L'intervista
sabato 5 Novembre, 2022
di Simone Casalini
L’astensione sul governo Meloni, il ruolo residuale della Regione, le divisioni su Mediocredito, l’aggiornamento dello Statuto di Autonomia, le condizioni per il terzo mandato. I fascicoli sul tavolo di Arno Kompatscher, presidente della Provincia autonoma di Bolzano, sono numerosi, delicati e accomunati da un elemento: la mediazione. Come sulla Regione dove il Landeshauptmann non sventola la bandiera della cancellazione, ma quella della diminutio: «Il tema della doppia competenza legislativa, della Regione e delle Province, è superato. Provo imbarazzo per lo spettacolo che a volte offre il consiglio regionale». Come sul nuovo esecutivo traslato a destra con l’ex componente missina a dominare: «Nessuno di noi dimentica da dove proviene Fratelli d’Italia. Non condividiamo la linea centralista, nazionalista e anti-europea. Quindi il voto contro della Svp era chiaro. Tuttavia, l’apertura sull’Autonomia e il ruolo dell’Austria ci ha convinto ad astenerci. Che non è un sì, sia chiaro».
Però la vostra astensione, presidente, è sembrata equivoca…
«Siamo europeisti e combattiamo il sovranismo. Sul tema essenziale dell’Autonomia è arrivato, però, un segnale importante che riconosce Vienna e lascia intravedere la possibilità di ampliare i margini legislativi sulle nostre competenze che sono stati compressi dagli interventi della Corte costituzionale».
È la priorità di legislatura?
«Direi di sì. Con le sue sentenze la Consulta ha individuato le cosiddette “competenze trasversali” che hanno limitato il nostro esercizio legislativo sulle materie che lo Statuto ci attribuisce. Dobbiamo superare quelle pronunce con un intervento legislativo. Il ministro Calderoli è sul pezzo come si suol dire. Si è detto disponibile a lavorare ad un’ipotesi di testo da discutere poi insieme».
Un passo indietro. Qual è il suo giudizio su Giorgia Meloni, prima presidente del consiglio donna?
«È un fatto positivo e condivido per una volta l’analisi di Matteo Renzi: attaccarla perché è donna è masochismo. Il presidente, come vuole essere chiamata, si è dimostrata abile, usando toni moderati e responsabili. Ho apprezzato la posizione sulla guerra in Ucraina, atlantista e anti-Putin. Dopodiché sul piano culturale aver istituito il ministero della famiglia e della natalità fa avanzare un quesito: è questa la funzione della donna nella società? E anche sui diritti civili ci sono timori per orientamenti reazionari e un ritorno a vecchie logiche anti-liberali».
Nella composizione del governo ha osato poco, un pezzo di nomenclatura è stata riproposta.
«Dipende dalla classe dirigente, meglio una vecchia gloria che l’ultimo arrivato perché il ruolo di ministro è complicato. Sulle linee di indirizzo ho trovato carente la parte sulla transizione ecologica, c’è poca chiarezza nelle parole del governo».
Sul grande tema della riforma dello Stato, Fratelli d’Italia e Lega sono culturalmente divergenti. Teme la prevalenza delle tesi centraliste o presidenzialiste?
«Il presidenzialismo non esclude un approccio federale. Dipende da quale modello si prende a riferimento. Noi siamo federalisti per definizione, la nostra Autonomia ha una funzione specifica. E siamo favorevoli anche al concetto di autonomia differenziata che sta avanzando per Veneto, Lombardia e Emilia Romagna. L’Autonomia ha due declinazioni: responsabilità e solidarietà. Lo dimostriamo nei servizi che garantiamo ai nostri cittadini, siamo contribuenti netti del sistema Paese. L’approccio di Fratelli d’Italia non è mai stato troppo conciliante, vedremo».
In questa legislatura provinciale i rapporti tra Trento e Bolzano, tra Svp e Lega, tra lei e Fugatti, sono sembrati votati al pragmatismo con difficoltà di costruire visioni comuni. Che voto darebbe a questo rapporto?
«Il giudizio è positivo, abbiamo avuto la necessità di conoscerci. Ora c’è un rapporto di fiducia che ci permette di evitare il panico quando veniamo descritti in sistematica opposizione. A volte possono esserci strategie divergenti perché sono diversi gli interessi dei due territori. Accadeva anche con la presidenza di Ugo Rossi. Quindi darei un 7, ma si può migliorare».
Mediocredito è una partita che vi sta oggettivamente dividendo. La Provincia di Trento voleva acquisire le vostre azioni per fare una banca corporate, ora la governance è altoatesina – anche se la presidenza è trentina con Stefano Mengoni – con un interesse forte di Raiffeisen.
