Terra Madre
giovedì 26 Giugno, 2025
Il glaciologo Baccolo: «I ghiacciai alpini sono fossili climatici, salvarne il 20% significa salvare il 60% globale»
di Jacopo Mustaffi
Incontro al Muse sull'agonia dei ghiacci. Il giornalista Cotugno: «Abbiamo lo spazio politico per agire, e la partecipazione pubblica è l’unico modo per farlo»

«Avete presente il caldo percepito in questi giorni? I ghiacciai delle Alpi hanno perso più di un metro del loro spessore. Sono diventati fossili climatici, perché non producono più ghiaccio. Vanno definiti come un lascito del passato». Nella cornice espositiva dello spazio Agorà del Muse, il glaciologo Giovanni Baccolo e il giornalista ambientale Ferdinando Cotugno sono stati ospiti ieri di «Voci dai ghiacciai. Segnali di un pianeta che cambia». Incontro moderato da Laura Scillitani e inserito all’interno della rassegna Muse «Dialoghi sul ghiaccio», un ciclo di appuntamenti per conoscere le protagoniste e i protagonisti della ricerca scientifica e del giornalismo ambientale.
Crisi climatica
«La maggior parte dei ghiacciai alpini esiste solo perché non ha fatto in tempo a scomparire — ha spiegato il glaciologo Baccolo — sono fossili climatici, non producono più massa glaciale. Se la temperatura continua a crescere, il glacialismo alpino sarà uno dei primi a subirne le conseguenze. Salvare il 20% dei ghiacciai delle Alpi significherebbe salvarne il 60% nel mondo, ma tutto dipenderà dalla nostra capacità di ridurre l’anidride carbonica immessa in atmosfera». Il giornalista Cotugno, invece, ha sottolineato l’aspetto più sociale e politico del tema: «La crisi climatica sta entrando nei tribunali, sempre più spesso viene letta come una questione di diritti umani violati. È una storia di cause ed effetti, ma sembra sempre che il cambiamento climatico sia un sintomo, non una causa. Qualcosa che cade dall’alto e contro cui non possiamo fare nulla. Ma non è così». E ha aggiunto: «Abbiamo lo spazio politico per agire, e la partecipazione pubblica è l’unico modo per farlo. Il cambiamento climatico non è solo tecnico o ecologico, è un atto politico. Vivremo tutta la nostra vita in un mondo climaticamente alterato e non sappiamo quanto lo sarà».
Impatti globali
Baccolo durante l’incontro ha messo in luce l’impatto del cambiamento climatico sulla vita di tutti i giorni. «L’atmosfera è il contenitore che collega tutto il pianeta. Il ritiro dei ghiacciai, quindi, non riguarda solo le montagne, ma avrà impatti globali: l’innalzamento del livello del mare colpirà le zone costiere, anche molto lontane dalle Alpi. In pochi pensano che proprio il Mose di Venezia è stato progettato in previsione di un futuro con mari più alti».
Un passo indietro
I dati scientifici sono chiari, ma nonostante questo la politica sembra aver fatto un passo indietro. Così il giornalista ha ricordato come, dopo l’ondata di attenzione del 2019 e dei primi mesi della pandemia, il Green Deal europeo, la vittoria di Biden, il dialogo USA-Cina, «si è assistito a una serie di tempeste perfette: il Covid, le guerre in Ucraina e Palestina, la crisi energetica e quella alimentare. Tutto questo ha favorito l’ascesa delle destre, spesso apertamente anti-ambientaliste, e ha provocato un arretramento su tutti i fronti: politico, finanziario e anche democratico». Ed è qui che emerge una domanda cruciale: «Le democrazie sono in grado di sostenere politiche climatiche coerenti per i prossimi anni?». La domanda di Cotugno. «Il meccanismo dell’alternanza politica e dei cambiamenti di governo rischia di essere incompatibile con la lunga durata richiesta dalla crisi climatica». E ha aggiunto: «Uno dei paradossi del nostro tempo è che ci sono paesi che si bombardano a vicenda e che poi devono sedersi insieme a discutere su come salvare il pianeta. È difficile parlare di cooperazione climatica in un mondo che ha rimesso al centro il conflitto».
Segnali positivi
Una riflessione sugli Stati Uniti del giornalista Cotugno: «Si sono ritirati quattro volte dall’Accordo di Parigi. È dura cooperare con un Paese che ha questa instabilità climatica istituzionale». Eppure, qualche segnale positivo c’è: «L’Unione Europea si era data l’obiettivo di ridurre del 55% le emissioni di gas serra entro il 2030 e se continuiamo come ora, ci arriveremo. Peccato che nessuno lo racconta. Siamo così rassegnati che non riusciamo neanche a celebrare i nostri successi. È questo il problema politico, ed è per questo che le forze anti-ambientaliste hanno così tanto successo». Il glaciologo Baccolo ha concluso l’incontro con una riflessione: «Fino a pochi secoli fa i ghiacciai erano temuti: invadevano i pascoli e venivano visti come una minaccia per la vita alpina. Poi sono diventati oggetto di studio e perfino di amore. Ma oggi siamo noi a essere una minaccia per loro. Come specie siamo legati a loro: quando non esistevano, non esistevamo neanche noi. E oggi li stiamo costringendo a scomparire, riportando la terra a un’epoca che non ci appartiene. Più aumentano i gradi, più aumenteranno le catastrofi, le ondate di calore. Il cambiamento climatico non è solo un problema del mondo ma della quotidianità di tutti. E prima o poi le persone dovranno farci i conti».