L'intervista

domenica 14 Aprile, 2024

Paola Mora (Coni) lancia un appello alle imprese locali: «Finanziate lo sport. Olimpiadi di Parigi? Obiettivo 6 medaglie»

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La prima presidente donna del Coni della storia ripercorre la sua elezione: «Per me fu una doccia fredda scoprire di essere la prima»

«Abbiamo abbattuto un muro», le prime parole che le disse il presidente del Coni Giovanni Malagò 12 anni fa, dopo la sua elezione. «Ma quale muro?», rispose Paola Mora, fresca di nomina a presidente del Coni del Trentino. «È stata una doccia fredda – spiega – capire che ero la prima donna alla guida di una sezione regionale nella storia del comitato olimpico». Tra atleti e atlete oggi c’è una sostanziale parità. Invece c’è ancora «tanta strada da fare per appianare la disparità di genere a livello dirigenziale». Un passo importante per un ambiente, quello sportivo, che vede davanti a sé prospettive di crescita importanti. «Nonostante il calo demografico, si amplia la platea di chi pratica sport, diventato un presidio sociale e sanitario», spiega la presidente. In Trentino, «gli impianti sono buoni» e la «grande varietà di discipline, popolari o di nicchia, come lo skateboard o il cricket» riesce a intercettare sempre più giovani. Resta lo scoglio delle risorse. L’appello di Mora va direttamente alle aziende del territorio. «Oltre al gruppo di testa, sarebbe bello che altre grandi realtà sostenessero lo sport trentino e il suo valore sociale». Lo sport è anche quello delle piccole società delle valli, i cui dirigenti sono volontari per il bene della comunità. Non solo quello di atleti ed atlete professionisti. Di quest’ultima categoria, un gruppo importante in estate gareggerà alle Olimpiadi di Parigi 2024. «Il Trentino dovrebbe essere competitivo in diverse specialità – pronostica Mora – Ci possono essere 5 o 6 papabili medaglie».
Mora, qual è lo stato di salute dello sport in Trentino? Quali sono i numeri degli atleti tesserati?
«Gli atleti tesserati sono circa 70mila, 9.500 i dirigenti e 4.500 i tecnici e 2.800 giudici. I numeri sono tornati nella norma dopo la pandemia. E questo senza considerare i volontari, figure chiave del mondo sportivo, a cui oggi sono richieste disponibilità e competenze più alte che in passato. Sono professionisti che danno il loro tempo in modo volontario per il bene della loro comunità».
Dopo la pandemia ci sono discipline sportive che si sono trovate più in sofferenza di altre?
«Le discipline al chiuso, soprattutto il nuoto, hanno sofferto di più durante la pandemia. In quel periodo avevamo registrato un travaso verso le attività all’aperto. Ora hanno recuperato e sono in buona salute».
Quali sono gli sport più popolari?
«La Federazione con più tesserati è quella del calcio, seguita da sci e ciclismo».
E quelli più di nicchia?
«Ce ne sono tanti. L’ultima federazione nata a Trento è stata registrata settimana scorsa, è quella regionale del Taekwondo. Ci sono anche discipline, un tempo in crisi, che si stanno ripopolando di atleti. È il caso degli sport rotellistici, che grazie al contributo dello skateboard hanno registrato un boom di iscritti. Altro caso riguarda la federazione danza sportiva, cresciuta grazie all’elevazione della Break Dance a disciplina olimpica. Altri sport sempre più popolari sono il pickleball, il football americano. O il cricket: in Trentino abbiamo una squadra fortissima. Un esempio di integrazione al contrario».
Cosa intende?
«È uno sport che in provincia è stato importato da persone migranti o di seconda generazione, soprattutto di origine pakistana e indiana. I trentini lo hanno conosciuto vedendoli giocare nelle aree verdi. Tanti si sono appassionati e sono entrati in squadra».
Si vede l’effetto Sinner in Trentino?
«Sicuramente l’atleta di successo fa sempre un certo effetto, come era stato con Tomba per lo sci».
Per quanto riguarda gli equilibri di genere, a che punto siamo nello sport?
«Tra gli atleti c’è sostanziale parità di genere. Ma non è sempre stato così. Alle Olimpiadi di Roma del 1960 in tutta Italia si contavano 1,2 milioni di tesserati. Il 90,8% erano uomini. È dall’Olimpiade di Londra che abbiamo almeno una donna per ogni nazione. Con Parigi raggiungiamo la parità (anzi, al femminile c’è una gara in più, cioè la ginnastica ritmica). Come tecniche e dirigenti abbiamo ancora molta strada da fare».
Dodici anni fa, quando è stata eletta, è stata la prima dirigente donna del Coni a livello nazionale.
«Lo sono tuttora. “Abbiamo sfondato un muro”, mi disse Malagò dopo la nomina. Io gli chiesi di che muro stesse parlando. Quando mi spiegò che ero la prima donna di sempre, dal 1914, alla guida del Coni, rimasi basita. Mi sembrava così assurdo che non ce ne fossero state altre prima. C’è ancora tanta strada da fare per appianare la disparità a livello dirigenziale».
Qual è il rapporto uomini-donne?
«Con il dipartimento di sociologia dell’università di Trento, insieme alle prof Poggio e Toselli, abbiamo fatto uno studio sulla dirigenza sportiva in Italia, finanziata da Caritro. La ricerca non è ancora conclusa, ma vediamo che la presenza femminile nel mondo dello sport a livello dirigenziale è del 26%».
Veniamo agli spazi: le infrastrutture sportive presenti in provincia sono adeguate?
