Bambini
martedì 24 Gennaio, 2023
di Maddalena Rosatti
«Prima le donne (e i bambini)». Si procede così in situazioni di pericolo: si cerca di mettere al sicuro prima le donne con i bambini. Si tratta di una pratica abbastanza antica, di tipo cavalleresco, ma che però non rispecchia per nulla la considerazione della donna nel mondo. Quasi dappertutto le donne non vengono assolutamente prima degli uomini, anzi, molto spesso hanno meno possibilità e diversi diritti rispetto agli uomini. Questa cosa si chiama «disparità di genere»: per esempio, in Italia, per le donne è più difficile trovare lavoro rispetto agli uomini e guadagnano di meno anche se hanno le stesse competenze e gli stessi titoli di studio. Inoltre le donne fanno più fatica ad avere ruoli importanti sul lavoro, ma anche in politica. Oppure nello sport: prova a pensare semplicemente quanto sono seguite le nazionali maschili rispetto a quelle femminili! Quindi anche qui in Italia c’è ancora da lavorare per arrivare alla parità tra uomini e donne, ma in altri paesi del mondo la situazione è molto molto più grave. L’Afghanistan, per esempio, è uno dei paesi dove le donne sono meno considerate in assoluto. Proprio qualche settimana fa un nuovo divieto impedisce alle donne afghane di entrare nei parchi pubblici della capitale. Ma questa è solo l’ultima delle decisioni prese dal governo per isolare sempre di più le donne. Pensa infatti che oltre ad essere obbligate a indossare il burqa in occasioni pubbliche (un abito lungo che copre tutto il corpo compresa la testa e il viso), possono andare fuori città solo se accompagnate dal marito o da altri uomini della famiglia; non possono accedere a molti luoghi di lavoro, fare sport e spesso non possono frequentare le scuole e le università. Una cosa che per noi sembra inimmaginabile, no? L’Afghanistan è un paese dove per una donna far valere i propri diritti è quasi impossibile e l’unica possibilità sembra quella di scappare. Nadia Nadim è nata lì ma poi, quando era ancora piccola, è scappata. Nel suo paese non si può giocare a calcio, lei il calcio lo ha scoperto nel campo profughi in Danimarca. Ed è diventata una stella, giocando nella nazionale danese e in altre importanti squadre. È ambasciatrice Onu, parla nove lingue ed è laureata in medicina: «sono esattamente l’immagine di quello che le donne nel mio paese non possono essere». Un bellissimo esempio di un sogno realizzato, ma purtroppo fuori dai propri confini. C’è un altro posto invece dove le donne provano a far sentire la propria voce e in queste settimane stanno protestando e manifestando per le loro libertà. È l’Iran, dove i diritti delle donne sono pochi e dove qualche mese fa una ragazza è stata arrestata e uccisa per non aver indossato bene il velo. Da questo paese, e ancora una volta dal mondo dello sport, arriva un grande atto di coraggio: una squadra di basket femminile del campionato iraniano, per protesta, si è fatta fotografare senza velo. L’allenatrice ha poi scritto queste frasi in un post su Instagram: «Insegna a tua figlia che cose come i ruoli di genere non sono altro che sciocchezze. Insegna che è una persona preziosa e insostituibile. Se ti dicono il contrario non crederci. Dì loro: non nasconderti. Alzati, tieni la testa alta e mostra loro cosa sai fare. Digli che sei potente e capace, che sei una donna libera». E ha concluso poi il post con lo slogan delle proteste «donna, vita, libertà».
Questa foto ha fatto talmente «paura» che le ragazze hanno dovuto pubblicare un altro post dicendo di essere fedeli alla repubblica islamica e hanno dovuto rifare la stessa foto con il velo.
Illary Clinton, una ex politica degli Stati Uniti una volta ha detto: «A ogni bambina dico: sì, puoi essere tutto ciò che vuoi, anche presidente». È vero, in molti stati del mondo si può, anche se la strada per una donna è ancora spesso più difficile. Ma in altre parti del mondo una donna presidente è un’idea a dir poco impensabile!