«Per uscirne è importante cercare di comprendere le ragioni e gli obiettivi di tutti i soci. Trento vorrebbe una banca locale e radicata sul territorio, in Alto Adige fortunatamente ne abbiamo tre (Raiffeisen, Sparkasse e Volksbank, ndr). I soci altoatesini di Mediocredito sono la maggioranza e desiderano un progetto in cui valga la pena investire in termini economici e finanziari. La Provincia autonoma di Bolzano vuole che funzioni bene sia il il credito bolzanino che quello trentino. Su questo quadro va trovato un compromesso tra Trento e Bolzano. Non credo che investitori da fuori regione possano portare al risultato auspicato dal Trentino. Il gruppo Raiffeisen ha dimostrato di saper effettuare un determinato lavoro ed è un valore aggiunto. Se si volessero aggiungere soggetti trentini siamo aperti. Non accettiamo aut aut. Quindi ragioniamo sugli obiettivi senza escludere nulla».
Presidente, non è ora di aprire una nuova fase dell’Autonomia, quella di un Terzo Statuto? Lo stesso concetto di minoranze è stato stravolto dall’esperienza degli ultimi decenni.
«Mai usare la parola Terzo Statuto. Siamo contrari a lasciare la Carta del 1972 perché lì sono iscritte tutte le tutele internazionali. E se lo sostituiamo rischiamo di perderle. Discutiamo piuttosto di un intervento chirurgico sul Secondo, aggiungiamo nuove competenze se possibile. Quanto alle minoranze, credo che l’essere uniti nella diversità sia un principio guida che risponde anche alle esigenze contemporanee».
Qualcuno teme che una parte della Svp possa negoziare con la destra lo sdoppiamento dello Statuto in cambio di un’alleanza politica.
«Non ci sono esponenti che sostengono questa tesi. L’unicità dello Statuto è la vera garanzia per il Trentino. A prescindere dal ruolo della Regione…così anticipo la sua domanda» (ride)
Un argomento storico di dibattito e di differenti visioni. La vuole abolire?
«Dobbiamo essere onesti: la doppia competenza legislativa – Regione e Province – non ha più senso. Quando il consiglio regionale si riunisce speriamo sempre che nessuno lo guardi. È un teatrino superato. Per rispondere al quesito: la Regione può sopravvivere, la competenza legislativa no. È un doppio binario inutile. Va invece rafforzata la collaborazione tra i due territori per promuovere l’Autonomia verso l’Euregio, lo Stato e l’Unione europea. Sono questi gli scenari più attuali».
Come immagina di rafforzare la collaborazione se si depotenzia la Regione?
«Con una più stretta relazione tra le due giunte provinciali, convocando magari in seduta congiunta i due consigli un paio di volte l’anno per decidere le macro-strategie che legano Trentino e Alto Adige. L’ordinamento dei Comuni è una materia regionale, giusto? Che senso ha continuare a produrre leggi in cui nella prima parte si disciplina l’assetto dei municipi trentini e nella seconda parte quello degli altoatesini. La Regione è anacronistica, meglio che legiferino i due consigli provinciali».
L’Euregio è un’esperienza politico-istituzionale che può essere significativa, lo si è visto nella gestione dell’emergenza umanitaria dei profughi al Brennero. Ma non ha radicamento popolare e sociale, non ha costruito una narrazione comune.
«La riforma dello Statuto dell’Euregio che abbiamo approvato lo scorso anno ha questo scopo. Abbiamo introdotto il consiglio dei sindaci e quello dei cittadini. E intendiamo coinvolgerli sempre di più. Poi dobbiamo promuovere iniziative concrete che entrino nella quotidianità delle persone: il ticket unitario per il trasporto pubblico in Tirolo, Alto Adige e Trentino è riservato agli studenti. Va esteso a tutti. I curriculum universitari di Innsbruck, Bolzano e Trento vanno connessi. Il confine è spesso nelle nostre teste».
L’autostrada del Brennero è uno dei delicati asset comuni. Se a Rovereto sfociasse la Valdastico?
«Capisco le ragioni del Trentino, ma la nostra posizione di contrarietà non cambia perché accrescerebbe il traffico».
Nell’autunno del 2023 si vota. Lei non ha sciolto le riserve sul terzo mandato anche perché una parte della Svp cerca di sbarrarle la strada. Vuole dire una parola definitiva?
«La pronuncerò non appena saranno chiari i presupposti. Ho chiesto all’Obmann Achammer di organizzare un convegno sui contenuti: dalla digitalizzazione alla transizione ecologica, dalla scuola alle infrastrutture. Vorrei che tutti avessero la consapevolezza che è necessario cambiare radicalmente per continuare a mantenere successo e consenso. Poi è indispensabile affrontare il tema delle regole interne al partito, del rispetto reciproco».
La Svp è divisa e anche in relazione con molti poteri e interessi.
«Questo è un altro argomento chiave, il partito deve essere più autonomo dai gruppi di interesse. Nel territorio ce ne sono molti che legittimamente portano avanti le loro istanze. C’è la questione del rapporto con il gruppo editoriale Athesia. Ma il partito deve essere indipendente e non lasciarsi condizionare dai poteri esterni».