Terra Madre

giovedì 7 Agosto, 2025

Piante alpine in fuga dal caldo: ogni anno si spostano 4 metri più in alto

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L’impatto della crisi climatica sulle specie vegetali e animali: più si sale, più l’habitat si restringe e più si lotta

Sulle cime del Trentino, la presenza di vita animale e vegetale sta salendo, letteralmente. Negli ultimi decenni, l’aumento delle temperature ha spinto piante, insetti, mammiferi e uccelli a cercare climi più freschi salendo di quota. Ma più si sale, più l’habitat si restringe. E, come riporta il Rapporto sullo stato del clima in Trentino, là dove il freddo era sovrano, ora la biodiversità è in subbuglio. Nel Parco naturale Adamello Brenta, il numero di specie vegetali è triplicato dal 1935 al 2021 e la biodiversità apparente nasconde uno squilibrio ecologico: gli habitat si frammentano, le specie si sfidano per lo spazio e le piante aliene vincono sulle autoctone. Nel frattempo, il ritiro dei ghiacciai sta creando spazi nuovi e instabili con zone proglaciali dove muschi, funghi, batteri e coleotteri inaugurano la costruzione di nuovi ecosistemi.

 

Piante in fuga verso il fresco
Un caso emblematico è quello della Lobbia Alta, nel Parco Naturale Adamello Brenta. Qui, tra il 1935 e il 2021, il numero di specie vegetali osservate è triplicato, passando da 17 a 51. Ben sei specie hanno raggiunto il proprio record altitudinale sulle sue pendici. La spinta verso l’alto porta però con sé la riduzione e frammentazione degli habitat, con conseguente impoverimento funzionale degli ecosistemi stessi.
Specie aliene e autoctone
Una vasta analisi condotta dalla Fondazione Museo Civico di Rovereto, basata su oltre 1 milione di campioni raccolti tra il 1990 e il 2019, ha studiato la risposta al riscaldamento globale di circa 1.500 specie vegetali: gli areali delle specie native comuni (tra le quali il trifoglio bianco) si sono spostati sia al margine caldo, di 3 metri l’anno, sia a quello freddo, di 2 metri l’anno; le specie native rare (ad esempio l’adonide estiva), invece, hanno visto ridursi la propria fascia altitudinale, da un lato il margine freddo è rimasto stabile, quello caldo si è alzato rapidamente di 4 metri l’anno; infine le specie aliene (tra cui il sorgo selvatico) hanno visto un margine caldo invariato e uno freddo in veloce ascesa, di 4 metri l’anno.
Dove il ghiaccio si ritira
Il ritiro dei ghiacciai sta liberando nuove aree, le cosiddette zone proglaciali, dove si assiste a una colonizzazione vegetale accelerata. Le prime piante a insediarsi si aggregano per sopravvivere in suoli poverissimi di nutrienti. Nel tempo si formano comunità vegetali sempre più complesse, capaci di stabilizzare il terreno e arricchirlo di sostanza organica. Contrariamente a quanto si è creduto per anni, però, non sono le piante a colonizzare per prime questi spazi. Gli studi più recenti dimostrano che batteri, muschi, funghi, alghe e artropodi (coleotteri, ragni, collemboli) sono i veri pionieri. Questi organismi aprono la strada a micro-mammiferi e uccelli, in una catena trofica che dà il via alla nascita di un nuovo ecosistema.
E la fauna rincorre
La fauna segue lo stesso percorso della flora. Specie di mammiferi, uccelli e artropodi stanno risalendo di quota, vedendo ridursi e frammentarsi i propri habitat. I cambiamenti si notano nel comportamento, nella diversità genetica, nella riproduzione e persino nella morfologia: peso, fertilità e tempi di attività stanno mutando. L’arrivo anticipato degli uccelli migratori, la riproduzione precoce di anfibi, lo sviluppo accelerato di insetti impollinatori sono già realtà. A tutto questo si aggiunge l’aumento di specie aliene invasive, parassiti inclusi, che mettono a rischio la sopravvivenza delle specie autoctone.
Anche stambecchi e caprioli scelgono sempre più l’alta montagna. Sulle pendici della Marmolada, le femmine di stambecco sono state osservate a quote sempre più alte, soprattutto nelle giornate calde sopra i 13-14 gradi. Qui modificano le abitudini di pascolo per sfuggire al caldo, ma l’habitat disponibile si restringe. Anche i caprioli si spingono più in alto approfittando di inverni con poca neve. Alcuni restano addirittura tutto l’anno in quota, saltando la migrazione stagionale.
Predatori e prede
Tra gli uccelli, gli studi del Muse, Museo delle scienze di Trento, indicano come il cambiamento climatico porterà a competizioni fra specie. La civetta capogrosso rischia il ritiro dal suo habitat, dove aumenterà invece la presenza del suo predatore, l’allocco. Il fringuello alpino è tra le specie più vulnerabili, con effetti osservati su sopravvivenza, movimenti e interazioni sociali.
Biodiversità
A partire dagli anni Cinquanta, il Trentino ha visto aumentare la copertura forestale e modificare la struttura dei boschi. I pascoli e prati, fondamentali per la biodiversità, si sono ridotti. L’impatto umano oggi arriva più dal turismo che dall’agricoltura, ma le modifiche alla copertura vegetale incidono comunque sulla connettività ecologica. I prati da fieno ne sono un esempio lampante: le trasformazioni recenti, rilevate anche dalla Rete Natura 2000 e dal Muse, hanno alterato l’avifauna nidificante e messo sotto pressione numerose specie.