«Il Trentino è considerato la provincia più sportiva d’Italia anche grazie al patrimonio di impianti, di livello buono. Più si andrà avanti, più ci sarà bisogno di impianti. Nonostante il calo demografico, si amplia la platea dei fruitori e lo sport viene declinato in sempre più situazioni. Ora è anche un presidio sociale e sanitario. Le palestre della salute sono un affiancamento a percorsi terapeutici e l’attività motoria è determinante anche per le persone più fragili».
Quali sono le richieste maggiori che arrivano al Coni dai territori?
«La sburocratizzazione delle pratiche amministrative. Altre difficoltà riguardano la sincronizzazione degli orari delle palestre: tutti avrebbero bisogno della fascia 16-19, ma non sempre è possibile».
La passione per lo sport è tanta, ma le risorse non sempre si trovano. Il caso della squadra di hockey su ghiaccio di Pergine è emblematico: le Linci hanno vinto, ma rinunciano al salto di categoria perché non riescono a sostenerlo economicamente. Che effetto fa?
«Mi fa tristezza. Perché tanti atleti, famiglie, dirigenti e pubblico hanno coltivato un sogno e poi per ragioni economiche non sono riusciti a fare il salto. È una sconfitta per la politica sportiva. Oggi per farsi forza e sostenere i costi le società si consorziano per fare gare importanti. È il caso di Riva, Arco e Torbole, in sinergia per i mondiali di vela a luglio».
Cosa potrebbe aiutare a migliorare la situazione?
«La parte di sponsorizzazione privata. Ci sono piccoli sponsor fidelizzati, o perché conoscono il dirigente della squadra, o perché hanno il figlio che ne è parte. Tra le grandi aziende, in Trentino, sono sempre i soliti 10 nomi che girano. Molte altre imprese – anche quelle a cui la Provincia ha dato sostegni importanti – non si vedono mai. Il mio appello va direttamente alle aziende, affinché possano sostenere lo sport trentino e il suo valore sociale. Il welfare sociale nel 2024 è una componente importante per un’impresa».
Nelle scuole ci sono tanti atleti agonisti. Il sistema scolastico trentino riesce a valorizzarli?
«La scuola trentina finora è stata abbastanza brava. Ha implementato il primo progetto tutor in Italia, partito circa dieci anni fa, per accompagnare dalla terza media i ragazzi iscritti alle federazioni sportive. Oltre ad aiutare gli studenti, il progetto ha avuto il merito di far passare l’importanza dell’attività sportiva nei giovani all’interno dei collegi docenti. Nel 2022-2023 sono stati circa 650 gli studenti atleti. Il problema resta l’abbandono sportivo dell’agonismo dai 16 anni in poi. Qui servirebbe un patto sociale tra scuola, sport e famiglia proponendo uno sport organizzato e strutturato anche per questa fascia di età».
Oggi c’è più consapevolezza del fatto che serva costruirsi una carriera lavorativa, oltre a quella prettamente sportiva.
«Dedicarsi allo studio migliora anche la carriera sportiva, perché diversifica gli input che arrivano al cervello. Gli esseri umani sono abituati ad usare una sola parte del cervello perché ripetono sempre le stesse azioni. Anche in allenamento è così. Ma se noi diamo stimoli diversi, le performance migliorano. Un esempio viene da Mikaela Shiffrin: ha diminuito la parte di allenamento sugli sci e per migliorare l’equilibrio lei fa trial con le moto. Il professore di neuroscienze dell’Università di Genova Francesco Benso ha elaborato il metodo del doppio comando. E in Trentino siamo partner per testare questo metodo. Stiamo facendo prove insieme ad atleti della pallanuoto, dell’atletica e del volley e a un gruppo di tecnici federali. Se arriveranno i risultati sperati, questi tecnici potranno formarne altri a cascata».
Essere bravi atleti, bravi studenti, persone modello. Oggi sembra che all’atleta venga richiesto sempre di più.
«Allenarsi al meglio, essere un esempio per i giovani, presidiare i media, gestire le attenzioni, parlare inglese sono solo alcuni esempi».
Non trova che sia scorretto aspettarsi da tutti che possano essere tutti persone modello? Il caso Sinner è emblematico.
«Non tutti devono esserlo, è vero. Ma sono sicura che, se la società ha fatto un buon lavoro, lo sarà per forza. Lo sport ha valore se viene interpretato nella maniera giusta».
Guardando allo sport cittadino, come vedrebbe lo spostamento del Briamasco nell’area di San Vincenzo?
«Per il calcio è una necessità trovare uno spazio adeguato. In quell’area vedrei molto bene una cittadella dello sport, anche con lo stadio da calcio. Per il Briamasco si può pensare a un’altra destinazione sportiva: in questo momento, ad esempio, c’è un gran bisogno di location per il football e per il cricket, ad esempio».
In vista delle Olimpiadi di Parigi 2024, quali previsioni fa per gli atleti azzurri e in particolare per quelli trentini?
«Veniamo da un 2023 in cui le federazioni sono andate benissimo. Il Trentino dovrebbe essere competitivo in diverse specialità. Per me ci possono essere 5-6 papabili medaglie».
Veniamo alla direzione del Coni trentino. Lei è al secondo mandato e a marzo 2025 è previsto il rinnovo delle cariche. Sta valutando una terza candidatura?
«È un’opzione che considero. In questi anni ho cercato di fare del mio meglio, anche per trasmettere i valori olimpici nelle scuole, e sono stata ripagata dalla conoscenza di persone di valore. Il ricordo più emozionante? L’incontro con il campione Dick Fosbury».

Foto Federico Nardelli