I numeri

sabato 17 Giugno, 2023

Case di riposo, manca il personale. In fumo 19 mila giorni di ferie

di

La denuncia del sindacato Fenalt: «A Pellizzano, Rovereto e Predazzo le situazioni più critiche»

Situazione insostenibile nelle case di riposo del trentino. Nei giorni in cui ha fatto scalpore il caso dei due ospiti anziani aggrediti da un operatore, si riaccendono i fari sulle condizioni lavorative del personale delle Rsa. In particolare il sindacato Fenalt, quello maggiormente rappresentativo, denuncia la cronica carenza di infermieri e operatori socio-sanitari, carichi di lavoro eccessivi, mancanza di un contratto adeguato, ospiti affetti da patologie sempre più complesse o con gravi problemi relazionali non sono che alcune delle criticità – ormai croniche – che rendono il lavoro nelle case di riposo sempre meno attrattivo.

In questa settimana, nell’ambito di un incontro fra i rappresentanti dei lavoratori e Upipa, sono stati resi noti i dati dei richiami del personale dai riposi per necessità di servizio nel corso del 2022. Se le giornate di recupero andate in fumo nel 2018 erano già a livelli allarmanti, circa 17 mila, il triste primato è stato superato nel 2022 oltrepassando la soglia dei 19 mila giorni di richiami.

«La situazione di oggi non è più sostenibile. Il problema è così grave che non si può più chiudere gli occhi – commenta Roberto Moser, vice segretario generale Fenalt – Ormai sta scomparendo il diritto al riposo. Mi fai lavorare quando dovrei essere a riposo, poi mi concedi il riposo compensativo da fruire entro il mese successivo, ma alla fine lo annulli perché mi richiami in servizio. Mi chiedo se agli operatori delle Rsa resti ancora uno dei diritti essenziali dei lavoratori o se dobbiamo far finta che quello delle RSA sia un altro pianeta in cui valgono altre regole. In cui, ad esempio, fare un numero impressionante di ore di straordinario sia l’ordinarietà».

Tale situazione si riflette negativamente nella vita personale dei lavoratori e soprattutto nella conciliazione vita-lavoro: «Gli operatori sono stanchi – denuncia Moser – Non hanno più una vita familiare e sociale programmabile. Lo stress è alto e la qualità del servizio inesorabilmente si abbassa. Pensiamo che queste condizioni di lavoro siano compatibili con un’assistenza dignitosa? Chiedo all’Assessorato alla sanità – incalza il sindacalista – quale futuro ci sarà per le case di riposo trentine? Saranno destinate a diventare il ripostiglio dei nostri anziani o luoghi in cui il lavoro di assistenza potrà essere gratificante per chi lo svolge e appagante per chi lo riceve?»

Le estenuanti condizioni di lavoro sono all’origine anche dell’emorragia del personale: «Pellizzano, Rovereto, Predazzo – ricorda Moser – non sono che le tre realtà in cui il fenomeno della fuga del personale ha assunto livelli macroscopici. Che cosa è stato fatto per tamponarlo? Certo, nell’ultima riunione l’assessore provinciale alla sanità, Stefania Segnana, ha detto che sono state introdotto delle indennità. Si è dimenticata però di aggiungere che si tratta dell’indennità oraria per il cambio divisa, un diritto che non era riconosciuto ai lavoratori finché Fenalt non lo ha fatto valere davanti ad un giudice».

Secondo il swindacato uno degli aspetti carenti nella gestione delle case di riposo e all’origine delle grandi differenze fra una struttura e l’altra è quello manageriale: «Abbiamo bisogno di gente capace ai vertici delle residenze. Le direzioni devono essere valutate con criteri nuovi e diversi che tengano conto non soltanto di quanto si risparmia, ma del benessere organizzativo e relazionale perché è questo che determina la qualità del servizio e dell’assistenza. Le case di riposo non sono un magazzino: i criteri di valutazione – conclude Moser – devono tener conto soprattutto della qualità di vita all’interno della struttura».

Il Sindacato, facendosi portavoce del malessere dei lavoratori – un disagio avvertito anche dagli ospiti e dalle famiglie – chiede all’assessorato di competenza di rivedere i parametri del rapporto assistenti-assistiti, i carichi di lavoro e soprattutto di riflettere sul tipo di patologie degli ospiti a tutela della salute e della sicurezza di tutti coloro che vivono all’interno delle strutture.