Fabbriche

domenica 19 Ottobre, 2025

Fallimento Marangoni, l’angoscia degli operai: «Credevamo nel salvataggio, ora siamo nel limbo»

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Gli operai rimasti: «Chiude una fabbrica così senza nemmeno uno sciopero»

Luca Cobbe, di professione manutentore, 53 anni, è uno degli ultimi operai oggi in Marangoni Meccanica. In azienda ci è entrato vent’anni fa e come il resto della quarantina di operai rimasti, dopo gli ultimi 25 esuberi e il taglio dell’anno prima, è uno dei più vecchi in azienda. «A rimanere siamo stati noi vecchi – spiega – tutti fra i cinquanta e i sessant’anni, con un’anzianità qua dentro di venti o trent’anni ciascuno. Spiace davvero, umanamente, per questo: ci abbiamo creduto, nonostante alcune cose noi le avremmo fatte diversamente, ma sembrava sempre che qualcosa succedesse, che si potesse andare avanti, e ora ci ritroviamo senza stipendio, senza poter chiedere la Naspi, senza cassa integrazione, senza nemmeno la possibilità di accedere ad altri aiuti che comunque richiedono qualche mese per essere attivati o banalmente di spostare la rata di un mutuo, perché non abbiamo una lettera di licenziamento in mano. Si è chiusa una fabbrica come Marangoni senza un solo giorno di sciopero, ci pensa? Ci abbiamo creduto o ci hanno illuso bene, poco importa». Dietro ai numeri, al rammarico per un’azienda storica e prestigiosa, che aveva portato il nome di Rovereto nel mondo, ci sono gli uomini che l’hanno resa grande, precisa, stimata, ammirata anche, con il loro lavoro quotidiano. E accanto al dispiacere per aver perso tutto questo oggi si trovano anche prostrati dall’amarezza di averci creduto, di non aver potuto accedere alle uscite di qualche mese fa incentivate con 10 o 15 mila euro di indennizzo, e di trovarsi invece vivere invece la preoccupazione di contare quanti mesi ci vorranno prima di riuscire ad avere delle entrate, fosse anche la semplice disoccupazione. Poi si penserà anche al nuovo impiego da trovare, ma oggi sono le spese quotidiane che preoccupano questi lavoratori, i conti di figli, mutui, affitti, impegni già presi che calcolano da quando la fabbrica si è fermata e con essa anche l’arrivo dello stipendio. «Siamo in un limbo – spiega Cobbe – non licenziati, quindi non possiamo attivare o chiedere nulla degli strumenti che ci sono, ma nemmeno con uno stipendio. Siamo rimasti in mezzo: dopo vent’anni di lavoro è una beffa. I più giovani se ne sono andati approfittando della buonuscita, loro potevano». C’è amarezza per questa fine, ma anche dispiacere perché alla Marangoni ci tenevano, sarà quell’orgoglio di fare le cose bene che, pur nello scoramento del momento, fa ancora dire: «Marangoni è un grande nome, abbiamo fatto cose belle, fatte bene». Il punto di vista degli operai è quello di chi vede le cose senza statistiche, business plan, previsioni, analisi, ma conosce ogni bullone, ogni pregio e difetto di un prodotto, di chi i mercati li ha vissuti di persona, incontrando le persone, provando a spiegarsi in lingue diverse, partendo verso mezzo mondo per aggiustare o montare macchinari. Gli ultimi viaggi sono stati in Turchia, verso un cliente nel quale si erano riversate le ultime speranze di risollevare l’azienda, che poi, però, non ha potuto pagare. «Per noi quando è entrata la finanziaria con un forte apporto di liquidità si dovevano fare le cose con più accuratezza – racconta Cobbe, che è anche Rsu di Fim Cisl, il sentire dei lavoratori – perché i fondi sono stati messi. Invece si è fatto la cicala piuttosto della formica, le scelte manageriali hanno fatto partire in quarta passando da 80 a 120 operai, aprendo troppi fronti, e le commesse russe e bielorusse andate su per il camino poi ci hanno stroncato con macchinari fermi nel capannone per tre anni. Sembrava riuscissimo a portare verso la Turchia i nostri prodotti, e invece anche lì non è andata come doveva». Un finale mesto per la storia di Marangoni Meccanica, un presente difficile per questi operai in attesa di poter andare avanti. Il loro destino ora è in mano al curatore nominato dal tribunale, il commercialista Matteo Eccher, e dipende dai tempi e dalle procedure della liquidazione giudiziale.