La giostra

martedì 15 Luglio, 2025

La magia della meraviglia, come allenare cuore e mente a non perdere lo stupore dei bambini. «Manteniamo uno sguardo curioso»

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La nuova puntata di PsicoT con l'esperta di relazioni Beatrice Monticelli. «Da bambini ogni cosa è una scoperta. Ogni gesto, ogni suono, ogni piccolo dettaglio può farci brillare gli occhi. Ma crescendo questo sguardo si appanna»

Cari ragazzi, care ragazze, avete mai pensato a che differenza c’è tra lo stupore e la meraviglia? A prima vista sembrano la stessa cosa, ma se ci fermiamo a pensarci un attimo scopriamo che raccontano due modi diversi di entrare in contatto con il mondo. Per capirlo meglio ne abbiamo parlato con Beatrice Monticelli, counsellor e guida preziosa nel mondo delle emozioni.
Beatrice, che cos’è lo stupore, e che differenza c’è con la meraviglia? Sono la stessa cosa oppure cambiano il modo in cui guardiamo il mondo?
«lo stupore è un’emozione forte e improvvisa. Arriva tutto in una volta, spesso quando succede qualcosa di totalmente inaspettato. È una scossa, un’esclamazione spontanea, un attimo in cui rimaniamo senza parole perché qualcosa ha rotto le nostre previsioni. È una reazione veloce, che può lasciarci a bocca aperta per pochi secondi, ma l’effetto che lascia può durare a lungo. Pensate a quando ricevete una notizia che proprio non vi aspettavate o quando vi trovate davanti a un evento imprevedibile: quello è stupore. La meraviglia, invece, è più lenta, più silenziosa. È quell’emozione che nasce quando incontriamo qualcosa di profondo, grande, a volte misterioso. È come se il tempo rallentasse e noi ci sentissimo piccoli, ma connessi a qualcosa che va oltre noi. Può essere un tramonto, un brano musicale che ci entra dentro, un’idea che ci fa riflettere a lungo. La meraviglia non ci travolge come lo stupore, ma ci apre. Ci fa sentire parte del mondo. E spesso ci spinge a farci domande, a voler capire, a cercare il senso delle cose. È proprio da qui, dice il filosofo Salvatore Natoli, che nasce la filosofia: dalla meraviglia, cioè dal desiderio di conoscere e di esplorare».
Perché crescendo rischiamo di perdere la capacità di stupirci? Cosa succede dentro di noi quando tutto inizia a sembrarci «già visto»?
«Da bambini ogni cosa è una scoperta. Ogni gesto, ogni suono, ogni piccolo dettaglio può farci brillare gli occhi. Ma crescendo impariamo a conoscere meglio il mondo e costruiamo la nostra “zona di comfort”: tutto ciò che ci è familiare e che sappiamo già fare. Questo ci fa sentire più sicuri, ma anche più distratti. Pian piano iniziamo a dare le cose per scontate, ci abituiamo. Lo sguardo si appanna. Eppure il mondo non ha smesso di sorprenderci: siamo noi che abbiamo smesso di guardarlo davvero. È normale, succede a tutte le persone che crescono. Ma mantenere lo sguardo curioso di un bambino è un modo per tornare a stupirsi, per vivere con più intensità anche quello che ci sembra già noto».
Che tipo di allenamento interiore serve per restare aperti allo stupore? Esistono pratiche o abitudini che ci aiutano a non smettere di meravigliarci?
«Più che allo stupore, suggerisco di allenarci alla meraviglia perché ci fa sentire in connessione con il mondo e meno soli. Per farlo serve uno sguardo capace di vedere come se fosse la prima volta. È quello che chiamo “sguardo del principiante”. C’è un esercizio molto semplice, tratto dalla mindfulness: si prende tra le dita un chicco di uvetta e lo si esplora con tutti e cinque i sensi, lentamente, con attenzione. Lo si tocca, si osserva, si annusa, si ascolta e infine si assapora, come se fosse qualcosa di completamente nuovo. Questo tipo di esperienza ci porta a rallentare, a essere presenti e ad accorgerci di dettagli che normalmente ignoriamo. Essere davvero presenti a ciò che viviamo, anche solo per qualche minuto al giorno, ci aiuta a riscoprire la meraviglia anche nelle cose più piccole. Anche quando tutto ci sembra uguale, anche quando pensiamo che non stia accadendo niente di nuovo, il mondo continua a cambiare. Se impariamo a vederlo, ogni giorno può sorprenderci. Basta allenarsi ad ascoltare, osservare e restare aperti».