L'intervista
giovedì 22 Maggio, 2025
Gad Lerner: «Caos Gaza, si rischia una guerra di logoramento. Trump pronto a mollare gli ebrei appena non gli faranno più comodo»
di Paolo Morando
Il giornalista: «Il presidente Usa è abbastanza spregiudicato da mollare Israele dopo averlo blandito»

Il Festival dell’Economia si è aperto anche parlando di Gaza. Con un protagonista, Gad Lerner, che ha dialogato, al teatro Soclaie con il giornalista Ugo Tramballi, corrispondente da Beirut del Sole 24 Ore. Nato proprio a Beirut nel 1954 da una famiglia ebraica e trasferitosi a Milano a soli 3 anni, Lerner ha lavorato nelle principali testate italiane da inviato o con ruoli di direzione (come al Tg1), ideando e conducendo programmi alla Rai e La7.
Lerner, ogni giorno la situazione sembra cambiare, almeno a parole. Che cosa può accadere ancora a Gaza?
«Ma è cambiata davvero? Quando scrivevo il mio libro su Gaza ero molto perplesso, perché pensavo: di qui a quando uscirà, questa guerra sarà chiusa, non può durare così a lungo. E invece è passato un anno e l’intenzione dichiarata del governo israeliano è di proseguirla. Netanyahu aveva subìto assai malvolentieri l’imposizione di un cessate il fuoco richiestogli con forza da Trump alla vigilia del suo insediamento ufficiale. E pochi hanno notato quanto è avvenuto a marzo, quando Netanyahu ha deciso, contro la volontà di Trump, di interrompere quella tregua che pure gli era costata molto cara, con l’umiliazione pubblica della messinscena dei miliziani di Hamas che liberavano gli ostaggi mostrandosi ancora nel pieno controllo del territorio di Gaza City».
Che cosa è avvenuto?
«La rottura della tregua da parte delle forze armate israeliane venne poche ore dopo le prime rivelazioni a Gerusalemme di contatti diretti tra il governo Usa e Hamas, contatti fino ad allora rimasti riservati. Netanyahu aveva capito insomma che Trump era un uomo sufficientemente spregiudicato da tradire anche quello che sembrava essere un patto di ferro con Israele, pur di perseguire i suoi scopi».
Nei giorni scorsi è stata ventilata l’ipotesi che Trump potesse procedere a un riconoscimento formale dello Stato della Palestina.
«Pochi mesi fa la Knesset ha approvato una risoluzione che impegna Israele a non riconoscere mai il diritto a una nascita della Palestina, formalizzando così il nucleo del pensiero politico della destra israeliana fin dai primi decenni del secolo scorso. Io non escludo che un giorno Trump possa dichiararsi unilateralmente favorevole alla nascita di due Stati tra il Giordano e il Mediterraneo, su cui neppure l’Italia si è mai pronunciata: quando si votò all’Onu, i sì furono 146 ma noi fummo tra i 25 astenuti. Trump potrebbe farlo, tradendo Israele: d’altra parte culturalmente è un suprematista con una mentalità intrisa di antisemitismo».
Come l’intero movimento degli evangelici americani che lo supporta.
«E che si definiscono sionisti cristiani, una follia, perché vedono nel ritorno degli ebrei nella terra promessa un’anticipazione del giudizio universale e dell’apocalisse, tempo dalla redenzione preceduto però, come nel vangelo di Giovanni, dalla conversione degli ebrei stessi. Il giorno in cui l’esistenza di Israele non gli facesse più comodo, Trump quindi potrebbe dire: basta con questi ebrei che ci hanno rotto l’anima intralciando la pace mondiale, abbandoniamoli a loro stessi. Ripetendo dunque dunque la stessa scena che abbiamo visto con Zelensky ospite nello studio ovale».
Per ora intanto è l’esistenza di Gaza a non fagli comodo, come si è visto in quell’incredibile video in cui ne prefigurava un futuro di riviera del Medio Oriente.
«Però attenzione: quel video era una parodia, realizzata da un videomaker indipendente di Los Angeles. La Casa Bianca lo ha poi ricondiviso senza alcuna spiegazione, generando ambiguità. Resta il fatto che Trump ha dichiarato che gli Usa sarebbero felici di prendere Gaza e trasformarla in una terra meravigliosa, collocandone gli abitanti in Egitto e Giordania. Poi gli è stato spiegato che, per farlo, non bastava staccare qualche assegno. E allora il governo israeliano ha preso la palla al balzo».
Che cosa potrebbe accadere nei prossimi mesi? Deportazioni di massa?
«Si prospetta un proseguimento dell’azione militare di Israele, che in Cisgiordania mira a spopolare le zone rurali concentrando i palestinesi in agglomerati urbani più controllabili. Solo che si tratta di una popolazione di 3 milioni di abitanti: un esodo forzato di questa dimensioni è impensabile. Quindi penso a zone militarizzate e a un’annessione, non giuridica ma di fatto, della valle del Giordano e della Cisgiordania meridionale. Per Gaza il problema si pone negli stessi termini, lo sanno bene anche Netanyahu e i fanatici che nel suo governo hanno un ruolo decisionale. Quindi ci sarà un continuo logoramento della situazione, che oggi ha però portato anche gli alleati tradizionali di Israele a non poterlo più difendere. Persino Meloni, a denti stretti, ha detto di non voler rompere le relazioni diplomatiche ma di non essere d’accordo sulle scelte di Netanyahu».
Il caso
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