Val di Sole

sabato 12 Luglio, 2025

Carlo Papi di nuovo a casa dopo il terribile incidente: «Mi hanno preso per i capelli, grazie a medici e infermieri»

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Lo scorso marzo lo scontro tra Malè e Terzolas: «Nove giorni di coma farmacologico, poi settimane in rianimazione. Non ho ricordi di quanto accaduto»

«Sono finalmente tornato a casa, a Caldes, dopo 120 giorni trascorsi in rianimazione e in ortopedia all’ospedale Santa Chiara di Trento, quindi al San Camillo e a Villa Rosa a Pergine. Sono convinto che il mio Andrea, da lassù, mi abbia salvato, o meglio preso per i capelli: chi mi ha soccorso quella sera del 22 marzo scorso sulla statale tra Malè e Terzolas, dopo lo schianto in auto, temeva non arrivassi vivo in reparto tanto erano gravi le mie condizioni. E invece sono ancora qui. Dopo il coma farmacologico, il periodo in carrozzina, la fisioterapia, ho ripreso a camminare. Il mio grazie, dal profondo del cuore, va a medici, infermieri, operatori tutti, che in questi mesi mi hanno curato con grande professionalità e dedizione».

 

È una sorta di rinascita quella di Carlo Papi, papà di Andrea, ucciso dall’orsa JJ4 il 5 aprile 2023. L’auto in cui il pensionato viaggiava la sera di quattro mesi fa è finita dritta in un centro demolizioni ma lui, protetto dal pensiero del figlio, sostenuto dall’affetto della moglie Franca e della figlia Laura sempre al suo capezzale, ha tirato fuori le unghie. E ha reagito. È tornato a vivere. Sul capo la cicatrice, accanto a lui ancora la stampella con cui sentirsi più sicuro passo dopo passo. «C’è voluto coraggio e pazienza e le terapie non sono ancora finite, proseguirò con la fisioterapia a Malè — fa sapere Carlo Papi — Ma non ce l’avrei mai fatta se non fosse stato per i sanitari. Ci tengo molto a ringraziare pubblicamente chi si è preso cura di me in queste settimane, rimettendomi in piedi, preoccupandosi di non farmi soffrire: medici, infermieri e operatori di tre ospedali e quattro reparti che hanno dimostrato grande professionalità, empatia e vicinanza. A ciascuno di loro un sentito grazie».

 

Del terribile frontale, rincasando da Pellizzano dove era stato ad ascoltare la band di amici in sala prove, Carlo Papi non ricorda nulla. «La mia mente ha cancellato ogni sequenza dell’incidente, quando mi sono risvegliato, dopo nove, dieci giorni di coma farmacologico, non avevo più ricordi, e secondo i medici non torneranno più — riferisce Papi — Chi mi ha soccorso mi ha raccontato che ero tutto rotto e che nei primi istanti, ancora cosciente, capendo che era accaduto qualcosa di grave, preoccupato avevo chiesto loro se vi fossero feriti o morti. E per fortuna di feriti gravi non ce ne sono stati, anzi chi si è ritrovato a portare il collare per qualche giorno ha pianto per me» sospira il pensionato. Che appena acquisirà di nuovo tutte le forze riprenderà la battaglia per il suo Andrea, la cui foto, in questi mesi di degenza, è sempre rimasta appesa nell’armadio vicino al suo letto. «Ora guardo alla mia guarigione, ho bisogno ancora di tempo, ma si sappia che sono ancora in guerra, non desisterò. Rispetto la decisione del giudice ma non posso accettare che non ci siano responsabili per la morte di mio figlio Andrea. Questo no».