavoro certosino».
Oltre al lavoro per Bonelli di cosa si occupa?
«Adesso, da alcuni anni, sono stabile in Emilia Romagn, e seguo diversi clienti. Ad esempio, lavoro per la scuderia Ferrari, realizzando le copertine dei gran premi di formula uno. A volte, quando ho tempo, realizzo illustrazioni per amici che hanno dei giochi di ruolo e giochi da tavolo. Da ultimo ho cominciato a lavorare per uno studio di animazione, un progetto che uscirà nei prossimi mesi».
Lei lavora molto per clienti ed editori. Ha mai pubblicato anche sceneggiature originali realizzate da lei?
«Lavori autoriali in realtà ne ho fatti pochi, nelle prime fasi della mia carriera. Dopo il 2007 ho lavorato soprattutto per degli sceneggiatori. In realtà mi piacerebbe lavorare a dei fumetti che siano miei: ho in cantiere alcuni volumi in cui voglio trasporre alcune opere di alta letteratura in versione illustrata».
Rispetto a quando era ancora uno studente, com’è cambiata la percezione dei fumetti e della cultura «nerd»?
«Per fortuna la percezione è cambiata molto. All’epoca leggere fumetti o ad esempio giocare a giochi di ruolo era vista come una cosa poco seria. Eravamo ragazzi che si riunivano a giocare in garage mentre gli altri andavano in discoteca. Adesso se non conosci “Dungeons and Dragons” sei fuori dal mondo. Oggi, invece, lavorare nel mondo dei fumetti o dei videogiochi è visto come qualcosa di serio, un lavoro vero».
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