Il caso
venerdì 25 Ottobre, 2024
Sgarbi e il caso del Manetti rubato, la confessione del falsario: «Ho modificato io il quadro su sua richiesta»
di Redazione
Nuovi guai per il presidente del Mart, chiuse le indagini della procura di Macerata, è imputato per riciclaggio, contraffazione e autoriciclaggio

Svolta nell’affaire Manetti che vede coinvolto l’ex sottosegretario alla cultura e presidente del Mart, Vittorio Sgarbi, una confessione ora lo mette alle strette. Il caso era stato sollevato dal Fatto Quotidiano e da Report che avevano sostenuto come un quadro del pittore seicentesco, rubato nel 2013, fosse lo stesso che Sgarbi aveva presentato in alcune mostre e di sua proprietà. Due dipinti identici, quello rubato e quello del critico d’arte, fatta eccezione per una torcia nella parte alta del quadro. Sul fatto è stata aperta un’indagine della procura di Macerata che per Sgarbi ha ipotizzato i reati di riciclaggio, contraffazione a autoriciglaggio. Il critico d’arte ha sempre sostenuto di aver trovato il quadro così com’era nella soffitta della sua villa in provincia di Viterbo. A smentirlo oggi però Pasquale Frongia, in arte Lino, 66 anni, grande amico di Sgarbi, poco noto in Italia, ma autentica celebrità in Europa sia per le sue doti da pittore, che per essere un copista di fama internazionale. «La torcia nell’origine non c’era, fu lui a chiedermi di aggiungerla», ha raccontato Frongia al Fatto Quotidiano, dopo essere stato sentito sui fatti anche dalla procura di Macerata. Una confessione a cui si aggiungono le perizie fatte dalla procura di Macerata sul quadro e che sembrano confermare si trattasse dello stesso trafugato nel 2013. Per il presidente del Mart ora si apre la partita giudiziaria, per i reati a lui contestati rischierebbe tra i 4 e i 12 anni di carcere.
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