L'inchiesta

venerdì 7 Luglio, 2023

Economia, in Trentino il 60 per cento dei lavoratori ha un contratto scaduto

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L’estate calda dei salari. Tutte le rappresentanze chiedono aumenti per far fronte all’inflazione

Fa caldo nelle piazze trentine, ma non è solo a causa dell’estate. Le proteste dei cavatori di porfido che da cinque giorni portano avanti la lotta per l’aumento dei salari non sono che l’espressione di un problema riguardante una grossa parte della popolazione trentina: il 60 percento, per la precisione. Questa la percentuale dei lavoratori trentini, secondo le stime di Cgil, riportate dalla segretaria Filcams Paola Bassetti, attualmente con contratto scaduto e in balìa di un’inflazione che non perdona. Si parla in totale di circa cento contratti, divisi tra settore pubblico e privato: autonomie locali, sanità, cooperative sociali, scuola, turismo, commercio e pubblici esercizi di primo livello.
Le rappresentanze sindacali puntano ai rinnovi per contrastare l’effetto dell’inflazione ma anche per garantire in prospettiva salari adeguati per i prossimi anni.
Per quanto riguarda l’industria, la zona calda rimane il porfido. I sindacati Fillea e Filca stanno chiedendo un’integrazione provinciale pari a 200 euro lordi. Al momento le imprese sono disposte ad accordarne 80 (ne riferiamo a pagina 8).

Per i contratti di terziario e commercio (scaduti nel 2019) e turismo (2021) è ancora troppo presto per parlare di integrazione da parte degli enti territoriali. Al momento, secondo i dati riferiti da UilTucs Trentino, ci sono ancora dieci contratti sul tavolo di trattativa nazionale: collaboratori familiari, Federdistribuzione, Confcommercio, Confesercenti, Distribuzione cooperativa, Studi professionali e altri contratti più piccoli. Si punta qui trasversalmente ad un recupero minimo del 10 percento, da superare con un adeguamento in ottica previsionale per coprire le variazioni economiche del prossimo triennio: si parla di un aumento di circa 200 euro lordi. Un aumento che si fa urgente, in particolare per le professioni «critiche», come i lavoratori delle mense e dei servizi di pulizia, che guadagnano in media 1.300 euro lordi per un contratto a tempo pieno, che diventano 600 euro per i part-time.

Altri tavoli di trattativa attendono i contratti del sistema pubblico provinciale, scaduti nel 2021. Il 18 luglio i rappresentati dei comparti Autonomie locali, Scuola e Sanità, sono stati convocati dal presidente della Provincia Maurizio Fugatti per discutere delle risorse necessarie nel triennio 22/24 e che interesseranno 39 mila dipendenti trentini, di cui 14 mila nella funzione pubblica. Attualmente non ci sono finanziamenti della giunta provinciale per il suddetto triennio, fatta eccezione per i 35,6 milioni stanziati come una tantum con la recente variazione di bilancio di maggio. L’obiettivo del prossimo incontro sarà quello di raggiungere un protocollo d’intesa politico. I sindacati Fp cgil, Cisl Fp e Uil Pa EE.LL hanno già espresso unitariamente la richiesta di «partire dalla stabilizzazione dell’una tantum di 35,6 milioni, in quanto «insufficienti» e di voler prendere in considerazione esclusivamente eventuali accordi transitori per un anticipo sui futuri aumenti contrattuali», riferisce il segretario Cgil Fp Luigi Diaspro.

«Abbiamo inoltre richiesto l’implemento di fondi per il riconoscimento delle competenze professionali e per riorganizzare il meccanismo dei buoni pasto – spiega il segretario di Cisl Fp Giuseppe Pallanch – I concorsi pubblici vanno deserti perché non sono economicamente attrattivi. Dopo otto anni l’amministrazione deve riconoscere il lavoro di questi professionisti». Per il rifinanziamento del contratto 22/24 la Provincia ha finora ventilato una cifra tra i 200 e i 300 milioni di euro. «Sappiamo quante risorse sono state accantonate dalla giunta negli ultimi 5 anni. È una trattativa che va avanti da fine aprile. Vedremo cosa verrà davvero stanziato», sottolinea il segretario Uil FP Andrea Bassetti.