L'inchiesta

domenica 4 Dicembre, 2022

Celledizzo, nessuna risposta: la perizia dei Ris non risolve il giallo

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L'ogiva è compromessa: gli esami balistici non fanno chiarezza

A oltre un mese dalla doppia tragedia di Celledizzo, dalla morte di due cacciatori nell’arco di appena ventiquattro ore, il giallo non è ancora stato risolto. L’esito degli accertamenti balistici che la procura ha delegato ai carabinieri del Ris di Parma non ha infatti portato alla svolta sperata. Troppo compromessa l’ogiva, unico reperto messo fin da subito a disposizione degli specialisti del reperto investigazioni scientifiche. E se c’è una qualche corrispondenza con l’arma non è comunque tale da fornire risposte certe. Quelle sulla morte di Massimiliano Lucietti, il cacciatore 24enne ucciso il 31 ottobre nel bosco sopra l’abitato di Celledizzo di Peio (dove abitava). Se l’autopsia ha chiarito che il ragazzo è stato ucciso ad almeno mezzo metro di distanza, con un unico colpo che lo ha raggiunto alla nuca, da dietro, ad oggi non è chiaro chi lo abbia ammazzato.
Quello che era già emerso è che il calibro del proiettile che aveva raggiunto il giovane operaio alle spalle, era lo stesso del fucile di Maurizio Gionta, il 59enne che quella maledetta mattina aveva rinvenuto il corpo senza vita del ragazzo e che il giorno dopo si è tolto la vita. Ma il fatto che si tratti dello stesso calibro e cioè 270 Winchester (quello per la caccia in montagna) al momento rimane solo una mera, dannata, coincidenza. Non c’è infatti alcuna certezza che il colpo mortale sia partito dal fucile di Gionta. L’arma che i carabinieri gli avevano sequestrato la sera di lunedì, dopo averlo sentito a lungo come persona informata sui fatti.
È tutto nero su bianco nella relazione che i militari del Ris hanno fatto avere al pubblico ministero Davide Ognibene, titolare dell’inchiesta aperta per omicidio colposo a carico di ignoti. Gli accertamenti balistici, che si sono rivelati particolarmente complessi, non hanno sciolto i dubbi. Dal confronto al microscopio comparatore è emersa sì una «corrispondenza di microstriature» ma «non sufficienti a suffragare un sicuro giudizio di unica provenienza balistica tra i termini in comparazione». Il proiettile, o meglio l’ogiva (parte del proiettile), trovata sull’addome di Lucietti è risultata infatti molto danneggiata e questo ha reso più difficoltoso il lavoro degli specialisti di Parma. Che sono stati appunto chiamati ad effettuare gli esami balistici ed individuare di conseguenza l’arma che aveva sparato il colpo mortale. A dare quindi risposte scientifiche. Certe. Impossibili però da dare visto «le deformazioni del reperto» (l’ogiva), considerata «la scarsa nitidezza di molte microstriature», che sono paragonabili ad un’impronta digitale, oltre poi alla «deformazione del metallo conseguente all’impatto». Il fatto poi che ci sia un’unica ogiva, che nel laboratorio di Parma vi siano pochi casi pregressi della stessa arma, non aiuta. Ma è anche vero che ci sono un’altra ventina di carabine che sono state nel frattempo acquisite dai carabinieri. Quelle di altrettanti cacciatori della zona, che ora dovranno essere analizzate.
Chi ha sparato al giovane cacciatore — l’autopsia ha chiarito da una distanza di almeno mezzo metro ma potrebbero essere stati anche metri — imbracciava una carabina Winchester con munizioni calibro 270. Quella sì di Gionta che è però un’arma comune tra i cacciatori della zona, della valle. Una ventina circa coloro che ne possiedono una, che risulta registrata ufficialmente. Ed è su di loro che si concentrano ora gli inquirenti: tutti cacciatori che quel lunedì mattina avrebbero potuto trovarsi nella zona boschiva di Celledizzo per una battuta di caccia e che potrebbero aver mirato al povero Lucietti per errore, scambiandolo forse per un animale.
A commentare l’esito dell’indagine tecnica effettuata dagli specialisti del reparto investigazioni scientifiche Parma l’avvocato Giuliano Valer che assiste la famiglia Lucietti. «Alla luce dell’accertamento effettuato dai Ris credo che la prudenza nelle affermazioni debba essere ancora il primo parametro da adottarsi – le parole del legale – Vero è che le vittime di questa vicenda e due croci al cimitero reclamano con un silenzio assordante pietà, giustizia e verità. È ancora presto per puntare il dito verso qualcuno ed ancor più imprudente sarebbe cimentarsi in congetture di fantasia». possibili risposte arrivino dalle ulteriori indagini. «La famiglia Lucietti confida nell’operato degli inquirenti – continua Valer – anche perché ho avuto rassicurazioni che le investigazioni non sono ancora terminate e che vi sono ancora importanti spazi di accertamento». Le attività delegate dalla procura, infatti, proseguono. «Dalla relazione del Ris non emerge alcun tipo di elemento che possa coinvolgere Gionta, non c’è alcuna evidenza, è indispensabile che le indagini proseguano» dichiara dall’altra l’avvocato Andrea de Bertolini, nominato da moglie e figli di Gionta.