il ricordo
sabato 8 Aprile, 2023
Andrea Papi, il dolore della sorella Laura: «Ha lottato per noi, sognava di aprire una palestra»
di Benedetta Centin
Il runner amava lo sport. Per lui era una terapia. Sulla ricostruzione dell'accaduto: «Mio fratello ha tentato di difendersi dall’orso, ci ha provato almeno, lo ha fatto per la sua ragazza e per noi»

Andrea Papi era l’amico e il fratello con un sorriso e una parola per tutti, quello che appianava i dissidi e faceva squadra, il ragazzo forgiato e fortificato dallo sport, che stava facendo dei progetti di vita. «Ma ora tutto questo è svanito: lui, la bellissima e dolcissima persona che era, e i suoi sogni ai quali stava lavorando» sospira la sorella Laura, che non riesce a darsi pace.
Quali erano i piani di Andrea per il futuro?
«Stava lavorando come un pazzo e cercava di risparmiare, di mettere via i soldi per riuscire ad aprirsi una palestra tutta sua, assieme alla compagna che è fisioterapista, con la quale doveva andare a convivere in autunno. La palestra era il suo grande sogno. Voleva dare l’occasione ai ragazzi di sfogarsi con lo sport invece che farlo a casa o altrove litigando, così come era stato per lui».
Lo sport quindi quasi come una terapia?
«Sì, lo sport è stata la salvezza di Andrea da adolescente, iniziando dalla box, proseguendo con la corsa: l’ha fatto crescere e forgiato fino a diventare un uomo. Appena poteva, prima di pranzo e a fine lavoro, faceva sempre attività, in palestra o all’aperto. Era il suo modo di sfogarsi e rilassarsi. Ed era normale andasse a correre da solo».
Anche in quella zona? Fino a malga Grun?
«Sì, quella malga è un punto di riferimento per i giovani di Caldes, è la nostra malga, un luogo in cui trascorrere anche l’ultimo dell’anno, ma lo è anche degli anziani, per farci merenda. Andrea amava andare in quei posti e non ha mai accennato al rischio di poter incontrare un orso, era tranquillo».
Cosa è accaduto secondo lei mercoledì pomeriggio? Andrea potrebbe aver reagito?
«Ne sono sicura, mio fratello deve aver tentato di difendersi, ci ha provato almeno, per la sua ragazza e per noi, per la sua famiglia. In quelle circostanze è così: o ti blocchi o reagisci, e Andrea ha reagito».
Siete stati sul luogo dell’aggressione?
«No, vorrei ma non ce lo hanno ancora permesso, di certo poteva succedere a chiunque. Il bosco è la continuazione del paese, è a pochi minuti. Gli animalisti sono convinti che ci andiamo di proposito ma quando vogliamo farci un giro è appunto lì che andiamo».
Per voi famiglia il dolore è tanto ma non c’è solo quello..
«Sì, io sono arrabbiata e non lo nascondo. Ci sono delle colpe per quanto successo a mio fratello».
E a chi le attribuisce?
«A chi ha inserito il progetto Life Ursus e non lo saputo gestire, lasciando andare tutto così, facendo riprodurre gli orsi, tra l’altro non tutti monitorati con radiocollare, senza invece considerare che qui in queste valli ci viviamo. E anche se capita che di trenta mucche portate in malga ne rimangano cinque per noi è un problema. Ora è capitato con una vita umana, mio fratello».
Che rapporto aveva con Andrea?
«Un rapporto bellissimo, basta dire che quest’estate, quando ho completato un percorso di due ore fino al rifugio, mi ha abbracciato e applaudito, fiero di me. Lui era così, bellissimo. Quello da aspettare al bar perché parlava con tutti, quello che trovava sempre la giusta misura tra due litiganti, quello che, da presidente del gruppo giovani, faceva squadra».
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