L'intervista

domenica 8 Giugno, 2025

Lo chef «trentino» Granata: «Cannavacciuolo ha creduto in me: da lui scoppole utili»

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Cresciuto nel casertano, ha aperto due ristoranti a Trento: «Il luogo giusto per realizzare il mio sogno. Il mio piatto preferito? Vitello tonnato con la cipolla di Tropea»

«La cucina è il mio tutto: amore, lavoro e adrenalina. Nonna Silvia mi ha avvicinato ai fornelli, ma chef Antonino Cannavacciuolo ha accesso la scintilla della passione. Da lui ho imparato lo studio, la ricerca e il rispetto per le materie prime. Oggi ho realizzato il sogno di aprire due ristoranti a Trento». Pasquale Granata, 43enne campano, è lo chef del ristorante «Essenza» e del «Volèe Bistrot» a Trento. Lui è un concentrato di entusiasmo e esperienza, carisma e impegno. Cresciuto nel casertano, a Orta di Atella, ha scoperto il mestiere di cuoco in adolescenza, quando nonna Silvia preparava il ragù partenopeo alle otto del mattino e mamma Serafina i carciofi alla brace. Oggi Pasquale Granata non si può definire solo cuoco, è uno chef e un imprenditore. E come tale, si porta dietro sfide, rischio, necessità di avere visione e di gestire tante cose. Per farlo ha scelto il Trentino, un caso. Un destino che lo ha portato a credere che Trento potesse essere il luogo giusto per spiccare il volo dopo aver lavoro tra i fornelli dei Relais & Chateau Villa Crespi a Orta San Giulio, fianco a fianco dello chef stellato Antonino Cannavacciuolo. Ma lui ha studiato anche all’accademia di Gualtiero Marchesi, ha lavorato con Heinz Beck e Heros de Agostinis, tutti ambasciatori di alta cucina, portatori di gusto e bellezza in tavola.
Chef Granata, lei ha lavorato a fianco di Cannavacciuolo, cuoco stellato, icona di MasterChef. Cosa l’ha spinta a venire a Trento?
«Lavoravo nel ristorante dell’Hotel Terme a Merano, poi, con mia moglie Josephine siamo arrivati di passaggio a Trento: ci siamo sentiti a casa. L’istinto mi diceva era il luogo giusto per realizzare il mio sogno. E l’ho fatto nel 2021 con l’Essenza. Ma dal 15 maggio di quest’anno anche con Voleè Bistrot con un gruppo di cinque ragazzi del posto. Due locali differenti: nel primo ci sono 10 tavoli e quindi un massimo di 20 ospiti, in cui viene dato il tempo di fare un’esperienza culinaria, mentre nel secondo la cucina è firmata ma alla portata di tutti. Adatto per un pasto veloce o una cena romantica. Non sono solo cucina di alto livello, la mia sfida è offrire un esplosioni di gusto con cibi umili».
Insomma, si mangia bene anche senza caviale. Il piatto forte di Volèe Bistrot?
«Ce ne sono tanti e, poi, il menù lo cambiamo in continuazione. Se devo scegliere dico le tagliatelle all’uovo fresco con calamari e pomodorini. E apprezzatissimo il club sandwich, pollo, bacon, uovo e verdure fresche racchiusi in tre strati di pane dorato».
E i suoi di piatti preferiti?
«Mi piace sperimentare, però mi piace cucinare il vitello tonnato con la cipolla di tropea cotto sottovuoto a bassa temperatura.
Ma amo mangiare pasta e patate, polpette con il pomodoro: ricordano i sapori della mia infanzia. Sono cresciuto aiutando la nonna in cucina la domenica mattina a preparare il gustoso ragù, tipico della tradizione partenopea.
I fornelli mi hanno sempre regalato quel tocco emotivo e intenso, mi fa stare bene».
Ma la vera passione è nata con chef Cannavacciuolo.
«Sì, mi ha insegnato che la sicurezza sta nell’esperienza, nel conoscere la materia prima e la tecnica; si entra in cucina e si crea».
Amore e tecnica?
«La cucina è un luogo impegnativo, ci vogliono concentrazione e intuizione, cucinare è un atto d’amore. La tecnica evolve attraverso il progresso. I miei ristoranti si basano su strumenti di cucina moderni, ma senza dimenticare la tradizione. Bisogna saper governare la tecnica senza esserne schiavo: l’insegnamento di chef Cannavacciuolo. Anche se il più prezioso è stato quello di credere nelle mie qualità».
Una curiosità: ha ricevuto qualche scoppola?
«Tante, ma tutte d’affetto. A volte me la dava in anticipo, dicendo che qualcosa avrei sbagliato, altre per tirarmi fuori la cazzimma. A Villa Crespi ho trascorso cinque anni duri ma speciali. Ricorderò per sempre il giorno in cui lo chef mi disse “Da oggi farai i primi piatti, bravo guaglione”».
Quale piatto servito a Villa Crespi le è rimasto nel cuore?
«L’anatra intera servita in tre momenti diversi della cena con preparazioni diversi del petto e le coscette: ricordo di aver preparato con le ossa un fuso. Un piatto indescrivibile, ho l’emozione dentro a parlarne».
La sua è una storia di sacrifici e sogni realizzati.
«Sì, ho avuto un pizzico di fortuna ma senza tenacia avrei fatto poco. Ma il segreto del successo è stato avere accanto Josephine, una persona che ti ama e ti sostiene. Lei e i miei figli sono la mia bussola e la mia ancora nelle difficoltà».