La rubrica

sabato 11 Ottobre, 2025

Il femminile di Murgia nelle «Tre ciotole», l’America estremista di «Una battaglia dopo l’altra» (con Sean Penn magistrale): cosa vedere al cinema

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Le recensioni di Michele Bellio e due riedizioni speciali in 4k: Fitzcarraldo e Strade perdute

TRE CIOTOLE

(Spagna/Italia 2025, 120 min.) Regia di Isabel Coixet, con Alba Rohrwacher, Elio Germano

Tratta dall’omonimo romanzo di Michela Murgia, la solida coproduzione italo-spagnola, firmata da una regista esperta nel tratteggio di personaggi femminili, si presenta come un onesto prodotto che mira a fondere la prosa diretta della scrittrice con una dimensione più sospesa e poetica. Marta è un’insegnante di educazione fisica, ex atleta di ginnastica ritmica, che da sette anni convive con Antonio, chef e proprietario di un’apprezzata osteria romana. Una sera i due discutono, sembra che il rapporto non funzioni più, soprattutto per Antonio, che infatti lascia Marta e se ne va.

La donna ha un carattere complesso, fatica ad adattarsi alle situazioni che non ama, non si lascia coinvolgere dagli altri. Dopo la rottura si chiude ancora più in se stessa e a poco servono i superficiali tentativi della sorella di risollevarle il morale. Arriva poi una nuova tegola: un disturbo allo stomaco si rivela il sintomo di qualcosa di molto più grave. Il periodo che segue la diagnosi diventa però un’occasione per vivere la vita con un nuovo sguardo e lasciare un segno nell’esistenza degli altri. Ci sono moltissimi temi interessanti in questo credibile ritratto femminile, splendidamente reso dall’interpretazione della protagonista: dall’accettazione della propria condizione, all’idea di affrontare la vita “semplicemente pedalando”, dagli equilibri relazionali, al continuo crearsi e dissolversi dell’amore che lega gli individui, fino alle scelte, anche radicali, che ognuno fa per condurre la propria esistenza.

Recintato da un formato quadrato, che oggi è effettivamente molto trendy, ma che ben si sposa con le immagini in pellicola che danno forma ai ricordi, il film soffre purtroppo di un eccesso di scrittura: troppi i dialoghi con battute ad effetto, troppe le frasi pronunciate per sembrare memorabili (sicuramente molto più efficaci sulla carta), così come si soffre per le mancate occasioni visive che si riducono a sporadici istanti, come nella descrizione della Roma nascosta che piace a Marta, solo brevemente accennata. Va inoltre detto che, in un generale e gradevole equilibrio, non sempre i comprimari reggono il confronto con la recitazione della brava coppia di protagonisti ed alcune situazioni risultano un po’ forzate (le due studentesse), così come certi stacchi di montaggio appaiono poco efficaci.

All’attivo: una verosimiglianza rara nel cinema italiano nella descrizione dei personaggi principali, incluso l’ambiente in cui vivono e lavorano; una bella sensibilità nel tratteggio delle relazioni emotive tra i personaggi; una chiarezza priva di ricatto emotivo nell’illustrazione del percorso clinico; un paio di gradevoli soluzioni visive, principalmente nei nostalgici filmini in super 8, ma anche nel lavoro su vetri e specchi; la simpatica leggerezza del rapporto con la popstar coreana.

 

UNA BATTAGLIA DOPO L’ALTRA

(One Battle After Another, USA 2025, 161 min.) Regia di Paul Thomas Anderson, con Leonardo DiCaprio, Sean Penn, Benicio Del Toro, Chase Infinity

A volte capita di trovarsi di fronte ad un film che richiederebbe molto più spazio per poter essere descritto e che probabilmente sarebbe possibile apprezzare in pieno solo dopo la seconda o terza visione in sala, esperienza che mi sento di consigliare calorosamente, se possibile in lingua originale. Senza cercare di riassumere in poche righe la grandezza dell’ultimo film di Paul Thomas Anderson, il genio che a soli trent’anni firmò «Magnolia» e che ci ha regalato titoli come «Boogie Nights», «Il petroliere» e «Il filo nascosto», proverò a spiegare brevemente ciò che mi ha colpito. Siamo al confine tra USA e Messico, un gruppo di rivoluzionari compie attentati per liberare i migranti dai campi di detenzione. Tra loro c’è Pat (poi Bob Ferguson), specialista di esplosivi, che si innamora ricambiato dell’affascinante Perfidia Beverly Hills, femminista di colore, combattiva, energica e coraggiosa. Da lei è però molto attratto anche il folle capitano Lockjaw, suprematista bianco ossessionato dalla purezza. Perfidia rimane incinta e dà alla luce la piccola Charlene: per Pat ora devono comportarsi come una famiglia, ma Perfidia non riesce a rinunciare alla sua vita di prima e, con un’ultima missione, rovina tutto.

Costretta da Lockjaw a tradire i suoi amici, sparisce poi nel nulla. Sedici anni dopo Charlene, ora Willa Ferguson, vive in incognito con il padre Bob, un rottame succube di alcol e droga. Frequenta il liceo e pratica il karate, cercando di essere una ragazza come le altre. Ma dal passato rispunta Lockjaw, ora diventato colonnello, che intende eliminarli per risolvere una macchia sul suo passato.

