Terra Madre

domenica 2 Aprile, 2023

Motori termici con la data di scadenza. «Il futuro: elettrico e idrogeno»

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Nei giorni scorsi la ratifica dello stop a partire dal 2035 da parte della commissione europea. Nessuno sconto per il metano

Il metano è stato per anni una delle risposte delle amministrazioni pubbliche alla necessità di aggiornare in maniera più sostenibile il proprio parco macchine nel trasporto pubblico. Da Milano, a Roma e fino a Trento i mezzi alimentati a gas naturale compresso sono sempre di più. A detta degli esperti però le ragioni che hanno portato a questa politica stanno venendo meno, il metano non è più così sostenibile né da un punto di vista ambientale né economico. Per conferme chiedere all’Europa che ha appena approvato lo stop, dal 2035, della vendita dei veicoli con motore a scoppio senza fare eccezioni se non per i cosiddetti E-Fuel, il gas, anche il cosiddetto bio-metano, non ha ricevuto alcun trattamento di favore. Con buona pace di quelle aziende italiane che avevano puntato proprio su questo tipo di carburante.

L’impatto ambientale
Per anni il trasporto a metano è stato presentato come un’alternativa più sostenibile a diesel e benzina. Un’affermazione di per sé vera, ma la differenza, soprattutto in un mondo chiamato a ridurre il più possibile le emissioni da Co2, non è così importante da renderlo effettivamente una fonte energetica green. A dirlo è Massimiliano Bienati, responsabile del programma trasporti di Ecco Think Tank, ente indipendente che si occupa di analisi e ricerca sulla transizione ecologica. «La differenza sulla Co2 tra le auto alimentate a gas naturale e quelle a benzina e diesel è minimo – spiega Massimiliano Bienati – stiamo parlando di un -12% al massimo. Per dire con i mezzi ibridi siamo già a una riduzione del 25-30% che comunque non basta. Bisogna puntare su soluzioni più efficaci come l’idrogeno, se verde, e l’elettrico per ridurre le emissioni in modo drastico». Non è solo un discorso di anidride carbonica, per le città bisogna considerare anche le polveri sottili, un tema pressante a Trento e Rovereto dove quando non c’è vento l’aria ristagna. «Il metano è sempre un combustibile fossile quindi, per quanto meno inquinante del diesel, produce anch’esso pm 2.5 (polveri sottili) e Nox (ossido di azoto), elementi fastidiosi e nocivi e che inficiano sulla qualità dell’aria delle nostre città». Insomma, in città il metano è già ora problematico, che fare allora con i mezzi che sono stati già acquistati? «Una soluzione potrebbe essere quella di usarli per il trasporto extraurbano – conclude Massimiliano Bienati – Lì dove manca un’infrastruttura elettrica e serve più potenza per le strade di montagna, il metano può essere un tampone ancora per qualche anno».

La partita economica
Se si guarda il numero di auto a metano immatricolate negli ultimi anni l’Italia è sempre al primo posto davanti alla Germania. Il margine nei confronti degli altri paesi, compreso quello tedesco, è enorme: nel 2020 in Italia le immatricolazioni sono state circa 31mila, in Germania poco più di 7mila. Un divario significativo, sui cui forse pesano anche gli incentivi all’acquisto che attirano anche compratori dall’estero, ma che racconta del legame tra l’Italia e il metano. «Il nostro paese ha sicuramente sempre avuto un rapporto privilegiato e un interesse particolare verso il metano – spiega Davide Tabarelli presidente di Nomisma Energia – Questo è dovuto ad una serie di fattori: canali storici di approvvigionamento, bassa tassazione e incentivi per l’acquisto che ne hanno spinto la domanda». Un’auto a metano per anni, quindi, ha rappresentato un vantaggio economico non indifferente, permettendo di abbattere i costi dell’acquisto e quelli del pieno, ma non è più così. «Il cataclisma economico cominciato nel 2021 ed esploso nel 2022 con lo scoppio della guerra in Ucraina ha cambiato questo quadro – commenta Davide Tabarelli – Fino alla pandemia il costo del metano era di 10 euro per megawatt/ora, parliamo di un prezzo alla pompa di meno di 90 centesimi al kilo. Durante il picco della crisi si è arrivati fino ai 300 euro per megawatt/ora, 3,5 alla pompa. Adesso i prezzi sono scesi ma rimaniamo su circa 1,5 euro al kilo, insomma la convenienza si è parzialmente ristabilita, ma siamo lontani da quella di un tempo». Se i vantaggi economici del metano fanno passi indietro quelli dell’elettrico avanzano. «C’è uno studio dell’Università Bocconi di Milano – spiega Massimiliano Bienati – che è andato ad analizzare i «total cost ownership» nel trasporto pubblico. In sostanza è stato calcolato il costo economico del ciclo di vita di un autobus e il risultato è che già ora i mezzi elettrici sul lungo periodo sono convenienti. Questo nonostante l’alto costo di entrata tra prezzo del mezzo e i lavori per installare la necessaria infrastruttura elettrica. Già oggi i costi operativi sono comparabili e in prospettiva al 2030 si arriva ad avere una differenza economica positiva per l’elettrico del 30%. Perché si riducono le quote relative a manutenzione e consumi, senza contare che le batterie possono avere una vita anche dopo che l’autobus viene dismesso per sistemi di immagazzinamento energetico per gli immobili».

Il futuro e le scelte di oggi
Il metano, quindi, appartiene al passato nel trasporto pubblico? Luca Iacoboni, responsabile generale per le strategie di decarbonizzazione di Ecco Think Tank è convinto di sì. «Con il metano si riducono di poco le emissioni e non si fa nulla per il contrasto agli altri inquinanti quindi serve altro. Comprare oggi un autobus a gas naturale compresso significare immaginare per esso un ciclo di vita di almeno 15-20 anni e contemporaneamente si decide di non investire su fonti più sostenibili, perché spesso non ci sono le risorse per andare in più direzioni». Imperativo muoversi verso soluzioni più sostenibili, ma quali? «L’idrogeno non è un opzione per il trasporto pubblico o privato, sarebbe inefficiente – commenta Iacoboni – Perché si tratta di una risorsa scarsa, meglio allora concentrarla in quei settori in cui è difficile arrivare con l’energia elettrica, come il trasporto aereo o navale». L’elettrico è la soluzione, ma non basta. «Il paradigma dovrebbe essere elettrificare il più possibile – conclude Iacoboni – Ormai la tecnologia ci permette di immaginare un trasporto che si basa interamente sull’energia elettrica. Poi serve anche un cambio culturale. Nel trasporto privato non si può per esempio pensare di fare un cambio uno a uno tra macchina a benzina e auto elettrica. Dobbiamo proporre un modello di mobilità differente che porti a meno mezzi privati in generale».