la rubrica

mercoledì 30 Aprile, 2025

Trento Film Festival, quattro titoli da ricordare (e rivedere). El Aroma del Pasto Recién Cortado, L’ultimo dei Mohicani, The Thief, Imperfetto

di

Le recensioni di Michele Bellio per la rubrica settimanale «Lanterna magica»

SPECIALE TRENTO FILM FESTIVAL

EL AROMA DEL PASTO RECIÉN CORTADO

(Argentina/Messico/USA/Germania 2024, 112 min.) Regia di Celina Murga, con Joaquín Furrel, Marina de Tavira

 

Nell’anno che il Trento Film Festival dedica all’Argentina, tra i giurati del concorso troviamo la regista Celina Murga, cineasta celebrata a livello internazionale e storica collaboratrice di Martin Scorsese, che è anche produttore esecutivo del suo ultimo film. «Il profumo dell’erba tagliata di fresco», questa potrebbe essere una traduzione letterale, racconta la storia di Pablo, un professore universitario che si lega segretamente a una studentessa, tradendo la moglie, con la quale ha due figli. Parallelamente c’è Natalia, anche lei professoressa universitaria, che inizia una relazione clandestina con uno dei suoi studenti, tenendola a sua volta nascosta, affinché né il marito né le due figlie la scoprano. In questo racconto in parallelo la regista offre un ritratto non stereotipato di uomini e donne dell’Argentina contemporanea. Riflette sui generi, concentrandosi però maggiormente sugli elementi comuni, e regala un dramma intenso e controllato che vive di un’incredibile verosimiglianza. Ambientazioni, personaggi e situazioni, quotidiani e credibili, favoriscono un’inevitabile immedesimazione da parte dello spettatore, soprattutto per chi si trova nella fascia d’età dei protagonisti e negli stessi equilibri familiari. Due persone in crisi sullo sfondo di un Paese in crisi, la stessa identica situazione, come la affronteranno? E la società in cui vivono avrà lo stesso impatto sulla vita di entrambi? Un film intelligente ed equilibrato, splendidamente interpretato, in cui la regia si esprime attraverso un meraviglioso ed elegante gioco di riflessi, accompagnando con delicatezza lo sguardo che i protagonisti cercano di rivolgere all’interno di loro stessi.

 

L’ULTIMO DEI MOHICANI

(The Last of the Mohicans, USA 1920, 72 min.) Regia di Clarence Brown e Maurice Tourneur, con Wallace Beery, Barbara Bedford

Il primo, e secondo molti ancora oggi il migliore, fra gli adattamenti cinematografici in forma di lungometraggio dell’omonimo romanzo di avventura scritto da James Fennimore Cooper nel 1826. Pietra miliare del cinema muto, è stato proposto dal Trento Film Festival con un’inedita ed efficace colonna sonora jazz, eseguita dal vivo dal Bonporti Jazz 4tet. Sostanzialmente fedele nell’adattamento, il film mantiene l’affascinante ambientazione a ridosso del confine tra gli attuali Stati Uniti e il Canada, all’epoca delle grandi tensioni tra inglesi e francesi, a metà del XVIII secolo. Qui si racconta la storia di due sorelle, nipoti di un colonnello inglese, che nello spostarsi da un forte all’altro mentre si attende l’attacco francese, sono scortate da due nativi. Cora, la maggiore, si innamora, ricambiata, del coraggioso e prestante Uncas. Tra le variazioni rispetto al romanzo, sicuramente efficaci nel conferire al film un afflato epico e spettacolare, troviamo una notevole enfatizzazione del personaggio dell’indiano urone Magua, che diviene un antagonista meno sfumato e più inquietante, ed uno spettacolare momento di tensione in cima ad un’alta rupe, nel tragico pre-finale. Incredibile, e ancora oggi impattante, la lunga e violenta sequenza in cui gli uroni, ubriacati dai francesi, vengono meno ai patti e assaltano il forte inglese aggredendo donne, anziani, feriti e bambini, per poi incendiare il tutto. Meno esplicita, ma comunque in linea coi tempi, la rappresentazione dell’amore fra Cora e Uncas, limitata quasi esclusivamente a sguardi e sottintesi. Un’opera monumentale e ancora oggi affascinante, da recuperare e da riproporre con ulteriori sperimentazioni in colonna sonora.

THE THIEF – ANNGEERDARDARDOR

(Groenlandia/Danimarca 2025, 19 min.) Regia di Christopher Rizvanovic, con Kamillo Ignatussien

Tasiilaq, Groenlandia Orientale. Il giovane ragazzo autistico Kaali scopre che il suo cane è sparito. Disperato per la sua scomparsa, si lancia in una ricerca ossessiva, temendo possa esserle accaduto qualcosa. Nel corso del suo viaggio si confronta con i coetanei e con il suo sentirsi diverso, fino ad una rivelazione che lo costringerà ad una scelta difficile. Un vero gioiello questo cortometraggio groenlandese, in concorso al Trento Film Festival e già proiettato alla Berlinale nella sezione Generation. Attraverso uno stile semplice e diretto, che ha nel pedinamento del protagonista il suo elemento essenziale, il regista riesce a parlarci di solitudine, di bullismo, di maturazione, di amicizia, di nuove consapevolezze legate alla crescita. E il tutto in meno di venti minuti. La scomparsa di un cane e il breve viaggio che ne consegue diventano strumenti per un toccante ritratto giovanile, nel quale si riflettono significati e problematiche indipendenti dalla remota ambientazione del film, che comunque rende il tutto significativamente più struggente. Un esempio lampante di come un’idea chiara alla base della scrittura ed una regia consapevole delle sfumature della storia possano generare un prodotto efficace nella sua semplicità. E il finale è toccante.

IMPERFETTO

(Italia 2025, 23 min) Regia di Francesco Mattuzzi, con Michele Giovannini

Michele Giovannini vive isolato da tutto e da tutti nel bosco della valle del Chiese in un rudere che ha battezzato «la favela», della quale si occupa a modo suo, tra ossessive decorazioni e piccole manutenzioni. Nel suo passato ci sono violenza, drammi familiari e dipendenze di vario genere. La mente di Michele è rimasta ferma agli anni Ottanta, il periodo in cui in qualche modo si ricorda di essere stato felice. Oggi il suo legame col mondo si manifesta attraverso il cellulare, grazie al quale resta in contatto con le poche realtà che cercano di occuparsi di lui, e nel suo disincantato sguardo alle scie lasciate dagli aerei che sorvolano il suo rifugio. Nell’estrema ed incredibile sintesi di un cortometraggio, Francesco Mattuzzi regala con «Imperfetto» una straordinaria storia di emarginazione. La narrazione è ridotta al minimo, la regia non interferisce mai con il suo incredibile protagonista: lo segue, ne documenta slanci, momenti di debolezza, sottili meccanismi di autodifesa psicologica. Con la freschezza della macchina da presa a mano, pochi interventi sulla luce naturale e un incredibile lavoro sul suono, che trasforma in colonna sonora i rumori prelevati dal contesto, Mattuzzi costruisce un’opera potente, che ci pone di fronte ad un essere umano senza filtri, frutto di una vita sfortunata e di relazioni umane malate. Ne esce un quadro di rara efficacia, che non ha paura di risultare repellente, ma che raggiunge il cuore dello spettatore e lo obbliga a fare i conti con gli angoli più oscuri e remoti dell’animo umano.