la storia

mercoledì 10 Aprile, 2024

Lisa Hernandez: «La mia vita da prostituta con personalità borderline. Ho fatto un film porno ma non mi è piaciuto»

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Scrivere è stata una cura, una valvola di sfogo. Vorrei dire alle persone che hanno vissuto la mia situazione che non sono di serie B e senza dignità

Ci scambiamo una stretta di mano, lei sorride poi, con un gesto involontario si spruzza dell’alcol disinfettante sulle mani e le sfrega. Una mania ossessivo compulsiva legata alla germofobia di cui Lisa Hernandez, 33 anni, soffre ormai da tempo e che spiega nel suo libro «La mia vita borderline. Diario di una bimba interrotta», pubblicato di recente da Pathos Edizioni. Unghie rosse chilometriche, un grande fiocco fucsia e due forcine rosa: una capigliatura appariscente che quasi stona con il viso senza trucco e il pile sportivo marrone. Lisa, nella sua autobiografia, ha ripercorso la storia di «un’ex prostituta» che ha trovato nella scrittura «la miglior cura» per superare i traumi che l’hanno segnata, tra cui, l’abuso sessuale infantile da parte del padre che l’ha portata a cambiare il suo cognome all’anagrafe.
Lei si definisce «un’ex prostituta», come ha iniziato questa vita?
«Dopo essermi laureata alla Facoltà di Sociologia di Trento mi sono trovata, come direbbe Jean-Paul Sartre “gettata nel mondo”, nella vita vera, e non avevo intenzione di pesare su mia madre che fino a quel momento mi aveva supportata meglio che poteva. Ho cercato un modo per guadagnare e iniziare a vivere autonomamente e la via più facile è stata entrare nel mondo dei night. Mi hanno dato un appartamento che dovevo condividere con altre dieci ragazze dell’Est Europa che facevano il mio stesso lavoro. La casa cadeva a pezzi, era piena di muffa, e io continuavo a grattarmi. Qui credo di aver sviluppato il mio disturbo ossessivo compulsivo anche perché il bagno era sporco, c’erano creme per infezioni vaginali ovunque, avevo paura di prendermi malattie. Indossavo i guanti anche per contare i soldi e portavo sempre con me una boccetta di alcol. Anche con i clienti, prima di cominciare usavo salviette, gel disinfettante e facevo lavare loro le mani tanto che se ne lamentavano: “È come essere dal dottore”».
Sesso protetto?
«Assolutamente sì, mettevo il preservativo coi guanti».
Quanto guadagnava nei night club?
«Poco, 50 euro a notte e non mi bastava per mantenermi. Quindi, per guadagnare gli extra, oltre al ballo nei privé, come tante altre ragazze, mi prostituivo. Non lo facevo mai nel locale, perché temevo ci fossero agenti in borghese».
Se le chiedessi qual è stato il momento più brutto durante il periodo in cui si è prostituita, cosa risponde?
«In un bordello a Madrid l’anno scorso. Quest’uomo mi offrì da bere e mi pagò in anticipo. Ed è proprio in quel momento che i clienti si sentono in diritto di fare quello che vogliono di te, anche maltrattarti. Era Natale e con sguardo sprezzante mi disse: “Mi fai pena. Dovresti essere con la tua famiglia, chissà cosa pensa tua madre di te”. Ed io in quel momento ho pensato a mia madre e mi sono sentita sporca (piange, ndr). Ho capito che non valevo niente e che, forse, mi meritavo tutto ciò».
Le parole sono, quindi, la ferita più profonda che ha ricevuto.
«La sofferenza mentale è peggio di quella fisica. Molte prostitute hanno vissuto un abuso sessuale durante l’infanzia, come me, e nella loro mente si instaura inconsciamente il sentimento di non valere niente. Si chiama rivittimizzazione e ci porta a frequentare mondi che ci confermano che non valiamo, come quello della prostituzione».
Lei racconta di essere stata vittima di abusi da parte di suo padre…
«Sì, e l’ho scoperto quando ero già adulta, quando i ricordi sono piano piano riaffiorati. Si è trattato di un’amnesia dissociativa ed accade quando il trauma originale torna alla mente a causa di un trauma simile che per me, in questo caso, era la prostituzione e i rapporti sessuali forzati. Ho rivissuto dei flash della mia infanzia e spero di non ricordare altro, perché è stato terribile».
Lei ha avuto anche un’esperienza come attrice in un film hard.
«Sono stata modella per Playboy e poi mi è capitato di girare un film porno. È stata un’esperienza traumatica che però ho accettato perché mi avrebbe permesso di elevare il mio status a pornostar e quindi, lavorare solo il weekend come vip e non più come ballerina».
Che valore attribuisce a questo libro?
«È stata una cura, una valvola di sfogo. Ho impiegato una settimana per finirlo, l’ho scritto tutto d’un fiato. E vorrei che le mie parole aiutassero persone che hanno vissuto la mia stessa situazione. Vorrei abbracciarle e dire loro che le capisco, che non sono sole. Che le prostitute non sono persone di serie b e senza dignità. Senza dignità sono quegli uomini che lasciano a casa mogli e figli e che agganciano alle telefonate delle compagne mentre sono a letto con noi».