Il personaggio

domenica 2 Aprile, 2023

Dopo 41 anni lo storico organista Stefano Rattini lascia la Cattedrale: «Non si è voluto investire»

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L'addio con rammarico: «Chiesa restaurata ma non lo strumento. E la musica non è all'altezza dello splendore del luogo»
Stefano Rattini

«Nella Chiesa latina si abbia in grande onore l’organo a canne, strumento musicale tradizionale, il cui suono è in grado di aggiungere un notevole splendore alle cerimonie della Chiesa, e di elevare potentemente gli animi a Dio e alle cose celesti». Così la Costituzione Sacrosanctum Concilium disposta dal Concilio Vaticano II. Se ne potrebbe dedurre che in ogni tempio del Signore organi e organisti siano curati e vezzeggiati quali indispensabili coprotagonisti della liturgia. E che essere organisti di una importante cattedrale sia un traguardo di cui andare orgogliosi. Ma non a Trento, dove, dopo 41 anni di onorato servizio, l’organista della cattedrale, Stefano Rattini, lascia l’incarico, non per godersi magari una meritata pensione, ma per trasferirsi altrove.

Ma perché Maestro Rattini? Le hanno forse proposto contratti più vantaggiosi?
«No, no, lascio il mio incarico dopo Pasqua, appurato tristemente che non ci sarà alcun adeguamento dell’organo all’importanza del Duomo. I lavori di restauro appena conclusi hanno restituito alla città una architettura di straordinaria bellezza, ma una nota rimane stonata: non si è voluto un organo all’altezza di tanto splendore. Così, è incompleto; il paragone con le altre cattedrali del mondo stride enormemente. Il Duomo di Trento, città del Concilio, è privo di uno strumento degno di far cantare quelle pietre secolari».

Non è proprio una novità: è dagli anni Sessanta quando venne smontato lo strumento collocato sopra il portale maggiore nel 1904, con l’intento di costruirne uno in navata, che in Duomo risuona solo il piccolo strumento «corale» che costituiva una parte di quel grande Vegezzi Bossi del 1904. E dunque cosa è cambiato?
«Un organo invisibile al visitatore, dotato di una potenza di suono appena sufficiente per accompagnare il coro. È uno strumento di limitate dimensioni, uno dei più piccoli della città e della diocesi. La totalità dell’ambiente organistico nazionale è al corrente del problema, a tal punto che la descrizione dello strumento desta immancabilmente l’ilarità tra gli esperti del settore. Non c’è organista parrocchiale, non c’è capo coro, non c’è corista in diocesi che non si stupisca della situazione paradossale in cui versa la nostra cattedrale. Per il passato ci sono state in verità diverse ipotesi per il rifacimento dell’organo ma, questa volta, eravamo convinti che il progetto di restauro avrebbe compreso anche l’organo, magari riutilizzando quelle 2500 canne del vecchio strumento, materiale di grande valore e che giace inutilizzato in deposito».

Ma ci potrebbero essere anche ragionevoli perplessità: forse nel XXI secolo quando si possono ottenere suoni potentissimi con una piccola scatoletta collegata ad un amplificatore, un organo a canne non ha più senso?
«L’organo è lo strumento per cui è stata composto il più vasto repertorio di musica scritta, dal XIV al XXI secolo, espressione dell’identità culturale dell’Occidente. Basterebbe pensare al solo Bach, le cui musiche girano anche nello spazio con il Golden Record, caso mai qualche extraterrestre volesse sapere chi siamo…».

Quindi, secondo lei, è mancata la volontà di chi poteva disporre? Poi è costoso e con tutta la povertà che ci circonda… non è meglio, da parte della Chiesa, spendere quei soldi in opere di bene?
«Come tutte le opere dell’ingegno, anche l’organo ha naturalmente il suo prezzo, in termini di qualità dei materiali, di tempi di esecuzione, di ricerca del dettaglio, di lavoro di intonazione sulle singole canne. È una storia antica, quella dell’opportunità di abbellire il tempio e di spendere del denaro per dare dignità al culto, che sia pure in altro modo, anche San Giovanni ne racconta nel suo Vangelo. È l’episodio della Maddalena, che rompe un vaso di profumo preziosissimo, versandone il contenuto sui piedi di Gesù e suscitando il commento di Giuda: “Perché tanto spreco? Non si poteva vendere il profumo e darne il ricavato ai poveri?”. La risposta del Maestro è significativa: “Lasciala fare: i poveri li avrete sempre con voi, ma non sempre avrete me.” Bisogna essere consapevoli che, senza investimenti nella cultura e nell’arte, in tutto ciò che nutre lo spirito, l’unica conseguenza non potrà che essere — e purtroppo già lo avvertiamo — un imbarbarimento della vita sociale, dei rapporti tra le persone, e un’incapacità di guardare al prossimo e anche al povero».

Lei comunque e con dispiacere di molti e molti che da sempre apprezzano le sue qualità musicali, non ci sarà più… senza scomodare Gesù Cristo va detto che l’onere finanziario non sarebbe a carico della sola Chiesa. Da sempre la costruzione e la cura di un organo avviene grazie alle sottoscrizioni e sovvenzioni degli enti civili e soprattutto grazie all’intervento di privati, dagli sponsor più danarosi alle offerte dei singoli cittadini, il che testimonia un valore che va oltre la porta della chiesa…
«Un organo nuovo rappresenta un formidabile punto di riferimento per la vita di una comunità: attorno ad esso possono nascere tante cose, nella chiesa, nella liturgia, nella comunità civile. Un nuovo organo è stato spesso fonte di aggregazione, di creazione di iniziative educative e sociali, di crescita spirituale di una comunità».