L'intervista
domenica 21 Aprile, 2024
di Donatello Baldo
È entrato a Palazzo Trentini e se n’è innamorato: «Il palazzo è bellissimo, ora dobbiamo aprirlo a tutti». Claudio Soini, presidente del Consiglio provinciale in carica da poco più di quattro mesi, intende aprire le porte della sede del Parlamento trentino anche simbolicamente: «È la casa dell’autonomia, è la sede di rappresentanza dell’Assemblea legislativa. Dobbiamo farne conoscere le funzioni, perché la nostra specialità è racchiusa qui», dice al forum de il T. Infatti autonomia significa proprio questo, darsi da sé le regole, le leggi: l’autogoverno.
Prima era sindaco di Ala. Con un ruolo diverso da quello attuale. Cos’è cambiato?
«Prima ero sindaco e mi piaceva il mio lavoro tra la gente, tutti i giorni tra la gente per cercare soluzioni, per risolvere piccoli e grandi problemi. Ci ho pensato bene prima di candidarmi, non è stato facile. Le differenze tra i due ruoli? Tante, perché questo nuovo ruolo è più di rappresentanza. Ma non viene meno il mio bisogno di stare tra le persone e sul territorio. Diciamo che si è allargato il perimetro, che ora comprende tutto il Trentino».
Vuole aprire le porte del palazzo, ma lei è sul territorio…
«Il palazzo è bellissimo, sto bene anche nel mio ufficio, ed è necessario che sia lì per molto tempo perché la struttura comprende 70 dipendenti, c’è un lavoro importante da fare. Ma aprire le porte significa anche portare l’istituzione sul territorio, e infatti vado nelle scuole, incontro le associazioni nelle valli. E c’è la volontà di coinvolgere soprattutto i più giovani, anche con progetti dedicati come l’iniziativa “Conosciamo Autonomia Focus”, una tre giorni di approfondimento, studio, ma anche festa, che si terrà il 10, il 13 e 14 maggio nella sede del Consiglio provinciale e al teatro Sociale di Trento».
A cosa serve questa «operazione porte aperte»?
«A far conoscere il Consiglio provinciale. Non la mia persona, ma l’istituzione. C’è chi non sa nemmeno la differenza tra il presidente della Giunta e del Consiglio, e queste cose vanno spiegate. È fondamentale conoscere gli organi dell’autonomia perché se non si conosce non si può difendere».
A questo proposito, c’è in discussione il disegno di legge di modifica costituzionale promosso dalle Speciali e consegnato alla premier Meloni. Contiene l’istituto dell’intesa per «blindare» lo Statuto da possibili future modifiche unilaterali del Parlamento.
«Il dibattito è sempre importante. E noi il 5 febbraio scorso abbiamo iniziato ad affrontarlo all’interno di una seduta apposita del Consiglio. Si è parlato di intesa, strumento essenziale, perché obbliga a un accordo per eventuali future modifiche».
Si è però archiviata la prassi della staffetta, che in Regione assicurava un equilibrio e una condivisione di fatto tra le due Province. Cosa ne pensa?
«Ma non possiamo dire che questo abbia indebolito i rapporti tra Trento e Bolzano. È stata fatta una scelta per garantire equilibrio all’interno della Giunta regionale. Il ruolo del presidente sarà però sempre a turnazione tra i due governatori. E poi vedo che in Consiglio regionale c’è dibattito: se davvero questo ente non interessasse a nessuno il dibattito non ci sarebbe».
C’è che dice che l’ente Regione sia ormai anacronistico.
«Secondo me no, anzi la Regione è da tenere viva perché è il luogo dell’unione e del confronto tra le due parti che costituiscono la nostra specialità autonomistica».
Tornando allo Statuto di autonomia, questa legislatura potrebbe essere in qualche modo «costituente» per un Terzo statuto?
«Ci sono ancora sensibilità diverse tra Trento e Bolzano. Per il resto, ho chiesto al governatore di coinvolgere l’Assemblea sul disegno di legge di modifica costituzionale perché si sta parlando del Trentino, della sua prospettiva. Maggioranza e minoranza rappresentano assieme tutto il territorio, tutti i cittadini, e sul disegno del Trentino di domani è necessario l’apporto di tutte le idee, perché l’autonomia è di tutti».
Non sempre maggioranza e minoranza si sanno confrontare. Spesso si scontrano. Come le sembra il livello di dialettica all’interno del Consiglio che lei presiede?
«Non male. Mi sembra ci sia rispetto reciproco, capacità di ascolto e confronto, e su alcune proposte c’è stata anche unanimità. Non ho nemmeno dovuto mai intervenire per scontri sopra le righe. In alcune occasioni l’ostruzionismo della minoranza ha bloccato il dialogo, che però ho cercato di favorire per quanto posso nel mio ruolo che dev’essere super partes. E devo dire che spesso la politica arriva prima dell’istituzione, con accordi presi prima dei lavori o al loro margine durante le sospensioni. Ed è giusto così, perché spesso il dialogo è più proficuo in contesti informali che non nel dibattito d’Aula».
E com’è il livello di preparazione dei consiglieri?
«Vedo studio e preparazione, emerge dalle interrogazioni che arrivano alla presidenza, sempre molto ricercate e dettagliate. E osservo i consiglieri attivi anche sul territorio, perché il loro lavoro non è solo quello di legislatori ma anche di politici che devono tenere il rapporto con i cittadini».
Si è dato degli obiettivi per il suo mandato da presidente?
