Il Forum

martedì 28 Novembre, 2023

Il Trentino, Lona-Lases e la criminalità organizzata. Il prefetto Santarelli: «La mafia ci ha dato un cazzotto, ora però tocca ai cittadini reagire»

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Il Commissario del governo nella redazione de il «T» per anticipare l’incontro di stasera a Lona Lases : «Come cantava Gaber, la libertà è partecipazione»

Per prepararsi all’incontro di questa sera, alle 20 al teatro di Lona in Val di Cembra, il commissario del governo di Trento Filippo Santarelli si è letto tutte e 190 le pagine che compongono le motivazioni della sentenza di primo grado del processo Perfido contro la ’ndrangheta. Una sentenza, emessa lo scorso 27 luglio dalla Corte d’assise, che ha portato a otto condanne per 76 anni di reclusione totali (considerando anche lo sconto di un terzo delle pene dovuto alla premialità garantita dal rito scelto, l’abbreviato). Non solo: il prefetto arrivato a Trento lo scorso marzo è voluto scendere a Roma al Gabinetto del ministero dell’Interno per confrontarsi sulla situazione di Lona-Lases (il Comune dove si era insediata la cosiddetta «locale» della ’ndrangheta è commissariato da giugno 2021); ha parlato con l’ex prefetto Raffaele Cannizzaro, con una lunga esperienza alle spalle sullo scioglimento dei Comuni per infiltrazioni mafiose. Ha persino chiesto al vice prefetto del ministero dell’Interno Ernesto Raio (che questa sera sarà con Santarelli al teatro di Lona) di salire da Roma in Val di Cembra per spiegare ai cittadini quali strumenti hanno a disposizione per riprendere in mano le redini del proprio Comune. Insomma, un incontro preparato con cura quello voluto da Santarelli, come spiegato ieri dallo stesso prefetto, in redazione per il forum de il «T».
Prefetto, per l’incontro di stasera ha scelto un titolo altisonante: «Infiltrazioni mafiose: analisi e difesa del territorio per un futuro libero e democratico». Cosa dobbiamo aspettarci?
«In effetti abbiamo scelto un titolo ambizioso, quasi da tesi di laurea, ma che chiaramente rispecchia le nostre intenzioni: partiremo dalle infiltrazioni della ’ndrangheta in Val di Cembra, dal perché e dal come la mafia calabrese sia riuscita a mettere radici in questo Comune, per poi arrivare a parlare di come costruire un futuro democratico, che è poi la mission principale di questo incontro e del lavoro che andrà svolto nei prossimi mesi».
Sta pensando alle prossime elezioni comunali?
«Quando sono arrivato a Trento lo scorso marzo i miei collaboratori mi hanno illustrato la situazione economica, sociale e sul fronte criminalità della provincia. Non posso negare che ciò che mi è saltato all’occhio sia stata proprio la vicenda di un piccolo paese, con 878 residenti, che si è trovato a fare i conti con la pesante presenza di una locale della ’ndrangheta. Così come mi è saltato subito all’occhio l’assenza da due anni e mezzo di una figura fondamentale come quella del sindaco. Già tre tornate elettorali sono andate deserte: è arrivato il momento tanto per le istituzioni quanto per i cittadini di darsi una mossa. La speranza e l’appello che faccio ai residenti è proprio quello di esserci, a cominciare dall’incontro organizzato al teatro comunale perché, come cantava Giorgio Gaber, libertà è partecipazione».
Eccetto l’ultima lista capeggiata dall’ex poliziotto Pasquale Borgomeo (che non ha raggiunto il quorum fermandosi al 31,9% di votanti) finora le elezioni sono andate deserte per mancanza di candidati. Come si spiega questa situazione?
«Capisco umanamente chi in quella realtà si è imbattuto in maniera così dura e dolorosa nel fenomeno della ’ndrangheta e capisco anche che la tendenza sia quella di chiudersi e non reagire. Per comprendere quanto questa realtà sia stata colpita basta leggere le pagine finali della sentenza dedicate alle parti civili, tra cui il Comune di Lona-Lases, risarcito proprio a causa della “lesione al diritto all’immagine e all’identità storica, culturale, politica, economica del territorio coinvolto, oltre che per il turbamento morale ed esistenziale patito dalla comunità locale a causa della soffocante presenza dell’organizzazione mafiosa”».
Possiamo spingerci a parlare di una situazione di paura?
«Un po’ di paura in questa vicenda la metto in conto. D’altronde parliamo di un processo che ha coinvolto un generale dell’esercito, amministratori locali, politici, carabinieri… un po’ di paura ci sta. Ora però dobbiamo avere la forza di guardare avanti. Il processo, con tutti i suoi filoni e i vari gradi di giudizio, ce lo porteremo avanti ancora per parecchio tempo: c’è una malattia e la magistratura è al lavoro per curarla. Noi dobbiamo stare attenti a non riammalarci e andare avanti. È fondamentale reagire ed è per questo che andiamo a Lona-Lases: per dimostrare la presenza dello Stato e delle istituzioni. Abbiamo preso questo cazzotto, ma ora dobbiamo guardare al futuro. Noi ci siamo e ai cittadini dirò: ci dovete essere anche voi».
