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martedì 13 Maggio, 2025

L’arte della capoeira e il corpo ribelle di donne e di popoli. Cordeiro: «È una lotta che decostruisce le piaghe sociali»

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Dal Brasile a Trento, giovedì 15 maggio l’incontro (alla Bookique) con l'insegnante brasiliana Mestra Bel: «Con il lavoro femminista in rete superate molte discriminazioni»

«La capoeira è uno stile di vita, un modo di essere, la capoeira è cultura» ma è anche una lotta metaforica utilizzata come lente e spazio simbolico per analizzare il ruolo della donna nello sport e nella società contemporanea. Sono questi i macrotemi che verranno sviscerati giovedì 15 maggio da Izabel Vristina de Araùjo Cordeiro, o più semplicemente, Maestra Bel, durante l’incontro alla Bookique che avrà inizio alle 19 (introdurrà la serata Sabrina Camin, presidente di Uisp Trento). Divulgatrice brasiliana, insegnante presso il Centro de Capoeira São Salomão in Brasile e fondatrice del Collettivo Rosa Choque, Cordeiro da anni ricopre il massimo ruolo di Maestra nella capoeira, ruolo generalmente svolto da uomini, ed è proprio partendo da questa sua esperienza che prederà forma la riflessione di giovedì dal titolo «Entre a vitrine e a vidraça». Una metafora che tradotta dal brasiliano significa «tra la finestra e il vetro» dove la vetrina è lo spazio in cui «si espongono eroi ed eroine, i marchi e i record – spiega Cordeiro – ma dietro questa vetrina ci sono vetri che nascondono le “piaghe sociali” che devono essere svelate, decostruite e superate».

La capoeira come arte e riscatto
Partendo dall’etimologia della parola, capoeira in brasiliano deriva dal vocabolo tupi-guarani (caa-puera), che letteralmente significa ‘luogo dove c’era la foresta’. Infatti, spiega Cordeiro «erano proprio questi spazi, le “capoeiras”, quelli attraverso cui le persone schiavizzate fuggivano, venendo così associati a essa». La capoeira fin dal principio racchiude in sé «un’espressione culturale nata dal processo di lotta per la libertà dei popoli africani in Brasile» che si sviluppa, grazie all’accompagnamento musicale di strumenti a percussione e alla ritualizzazione nella roda (cerchio ndr) e che diventa linguaggio per una comunità tanto ricco, complesso e sfaccettato da diventare Patrimonio Culturale dell’Umanità. Oggi questa pratica è diffusa in 160 Paesi nel mondo.

Donne e sport
In un mondo governato dal patriarcato, lo sport diventa lo specchio di una società dove «le donne affrontano limitazioni e forme di violenza» e dove difficilmente riescono a raggiungere posizioni apicali, venendo relegate alla rappresentazione di sport meno fisici, più delicati e adatti al «gentil sesso» marcando così una netta linea divisoria tra sport maschili e sport femminili. E così è anche nella capoeira, attività storicamente dominata da figure maschili e dove ancora oggi «esistono molte forme di discriminazione verso le donne, soprattutto quando occupano posizioni di potere, come condurre una roda o insegnare» spiega Cordeiro che nel 2009 ha fondato il Collettivo Rosa Choque, un ensemble tutto al femminile che si incontra non solo per fare capoeira ma anche per organizzare discussioni, eventi e sostenere l’attività delle donne. In questo senso, la rete femminista «ha contribuito a superare molte di queste discriminazioni – specifica Cordeiro -. Le donne hanno lavorato, e continuano a farlo, per riconoscere e valorizzare reciprocamente le une le altre». Sul tema della capoeira come trasformazione sociale e strumento di emancipazione si esprime anche Francesca Ianes (Xica il suo apelido), insegnante presso il Centro de Capoeira São Salomão che organizza corsi a Trento e Rovereto. «Nella capoeira, – spiega – le donne hanno dovuto (e devono ancora) conquistarsi visibilità, riconoscimento e voce. Ma, se vissuta con consapevolezza, può diventare uno strumento di emancipazione: un corpo che si muove libero, forte, creativo e rispettato è già un atto politico».

La capoeira in Trentino dal 2000
«Per la sua versatilità, la capoeira è una delle poche attività adatte a tutte le età, anche in età avanzata» esordisce Ianes, che da anni insegna in una delle tre realtà trentine che insegnano questa attività. «Ognuno può trovare il proprio modo di esprimersi, secondo le proprie caratteristiche fisiche e personali» ed ecco che la scuola di Capoeira Sao Salomao, fondata a Trento nel 2004, propone percorsi educativi, artistici e sportivi pensati per giovani dai 5 ai 17 anni. Nel ventaglio di attività proposte, «utilizziamo la capoeira come strumento per sviluppare le capacità motorie, l’espressione corporea, la musicalità e la consapevolezza di sé, in un ambiente accogliente, rispettoso e inclusivo» specifica Ianes ricordando che la capoeira «è un’arte che unisce gioco, lotta, danza, musica e cultura afro-brasiliana, offrendo uno spazio dove ognuno e ognuna può esprimersi liberamente, rafforzare l’autostima e imparare il valore del rispetto reciproco».

La capoeira nel mondo occidentale
Un’arte che racconta la storia, la cultura di un popolo rischia di essere trattata come uno sport qualsiasi da chi non l’ha vissuta in casa o ereditata? La risposta è sì, ma Ianes, che ha «adottato» la capoeira da oltre vent’anni, facendone uno stile di vita, specifica che non va intesa «come uno sport, nel senso occidentale e competitivo del termine». Nella capoeira, infatti «non vince chi è più forte, ma chi sa leggere l’altro, chi costruisce un’armonia condivisa anche nella tensione del movimento».
Per questo motivo, «chi la vive da dentro, (anche in Italia, anche se lontano dalla sua origine geografica) – conclude Ianes – ha la responsabilità e si sente responsabile di trasmettere il senso profondo che la abita».