Due ipotetiche e diverse figure paterne, specchio di un’America estremista, confusa e divisa, attraversano la trama del film in un duello assurdo e travolgente, che ha il ritmo e l’umorismo di una commedia slapstick o di un cartoon degli anni Cinquanta, ma inserito in uno sconvolgente contesto reale di un mondo fatto di immigrazione illegale, militari corrotti, ridicole società segrete che controllano ogni cosa, spaccio di droga e, soprattutto, voglia di rivoluzione. Senza riferimenti specifici alla contemporaneità (ma in un’epoca affine alla nostra), il film ci mostra un’America sempre più autoritaria, in cui deflagrano in maniera esplosiva nuove e necessarie ribellioni, richiamando inevitabilmente alla mente il Black Lives Matter, ma anche il nostro Comitato di Liberazione Nazionale (citato esplicitamente). In uno schermo gigante (il film è girato in VistaVision e in alcuni cinema del mondo è proiettato su pellicola da 70mm, come avrebbe voluto il regista) Anderson inserisce una quantità di idee sconvolgente, ispirandosi liberamente al romanzo «Vineland» di Thomas Pynchon. Il risultato è un vero bombardamento, difficile da afferrare in un’unica visione: l’ideale è lasciarsi travolgere, ammirando l’incredibile lavoro sulle ambientazioni e i movimenti (tunnel, tetti, strade, deserti, chiese, negozi…) e gustandosi le eccezionali interpretazioni del cast.

Se Del Toro gioca in casa nei panni di un karateka zen, DiCaprio perfeziona la decostruzione del mito che lo ha lanciato, regalando al cinema un protagonista inconsapevole che ha più di un gustoso riferimento cinefilo. A stupire positivamente sono soprattutto i personaggi femminili, ma su tutti trionfa Sean Penn, in un’interpretazione al limite del caricaturale, inquietante e centrata, assolutamente da brividi. L’elenco dei pregi potrebbe continuare, ma sarebbe un torto: invito alla visione anche per godersi, nell’ultima parte, una delle più belle e stupefacenti sequenze di inseguimento della storia del cinema. Basterebbe questo a farne un grandissimo film, probabilmente è anche qualcosa in più.

 

EVENTO SPECIALE – RIEDIZIONE IN 4K

FITZCARRALDO

(Germania 1982, 158 min.) Regia di Werner Herzog, con Klaus Kinski, Claudia Cardinale

In seguito alla consegna del Leone d’Oro alla Carriera al grande cineasta tedesco Werner Herzog, molti suoi capolavori torneranno in sala in una nuova edizione, nello splendore del 4K. A poche settimane di distanza dalla scomparsa di Claudia Cardinale, non potevamo esimerci dal promuovere uno dei titoli più significativi degli anni Ottanta, che fa parte di questa rassegna. Siamo in Sud America, all’inizio del XX secolo. Brian Sweeney Fitzgerald, imprenditore ferroviario e grande appassionato di musica lirica, convince la sua compagna, tenutaria di un bordello, e un industriale del caucciù, a finanziare la sua folle idea di costruire un teatro dell’opera nel cuore della foresta pluviale peruviana.

Allo scopo di raggiungere questo luogo ideale e simbolico, cercherà di aggirare le rapide, obbligando la sua ciurma a trascinare un battello oltre una montagna. Si scontrerà con la sua stessa ambizione. Il film simbolo del sodalizio Kinski-Herzog e della folle ricerca del regista tedesco, impegnato in vere e proprie imprese titaniche per portare a termine opere ambiziose e folli come i suoi protagonisti. Frutto di una lavorazione costosa, lunga e complicata, il film vinse il premio per la miglior regia al Festival de Cannes e rimane nella memoria collettiva per le varie leggende legate alla fase delle riprese, al punto che il dietro le quinte diventò un documentario altrettanto eccezionale («Burden of Dreams» di Les Blank). Straordinario ritratto di un’ossessione, magica fusione tra introspezione e classico cinema d’avventura, un’opera ancora oggi potente, che molto dice sulla capacità del cinema, soprattutto in Herzog, di oltrepassare i confini della realtà umana, utilizzando l’arte come linguaggio universale.

 

EVENTO SPECIALE – RIEDIZIONE IN 4K

 

STRADE PERDUTE
(Lost Highway, USA 1997, 135 min.) Regia di David Lynch, con Bill Pullman, Patricia Arquette

VIETATO AI MINORI DI 14 ANNI

Prosegue la serie dedicata al cinema di David Lynch con uno dei suoi titoli più misteriosi e significativi, vero punto di svolta del cinema di fine millennio e del cosiddetto neo-noir. Straordinario sotto il profilo visivo e soprattutto sotto quello sonoro, «Strade perdute» vive di una narrazione la cui interpretazione è lasciata allo spettatore, in una struttura circolare che ha molti debiti con la psicanalisi, le teorie sulla metempsicosi, alcuni grandi classici della storia del cinema e decine di altri elementi. La storia è piuttosto complessa da riassumere. Fred è un musicista jazz sposato con Renée.

Dopo aver ricevuto inquietanti minacce attraverso alcune videocassette che mostrano riprese della loro casa e dopo l’incontro con un uomo misterioso, Reneè si ritrova in carcere, dove è condannato alla sedia elettrica per l’omicidio della moglie. Qui ha un tracollo nervoso e durante una di queste crisi scompare. Al suo posto il giorno dopo, senza ragione, appare il giovane meccanico Pete, che essendo innocente viene rilasciato. Pete è amico di un gangster la cui compagna è identica a Renée. I due iniziano una relazione e progettano di tradire il gangster e fuggire insieme. Ma molto altro deve ancora succedere. Onirico, disturbante, violento, schietto nel descrivere l’ossessione misogina di un uomo insicuro, «Strade perdute» è un tassello fondamentale nella filmografia del regista e consolida la ricca poetica dell’autore, gettando al contempo le basi per evoluzioni successive come «Mulholland Drive» e «Inland Empire».