Il problema, però, come emerge proprio dalle motivazioni della sentenza, non è circoscritto a Lona-Lases.
«La sentenza mette in luce proprio la preziosità del lavoro svolto dai carabinieri del Ros che con la loro indagine non solo hanno scoperto una locale della ’ndrangheta, ma hanno bloccato le attività in espansione. Dalle intercettazioni emerge per esempio come i soggetti imputati avessero già individuato un negozio in centro storico a Trento dove aprire un pastificio o come si fossero mossi per acquisire una segheria in grave difficoltà economica a Novaledo, in Valsugana. E ancora: gli ’ndranghetisti si stavano espandendo nel settore dei ponteggi. È il classico modus operandi: l’infiltrazione avviene dapprima sotto traccia, attraverso investimenti di denaro in società in difficoltà economica che vengono di fatto acquisite e gestite tramite prestanome. Alla fine, però, esce sempre allo scoperto la vera natura della mafia, fatta di intimidazioni, estorsioni, sfruttamento dei lavoratori, illeciti fiscali. Ecco perché a dicembre 2022 abbiamo costituito un Osservatorio permanente sulla criminalità e sulle possibili infiltrazioni nel tessuto economico provinciale, riunitosi per la prima volta a inizio ottobre e poi ancora lo scorso 14 novembre. Con questo osservatorio abbiamo messo attorno a un unico tavolo tutti i soggetti interessati dal fenomeno: dalle forze dell’ordine ai professionisti come avvocati, commercialisti e notai, passando per tutte le categorie economiche, i sindacati, la Banca d’Italia. Insomma, tutto il mondo che è in grado di percepire se qualcosa non va, tutti i soggetti che hanno il compito di monitorare e che sono nella posizione di fare segnalazioni, anche in forma anonima. Dopo 39 anni che faccio questo lavoro, per me questo è un grande passo avanti sia dal punto di vista operativo e istituzionale, sia dal punto di vista culturale».
Quante segnalazioni sono emerse ad oggi dall’Osservatorio?
«Da due dei soggetti coinvolti nell’osservatorio sono venute alcune indicazioni su cui la Guardia di finanza è già al lavoro».
Quali sono i settori sotto la vostra attenzione?
«Sicuramente l’alberghiero e la ristorazione, ma anche l’edilizia e più in generale quei settori, come il porfido in Val di Cembra, che garantiscono un facile arricchimento. Sicuramente poi bisognerà fare grande attenzione alle risorse in arrivo dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Su questo in tutta Italia sono già state intensificate le attività dei gruppi interforze antimafia (Gia). Per il bypass ferroviario di Trento, in particolare, è stata istituita una cabina di regia che coinvolge anche Rete ferroviaria italiana (Rfi) che è obbligata a segnalarci tutte le ditte coinvolte nei lavori e gli operai assunti affinché possiamo verificarne interessi, provenienza, insomma, affinché possiamo fare tutti gli accertamenti del caso».
E per quanto riguarda il traffico di stupefacenti?
«Su questo vorrei fare un po’ di autocritica perché spesso ci concentriamo sulle indagini e sugli arresti, ma in pochi si chiedono come mai in una realtà ricca e rispettosa delle regole come lo è il Trentino così tante persone acquistino droga. Ecco, forse è giunto il momento di accendere un faro sugli aspetti sociali che sottendono il fenomeno dello spaccio».
Dopo tutto quello che ci ha raccontato, possiamo dire che la nostra provincia non è più quella terra sana e ricca di anticorpi come a lungo rivendicato dai trentini?
«Il Trentino ha gli anticorpi, ma non è immune alle infiltrazioni della criminalità organizzata. Già dieci anni fa la camorra aveva provato a infiltrarsi a Riva del Garda aggredendo imprese in difficoltà segnalate ai mafiosi da un commercialista infedele di Rovereto. Non siamo certo la Calabria, qui non c’è un controllo del territorio da parte della criminalità organizzata, però abbiamo anche noi situazioni di infiltrazione. D’altronde, là dove c’è ricchezza questi signori, che hanno a disposizione grandissime quantità di denaro, cercano sempre di infiltrarsi. In passato lo facevano in modo violento, negli ultimi vent’anni, invece, la mafia imprenditrice e dei colletti bianchi ha imparato che è più conveniente inserirsi nei settori economici e sociali in maniera invisibile e subdola. Ma attenzione, non per questo indolore: alla fine l’anima nera della mafia esce sempre fuori. Per tornare alle motivazioni di Perfido, nelle intercettazioni uno degli imputati afferma che è conveniente venire a Trento perché “i trentini sono senza malizia”. Ecco, al Trentino è mancata quell’attenzione in più. Gli anticorpi ci sono, ma dobbiamo imparare che anche di fronte al minimo dubbio è importante rivolgersi alle forze dell’ordine. Quello che è successo è avvenuto perché qua in tanti abbiamo sbagliato: ora agiamo per evitare che accada di nuovo».