il caso
domenica 8 Giugno, 2025
Internato nei lager: nessun risarcimento per i figli dell’alpino catturato a Vipiteno. Tutto prescritto
di Benedetta Centin
L’Appello ribalta la sentenza che concedeva 50mila euro agli eredi. Cancellato dal tempo trascorso il reato e il diritto a chiedere i danni

Non hanno diritto ad alcun risarcimento danni i figli del militare italiano catturato dalle truppe tedesche a Vipiteno nel settembre 1943, internato in Germania e rinchiuso in vari campi di concentramento, vittima delle barbarie del Terzo Reich. «La pretesa risarcitoria è prescritta» ha stabilito di recente la seconda sezione civile della Corte d’Appello di Trento che ha accolto in pieno il ricorso presentato dall’avvocatura dello Stato di Trento che rappresentava e difendeva la Repubblica Italiana-Presidenza del Consiglio dei Ministri, e il Ministero dell’Economia e delle Finanze-Fondo per il ristoro dei danni subiti dalle vittime del Terzo Reich. Istituzioni, queste, che erano state condannate in primo grado — in solido con la Repubblica Federale di Germania — a pagare agli eredi dell’alpino veronese la somma complessiva di 50mila euro 292 euro. Un’ordinanza riformata, o meglio ribaltata, a distanza di poco meno di due anni. Si perché, oltre a non vedere il becco di un quattrino, a non aver diritto appunto ad alcun risarcimento danni, i cinque figli del militare internato liberato a gennaio 1945, dovranno anche pagare le spese del primo e del secondo grado di giudizio.
Un totale di poco più di 23mila euro.
Fattore tempo
Se i familiari sono convinti che «la deportazione e la sottoposizione a lavori forzati in condizioni di sostanziale schiavitù» del loro papà «integrano crimini contro l’umanità, imprescrittibili in forza del diritto internazionale consuetudinario», dall’altra i giudici inquadrano le condotte contestate come «privazione di libertà con connotazioni proprie della riduzione in schiavitù». Reato, quello appunto della riduzioni in schiavitù, già previsto e punito dal codice penale italiano all’epoca, «con termine prescrizionale di 15 anni». Che sono quindi ben decorsi dalla fine della prigionia dell’alpino (1945). Termini, appunto, ormai ampiamente maturati. Ed esclusa allora l’imprescrittibilità del reato, viene meno anche la possibilità di considerare imprescrittibile, quindi non estinguibile, anche il diritto al risarcimento danni. Diritto, tra l’altro, già «cancellato» dal tempo trascorso anche se si dovesse considerare — scrivono i giudici — «la data di introduzione dell’azione» da parte degli eredi, e cioè ottobre di tre anni fa. Un ragionamento, quello della Corte d’Appello, presidente Liliana Guzzo, che passa attraverso diversa giurisprudenza, dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo alla Costituzione a una sentenza di Cassazione del 2024, focalizzandosi anche sull’articolo 43 comma 6 del decreto legislativo 36 del 2022 — quello che ha istituito presso il Mef il Fondo per il ristoro dei danni a favore delle vittime del Terzo Reich — che riporta nello specifico la dicitura: «fatta salva la decorrenza degli ordinari termini di prescrizione», proprio riguardo ad «azioni di accertamento e liquidazione dei danni».
Primo pronunciamento
Una sentenza rivoluzionaria, questa della Corte d’Appello di Trento, che non avrebbe precedenti in Italia. Destinata quindi a fare scuola. A confermarlo anche il Procuratore dello Stato, avvocato Gabriele Finelli, contattato per chiarimenti. Era stato infatti lui, con il collega Guido Denicolò, a impugnare in Appello la sentenza di agosto 2023. E i giudici non solo hanno accolto in toto la loro eccezione rispetto alla prescrizione della pretesa risarcitoria ma hanno anche riconosciuto la legittimazione passiva del Mef. «È la prima sentenza di questo tipo e molto probabilmente comporterà un mutamento della rotta da parte degli uffici giudiziari, come già avvenuto a Lecco — dichiara Finelli — Ritengo che giustamente gli appellanti abbiano prestato acquiescenza». E questo significa rinunciare ad impugnare la sentenza.
Il legale degli eredi
«Stiamo valutando se ricorrere in Cassazione: i miei clienti sono persone che subiscono danni economici importanti» fa sapere invece l’avvocata Maria Cristina Sandrin che assiste i figli del militare che chiedevano la condanna della Repubblica Italiana e di quella Federale di Germania (quest’ultima non costituita in giudizio e dichiarata contumace) a risarcire i danni, patrimoniali e non, «in conseguenza delle condotte tenute dalle forze armate del Terzo Reich» tra settembre 1943 a inizio 1945. Per il genitore «costretto a usuranti lavori senza nemmeno essere pagato, denutrito e in condizioni igieniche inaccettabili», morto poi prematuramente a 62 anni. «C’è da capire la ratio di questa trasformazione da crimini di guerra e contro l’umanità, così come sono stati riconosciuti anche dalla Corte internazionale di giustizia dell’Aia, al reato di riduzione in schiavitù sottoposto a prescrizione» continua la legale veronese che nel 2023 aveva parlato del pronunciamento a favore dei suoi clienti come di «una sentenza storica: la prima emessa in Italia dopo la promulgazione dell’articolo 43 del decreto legge 36/2022 che ha istituito il fondo per il ristoro dei danni subiti dalle vittime del Terzo Reich durante la Seconda guerra mondiale» aveva detto in riferimento al fondo da 55 milioni di euro creato dal governo Draghi per risarcire prigionieri di lager nazisti e discendenti di questi. Un risarcimento che però, parola della seconda sezione civile della Corte d’Appello di Trento, per i suoi clienti non è dovuto.