«Come dicevo, far conoscere il ruolo del Consiglio provinciale, che è il cuore dell’autonomia. E portare l’istituzione sul territorio, tra le persone».
Senta, continua a dire che vuole andare sul territorio, tra la gente. Serve su un piatto d’argento la polemica: con cosa intende muoversi? Con l’auto blu?
«Una polemica che non ho capito, davvero. E non ho capito cosa non sia stato capito della spiegazione che abbiamo dato».
Spieghi di nuovo, allora.
«Fino al 2020, e non come dice qualcuno fino a dieci anni fa, in dotazione alla presidenza del Consiglio c’era un’auto con un autista. Poi l’autista è andato in pensione e l’auto venduta non più sostituita. Quando sono arrivato io mi sono chiesto come potessi spostarmi sul territorio, che come ho detto ritengo sia l’ambito su cui debba essere presente anche l’istituzione che rappresento. Se vado con la mia macchina sono costretto a chiedere il rimborso. Faccio già 85 chilometri al giorno, perché abito ad Ala, e quelli giustamente non sono rimborsabili».
Che cos’ha deciso allora?
«Di avvalermi della convenzione già in essere per l’uso del parco-auto della Provincia. A costo zero, senza nemmeno l’assunzione di un autista perché è possibile la disponibilità di dipendenti già in forza nell’organico. Ripeto, costo zero. E quindi non si dica che non ho cercato di diminuire la spesa. E non si dica che ho cercato benefici, perché non ne ho mai cercati in vita mia. Ho solo cercato una soluzione intelligente per far risparmiare l’ente e per dare anche dignità al ruolo del presidente, la più alta carica politica che si sposta sul territorio e rappresenta l’intero Trentino, tutti i cittadini. Il ruolo del presidente, sottolineo, non di Claudio Soini».
Il Pd se l’è presa con la vicepresidente Mariachiara Franzoia, colpevole di non aver rispettato l’indicazione del partito di opporsi alla delibera dell’Ufficio di presidenza che dava l’ok per l’individuazione di un dipendente in possesso dei requisiti per fare l’autista. Che ne pensa? Non le sembra una sgrammaticatura istituzionale che un partito dia indicazioni a una carica istituzionale come la sua vice?
«Dico solo che a me chiedono di essere super partes, giustamente. Ma tutto l’Ufficio di presidenza dev’essere super partes».
Questa polemica è figlia dei tanti sprechi della politica del passato, che hanno contribuito a generato l’antipolitica, non crede?
«C’erano i politici che andavano a fare la spesa con l’auto di servizio, cosa che ora nemmeno si potrebbe fare perché c’è un controllo severo, com’è giusto che sia. Poi vediamo che c’è malaffare in politica anche oggi, e le cronache di quanto succede a Bari e a Torino in questi giorni lo dimostrano. La condanna degli sprechi è sacrosanta, ma non si deve mai generalizzare, non si deve scadere nel populismo».
E che cosa pensa del populismo?
«Che fa male. Esagera i temi e crea distanza tra il popolo e la politica. E questo è devastante, perché la politica è l’insieme della società, è la gestione collettiva. Poi ci si lamenta che le persone non vanno a votare, e anche in Trentino siamo a livelli bassissimi di partecipazione al voto. Puntare il dito non contro i fatti da condannare ma contro tutto e tutti è sbagliato ma anche dannoso, estremamente dannoso».
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A proposito di elezioni, perché ha deciso di candidarsi con la lista Fugatti presidente?
«Avrei potuto scegliere un partito nazionale, dalle insegne conosciute. Una nuova lista, creata a pochi mesi dal voto era una scommessa, ma io non avrei mai accettato di candidarmi con un partito nazionale. Io sono un civico e mi sono voluto candidare con una lista civica. Non mi sento un uomo di partito, mi sento un amministratore».
E la scelta di una civica per Fugatti?
«Ho sempre detto che se mai mi fossi candidato lo avrei fatto solo in sostegno a Fugatti. Che secondo me ha fatto bene, pur in una legislatura caratterizzata da continue emergenze. L’ho visto lavorare con i sindaci quand’ero al Consiglio delle autonomie, e ho sempre apprezzato il suo rapporto con i sindaci indipendentemente dal loro colore politico».
La lista del presidente, guidata da Achille Spinelli, ha avuto successo, quattro seggi. Che ne sarà di questa lista in futuro?
«Se ne sta parlando, c’è la volontà di non disperdere i voti. Dobbiamo capire come strutturarci. È chiaro che la nostra collocazione è al centro, ci rivolgiamo al mondo moderato che cerca una casa politica anche al di là del centrodestra e del centrosinistra. Serve un luogo che raccolga queste istanze, e ci sono altre formazioni di questo tipo, come Campobase, La Civica».
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A breve si voterà ad Ala, la sua città, e a Rovereto. Ha seguito la fase della costruzione delle coalizioni?
«A Rovereto ho visto che la coalizione di centrodestra ha trovato la sua unità, rispecchiando quella provinciale. Manca Fratelli d’Italia, non so se all’ultimo decideranno di confluire. Al candidato sindaco Giampiero Lui faccio il mio in bocca al lupo. Ma a dire il vero ho seguito di più la partita di Ala, e sono contento che proseguirà la mia Giunta, che tutta la squadra si ricandidi, allargando il perimetro anche alla Lega che prima era all’opposizione».
È importante che in un Comune ci sia la stessa maggioranza che governa a livello provinciale?
«Diciamo che aiuta il dialogo, ma poi i rapporti istituzionali non devono guardare il colore politico, questo dev’essere chiaro».
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