Il caso
giovedì 9 Ottobre, 2025
Abdelbasset Raihani, evaso dal tribunale di Trento, è ancora in fuga. Il trucco del tutore, la barba tagliata, la violenza commessa. L’avvocato della vittima: «È terrorizzata»
di Davide Orsato
La fuga dal cortile (e non dal bagno) nella giornata di martedì. La violenza denunciata risale all'ottobre 2024: mancava poco alla sentenza

Il bagno non l’ha nemmeno visto. Non gli è servito. Non è stata una fuga da cinema quella di Abdelbasset Raihani, l’uomo accusato di violenza sessuale che è fuggito due giorni fa poco prima di un’udienza davanti al Gip del Tribunale di Trento, ma qualcosa di più semplice, e altrettanto efficace. Il trentenne, originario del Marocco, è ancora ricercato.
La fuga
Erano circa le 16 di martedì quando lui, recluso da mesi al carcere di Spini, è arrivato nel cortile posteriore del Palazzo di giustizia, nel retro dello stabile che ospitava le vecchie carceri. Lì, il detenuto, già apparso molto agitato sul mezzo, ha detto di sentirsi male e si è accasciato a terra. Ha chiesto di andare in bagno prima di entrare in aula ed è stato proprio in quei momenti concitati che ha approfittato di un momento di distrazione della polizia penitenziaria e si è lanciato verso la recinzione che separa il cortile da un parcheggio aperto al pubblico: l’ha scavalcata e ha fatto perdere le tracce per le vie di Trento. Da allora lo stanno ancora cercando.
Il fattore tutore
Le notizie, precise, su quanto è accaduto, si sono apprese nella mattinata di ieri: la fuga dal bagno, la versione fatta circolare dal sindacato Uilpa, era inesatta per un effetto di «telefono senza fili». Ad aver fatto la differenza nell’evasione è stato il fatto che l’uomo portava un tutore a un braccio, a seguito di una lussazione. Le manette, pesanti, di plastica, utilizzate per il trasporto di detenuti, erano state poste sopra il dispositivo medico e questo lo avrebbe agevolato nel tentativo di sfilarsele. Poi, non si sa come, è riuscito a togliersi anche l’anello che gli cingeva il braccio sano: un’operazione che dovrebbe essere tutt’altro che facile. Le manette sono state trovate in strada poco fuori dal tribunale. Nei giorni precedenti alla fuga, l’uomo si sarebbe tagliato la barba: forse un trucco per non farsi riconoscere facilmente.
La violenza
L’episodio che ha portato il trentenne in carcere risale a esattamente un anno fa, nella notte tra il 7 e l’8 ottobre 2024. La vittima è una ventenne originaria di un Paese del Nord Europa, atleta, che era venuta a Trento per partecipare a delle gare. Si erano conosciuti perché utilizzavano, come appoggio, la stessa struttura ricettiva: c’era stata una velocissima frequentazione, poi lei l’aveva respinta. Ma lui l’ha obbligata a un rapporto sessuale: l’ha portata a forza davanti alla porta della stanza dove lei alloggiava e si è fatto aprire con delle minacce. Un episodio gravissimo che si è concluso con una grande prova di coraggio da parte della donna, che ha avuto la lucidità di chiamare la polizia mentre il suo aggressore era ancora nella stanza, davanti a lei.
In attesa di giudizio
A seguito di questo episodio l’uomo è stato portato in carcere a Spini di Gardolo. Sarebbe mancato pochissimo alla sentenza che avrebbe dovuto essere pronunciata dal giudice per le indagini preliminari Enrico Borrelli, con la formula del rito abbreviato nel giro di poche settimane. Martedì era previsto l’esame dell’imputato. Secondo le testimonianze raccolte lui si sarebbe detto preoccupato per delle non meglio chiarite vicende che riguardavano la sua famiglia d’origine, in Marocco. Quel che è certo è che la donna, quando ha saputo della fuga si è preoccupata e ha contattato l’avvocato Giovanni Stefanelli, che l’assiste in questo processo: «Non si sente al sicuro», fa sapere. Ci potrebbero essere delle conseguenze anche per gli agenti della polizia penitenziaria. La Procura potrebbe valutare un’indagine per «colpa in custodia», ipotizzando che non sarebbero state messe in campo tutte le precauzioni per evitare la fuga.