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sabato 12 Novembre, 2022

Centrosinistra è caccia al candidato presidente, tutti i nomi del possibile leader

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La coalizione, che vorrebbe sfidare Maurizio Fugatti alle prossime provinciali, non ha ancora trovato un nome su cui puntare

Anche i più navigati tra i dirigenti del Partito democratico sono scettici sulla possibilità di trovare in tempi brevi un nome che sia sintesi dell’intera coalizione. «Manca il leader naturale», questa l’ammissione. Che significa che il famoso «metodo Ianeselli» non è uno strumento facile da utilizzare senza Ianeselli. «Il timore è che lui sia stata soltanto un’anomalia. Lui, attivamente, è riuscito a mobilitare attorno a lui le forze politiche che lo hanno poi sostenuto. Lui, pervicacemente, è riuscito a lavorare sia sul tavolo del centrosinistra che su quello autonomista, portando a casa il risultato».
Ianeselli non è tra le opzioni, per una serie di motivi facili da spiegare: «È stato eletto nel 2020, al suo primo mandato, come spiegherebbe alla città la sua intenzione di dimettersi dopo così poco tempo? Certo — ammettono gli stessi dirigenti dem — lui sì che sarebbe il predestinato. Ma difficilmente accetterebbe». Ianeselli terrebbe assieme tutti, da sinistra fino al centro autonomista, «ha già dimostrato di essere stato in grado di farlo»: «Ma non è nelle ipotesi, è da escludere». Anche se, tutto è possibile, e chi gli è vicino confida che uno dei crucci del sindaco di Trento sia proprio questo, che alla fine qualcuno arrivi a fargli la proposta che non vorrebbe sentirsi fare. Una proposta che accarezzerebbe la vanità di chiunque ma che metterebbe in difficoltà il sindaco di Trento. Accetterebbe, forse, ma allo stesso tempo si dovrebbe dichiarare il fallimento di una coalizione che con ogni evidenza avrebbe dimostrato la sua inconsistenza.
Lasciando lo scenario più fantasioso, di candidati in campo ce ne sono altri, anche se nessuno si è mai espresso dichiarando ufficialmente la propria discesa in campo.
C’è Francesco Valduga, sindaco di Rovereto. Anche lui è a metà mandato, ma al secondo, e cambia molto. «Valduga, quello rinchiuso nella sua torre eburnea?», commentano quelli che nel Pd non sono affatto entusiasti di questa ipotesi. «Rimane chiuso nel suo fortino roveretano, quasi aspettasse che qualcuno arrivi da lui in pellegrinaggio e si inginocchi per chiedergli il grande sacrificio». A differenza di Ianeselli, Valduga è meno «interventista» e forse davvero aspetta che siano i partiti a mettersi d’accordo sui temi, che proverbialmente si antepongono a nomi. Ma si scopre che proprio la sua forza politica di riferimento, Campo Base, è tra gli scettici sulla sua candidatura. «Deve decidersi — sussurrano perché la dichiarazione non diventi lesa maestà — non possiamo arrivare come nel 2018 all’ultima settimana per vedere implodere la coalizione. Si deve tessere fin da ora, e non si riesce se ci si rinchiude e se si spegne il telefono».
Nel Pd in Valduga ci credevano, anche se non tutti. Tanti però, indipendentemente da nome, vorrebbero che la selezione delle candidature, la quadratura del cerchio come si dice in questi casi, avvenisse dentro un tavolo di coalizione, escludendo le primarie. Ma se si chiese a un dirigente del Pd chi siano i papabili e chi la spunterà per la candidatura alla presidenza della Provincia, la risposta è la stessa. Il silenzio, le spalle che si alzano e le braccia che si allargano: «Mah. Non saprei, sarà difficile trovare qualcuno».
Nella forza di riferimento di Valduga c’è poi chi pensa al piano B: nientemeno che il presidente del consiglio comunale del capoluogo Paolo Piccoli, democristiano di lunga data tornato alla politica alle ultime amministrative.
Chi si sta muovendo con maggiore sicurezza sono i fan di Matteo Migazzi, attuale presidente di Pensplan, ex collaboratore di Ugo Rossi ma anche di Kompatscher. Migazzi è sostenuto da Azione, a cui potrebbe aggiungersi Italia Viva. Ma questa ipotesi sembra trovare sostenitori anche tra alcuni giovani del Pd, di Europa Verde e addirittura del Patt.
Ultima candidatura ufficiosa, più che altro una suggestione, è la discesa in campo di Luca Oliver, presidente della Acli trentine. Negli scorsi mesi aveva affascinato, in un convengo, gli esponenti di Futura e qualche altra forza di sinistra della coalizione.