La missione
venerdì 13 Settembre, 2024
di Sara Alouani
Alle 12.12 ora italiana di ieri è iniziata la prima passeggiata spaziale della storia realizzata da una missione privata. Le quattro persone a bordo della navetta Crew Dragon di SpaceX, società di Elon Musk, non sono astronauti, bensì privati cittadini disposti a pagare milioni per una gita nello spazio. Roberto Battiston, ex presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana, ci aiuta a inquadrare questa esperienza.
Professore, cos’è questa passeggiata nello spazio, in parole semplici?
«Intanto precisiamo che gli astronauti si muovono per decine di metri nello spazio collegati con ganci e corde di vario genere che li collegano con la stazione spaziale, perché è impossibile percorrere lo spazio se non c’è un meccanismo che permette di tornare al punto di partenza. In questo caso, i partecipanti non usciranno con la corda ma rimarranno all’interno in una gabbia con delle barre che li manterranno nelle immediate vicinanze dell’astronave, perché non sono professionisti».
Per quale motivo una persona è attratta da questo tipo di attività così insolita?
«La sensazione di galleggiare nello spazio deve essere qualcosa di straordinario. Farlo nell’astronave ti dà la sensazione di avere comunque le mura di casa attorno mentre nell’istante in cui uno galleggia nello spazio, senza riferimenti attorno, si crea un senso di spaesamento assoluto. È qualcosa di infinito che ti fa sentire parte del cosmo. Un’esperienza importante, forse la cosa più meravigliosa che si possa fare nello spazio. L’altra è saltellare sulla luna, ma ci dobbiamo ancora arrivare».
È un’attività comunque pericolosissima, lo stesso astronauta Luca Parmitano rischiò di morire «affogato» all’interno della tuta nel 2013…
«Assolutamente sì. La tuta deve funzionare perfettamente, perché il nostro corpo ha bisogno di una pressione e di una temperatura di 37 gradi per vivere. Nello spazio il vuoto è assoluto e la pressione è pari a 0 con temperature che possono passare dal freddissimo al caldissimo. Il ruolo della tuta è centrale: è una piccola astronave che ripara la persona al suo interno e quando le cose non vanno bene ci sono rischi enormi come nel caso di Parmitano che rischiò di soffocare nell’acqua che si liberò per un problema delle pompe. Immaginiamo anche se una tuta venisse bucata da un micro-meteorite: si sgonfierebbe e siccome il nostro corpo non può stare a pressioni troppo basse, si muore».
Quali sono gli effetti di questo viaggio sulla salute, vista anche la pressione a cui l’equipaggio è stato sottoposto?
«Se tutto va bene, come pare stia andando, poche ore passate nella tuta non sono un problema. Gli effetti si vedono quando la permanenza nello spazio si prolunga per settimane o mesi. Si verifica un indebolimento dei muscoli, infragilimento dello scheletro, problemi al sistema vascolare. Questa passeggiata nello spazio durerà qualche giorno, quindi, il problema non sussiste».
Il senso di questa missione sono i soldi. È un’attività che crea un nuovo potenziale mercato per miliardari disposti a pagare fior di quattrini per toccare lo spazio.
«Certo, come chi va sull’Everest. Esistono delle sfide estreme che sono diventate di massa e alla portata di molti, anche di persone che non sono esperte ma che hanno la possibilità di pagarsi quel tipo esperienza. È una commercializzazione dello spazio ma non c’è nulla di strano. Quante volte paghiamo per ricevere dei servizi? Colpisce per le cifre».
Anche per la pericolosità…
«Esistono moltissime attività molto pericolose. Penso al volo con la tuta alare, che causa molti più incidenti dello spazio e ce ne accorgiamo dalla cronaca. Per fortuna, il tasso di incidenti gravi tra gli astronauti è bassissimo proprio perché essendo un’attività molto pericolosa, il livello di controlli che vengono effettuati e la qualità degli strumenti è il massimo. Poi c’è il disastro dello Space Shuttle Challenger dove sono morti sette astronauti a fronte, però, di migliaia di esperti partiti per lo spazio e rientrati sani e salvi. Il rischio appare grande ma è un’attività molto controllata e protetta».
È positivo rispetto a questa passeggiata spaziale? Potrebbe aprire lo spazio a tutti, un giorno?
«Io sono d’accordo con Musk quando dice che siamo una specie interplanetaria. Finora non lo siamo stati ma perché un domani non possiamo esserlo? Abbiamo scoperto interi continenti ed esplorato mari e monti, perché dovremmo fermarci alla fine dell’atmosfera? È una sfida più complessa, certo, ma ammetto che Musk ha fatto grandi progressi in termini di costo ed affidabilità. I suoi razzi sono garanzia di grande qualità ed ha abbassato i costi permettendo di fare un’esperienza sullo spazio anche a persone comuni. In questo senso, ha aperto uno nuovo scenario in cui lo spazio è diventato più vicino a noi. Con questa passeggiata ha fornito la possibilità a non professionisti di accedere allo spazio con la possibilità, magari, un giorno di allargare la clientela. D’altronde, anche il primo volo aereo era accessibile a pochi, ora è normalità».
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