Il dibattito
domenica 14 Settembre, 2025
Il proporzionale ai raggi X, le differenze nei risultati storici. Nel 2018 il proporzionale salvò gli equilibri
di Donatello Baldo
Raffronto sulle ultime tre elezioni, in un caso su tre a rischio la governabilità

Rileggendo i dati delle ultime tre elezioni con la lente di un’ipotetica legge elettorale proporzionale, a prima vista cambia poco. Due volte su tre, la maggioranza sarebbe stata garantita in tutti i casi. Ma nel 2018, se non ci fosse stato il premio di maggioranza, la Provincia sarebbe stata ingovernabile. Né il centrodestra né il centrosinistra avrebbero raggiunto i fatidici 18 seggi. Il confronto, è bene dirlo, va preso con le pinze perché i partiti, nel caso di un sistema che premia le coalizioni, tendono a raggrupparsi: se il sistema fosse stato davvero proporzionale puro, si sarebbero mossi diversamente. Altra cosa, in questa simulazione è stata posta una soglia di sbarramento al 3%, quella che però sembrano ipotizzare in questi giorni coloro che nella maggioranza stanno pensando di rispolverare la vecchia legge elettorale.
Il dibattito in corso
In questi ultimi mesi, si sa, si è aperto il dibattito sulla modifica del sistema elettorale. Il presidente della Provincia Maurizio Fugatti, con il sistema attuale che prevede l’elezione diretta del governatore, è al suo secondo mandato. L’ultimo previsto. La legge che ne aggiunge un terzo è ora al vaglio della Corte costituzionale, ed è altamente probabile che non passi. Il Patt, da sempre proporzionalista, vorrebbe cogliere la palla al balzo: propone infatti di tornare al proporzionale con elezione indiretta del presidente della giunta, decisa dagli eletti in Consiglio provinciale. Fugatti, così, si potrebbe candidare, ovviando al limite dei due mandati. Il Patt, dicevamo, è da sempre proporzionalista, e sostiene che questo sistema sia maggiormente rappresentativo dei territori, e che l’elezione indiretta dia più spazio alla politica, anche a quella blockfrei tipica degli autonomisti, che vorrebbero poter decidere chi appoggiare ex post, e non prima del voto.
Maggioranze schiaccianti
In due casi su tre, nell’ultima elezione del 2023 e in quella del 2013, le maggioranze ci sarebbero state sia con il premio di maggioranza, quindi con il sistema attuale, che con un proporzionale puro. L’ultima elezione che ha eletto Fugatti governatore vedeva come sfidante di centrosinistra Francesco Valduga, oltre a Filippo Degasperi di Onda e altri candidati di formazioni minori, che comunque non hanno raggiunto il 3%. Fugatti vince alla grande, la sua coalizione si aggiudica 21 seggi su 35. Anche con il proporzionale senza premio di maggioranza avrebbe avuto la maggioranza: 22 seggi. Ma questo sistema avrebbe modificato un po’ la composizione del Consiglio: Onda sarebbe stata esclusa, Casa Autonomia avrebbe avuto un seggio in più, come la Lista Fugatti, e uno in meno Campobase.
Maggioranza schiacciante anche nel 2013, quando vince Ugo Rossi. Contro di lui correvano molti candidati presidente, in un centrodestra balcanizzato: Diego Mosna con alcuni partiti territoriali da una parte, Maurizio Fugatti a capo della Lega dall’altra, e poi Giacomo Bezzi per Forza Italia, Cristiano De Eccher per Fratelli d’Italia.
Il centrosinistra era più unito: Pd, Patt e Upt, e fuori dalla coalizione solo Rifondazione comunista e Sinistra Ecologia e Libertà. E c’erano i 5 Stelle, sempre con Degasperi. In Consiglio, la maggioranza di Rossi raggiunse i 23 seggi, alla minoranza ne rimasero solo 12. Con il sistema proporzionale puro la maggioranza sarebbe stata comunque garantita, anche se con un seggio in meno: l’Upt ne avrebbe ceduto uno a Forza Italia.
2018 ingovernabile
Tutto cambia nel 2018. Forse l’eccezione che conferma la regola, quella che un proporzionale puro aumenta il rischio di ingovernabilità. Con questo sistema, infatti, nessuno avrebbe avuto la maggioranza. Non Fugatti, che con Lega, Civica Trentina, Progetto Trentino e Lista Fassa si sarebbe fermato a 17 seggi, quando il quorum per governare è 18. Ma non sarebbe andato da nessuna parte nemmeno il Pd, alleato soltanto con Futura e Upt: 10 seggi. Il Patt, che correva da solo dopo lo strappo con il centrosinistra per la mancata ricandidatura di Rossi, avrebbe ottenuto 5 seggi, che se anche avesse fatto pace con il centrosinistra non avrebbe garantito la governabilità. Tre seggi, poi, sarebbero andati ai 5 Stelle, e a quel tempo il campo largo non era nell’agenda della politica. Avrebbe fatto la differenza un’alleanza ex post tra centrodestra e autonomisti, cosa impensabile e impraticabile allora. In questo scenario, l’unica via sarebbe stato lo scioglimento del Consiglio provinciale. Quelle elezioni, con il sistema vigente, le vinse però Fugatti anche se conquistò soltanto il 46,73% dei voti. Grazie al premio di maggioranza che lo portò a 21 seggi, portando in Consiglio 2 esponenti di Civica Trentina e uno a testa per Agire, Autonomisti popolari, Progetto Trentino e Forza Italia.