Bambini

giovedì 8 Dicembre, 2022

Imparare arte e storia al Buonconsiglio

di

l Castello è il grande protagonista delle attività educative: dentro e fuori le mura si svolgono tantissimi percorsi
Castello del Buonconsiglio

«Educhiamo i bambini e i ragazzi alla comprensione e alla valorizzazione del patrimonio culturale, uno strumento attraverso cui si sviluppano non solo conoscenza storica e storico-artistica, ma anche competenze di tipo trasversale. Così cerchiamo di far crescere nel bambino l’adulto di domani, un cittadino consapevole e responsabile, capace di leggere la realtà da punti di vista differenti esercitando un proprio spirito critico». Francesca Jurman è responsabile dei Servizi educativi del museo del Castello del Buonconsiglio. Impegnata nella promozione dell’educazione «al patrimonio culturale» e «attraverso il patrimonio culturale», è convinta che il museo debba essere un luogo che favorisce la crescita e il benessere della persona. «Il museo – spiega – è per noi lo spazio dove ognuno, a cominciare proprio dai bambini e dai ragazzi, può trovare stimoli e occasioni per costruire saperi e conoscenze, alimentare curiosità e creatività, porsi nuovi interrogativi e formulare ipotesi, cercare risposte, emozionarsi e lasciarsi affascinare, instaurare relazioni, incontrare le diversità, riflettere su se stessi e sulle realtà del passato e del presente per immaginare quelle del futuro».
Attraverso una gamma molto articolata di attività, diversificata per età e tematiche, i Servizi educativi del museo promuovono la conoscenza del patrimonio culturale partendo dal bene culturale. Un’impostazione di metodo, questa, volta a sviluppare una conoscenza attiva sulla base dell’esperienza diretta. «Nel processo di costruzione del sapere – continua Francesca – favoriamo un rapporto diretto tra il bene e il bambino. Nei nostri percorsi cominciamo sempre dal bene, che viene anzitutto osservato e analizzato. I ragazzi vengono stimolati a leggere l’opera e a interpretarla attraverso diverse chiavi di lettura». Tra i beni culturali – dipinti e sculture, reperti, arredi e manufatti di vario tipo, le numerose testimonianze custodite presso le collezioni del museo – c’è ovviamente anche il Castello, il vero protagonista della «cultura materiale» del passato. «Realizziamo le attività dentro il Castello e attorno al Castello, negli spazi interni e all’esterno. All’interno ci concentriamo sui significati delle decorazioni e sulle funzioni dei diversi ambienti, cosa rappresentavano in passato, a quali epoche si riferiscono, quali sono espressione della cultura medievale e quali di quella rinascimentale o di altre epoche. All’esterno puntiamo invece l’attenzione sul contesto paesaggistico nel quale il Castello si colloca, muovendoci sui binari dell’educazione al paesaggio. Usiamo il Castello come strumento di educazione sfruttando al massimo le sue potenzialità per sviluppare nei ragazzi conoscenze e competenze trasversali, che possano essere trasferite e impiegate anche in altri contesti». Lo stesso bene può essere «letto» e «usato» con modalità e obiettivi diversi da pubblici scolastici differenti, per poter rispondere adeguatamente ai propri bisogni formativi. Un esempio rappresentativo è il celebre Ciclo dei Mesi, straordinaria testimonianza della società feudale al tramonto del Medioevo, affrescato sulle pareti di Torre Aquila. «Con i bambini più piccoli, utilizziamo il “Ciclo dei Mesi” per favorire un processo conoscitivo legato al senso della ciclicità e a concetti temporali, come la successione dei mesi e il riconoscimento delle loro caratteristiche attraverso i cambiamenti della natura e delle attività umane. Con i ragazzi più grandi diventa invece lo strumento per conoscere la società feudale e medievale. Con quelli delle superiori è l’occasione per affrontare la conoscenza storica e storico-artistica dello stile Gotico internazionale, di cui l’affresco è uno degli esempi più significativi nella pittura europea. Per tutti costituisce una riflessione sul tema del paesaggio e per comprendere i cambiamenti tra passato e presente», conclude Francesca Jurman.