cronaca

martedì 6 Giugno, 2023

Vendono hashish a un poliziotto al parco di Melta: tutti assolti, il fumo era «finto»

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La sostanza stupefacente però conteneva appena lo 0,1% di principio attivo. L’hanno fatta franca

«Vuoi del fumo buono?». Non si erano resi conto che, quell’offerta, la stavano facendo al «cliente» sbagliato. Per la precisione, a un agente in borghese, in servizio proprio per il contrasto di reati legati alla droga. E così sono finiti nei guai tre cittadini pakistani (di 27, 29 e 38 anni), con l’accusa, ovviamente, di spaccio. Un caso che è finito fin in tribunale, a tre anni dal fatto commesso, davanti al giudice monocratico Marta Schiavo. Ma, proprio ieri, l’esito imprevisto: tutti assolti, e non tanto perché il fatto di per sé non sia avvenuto, ma perché nel «pezzo» venduto per hashish non c’era sufficiente principio attivo da considerarlo uno «stupefacente». Appena lo 0,1% di Thc, ossia molto meno di quello venduto nei negozi che commerciano «canapa legale», che può arrivare fino allo 0,5%.
In altre parole, li ha salvati una «truffa», non si sa quanto consapevole: l’ipotetica hashish, infatti, era tagliata in modo tale che della sostanza originale (che, a questo punto, potrebbe essere stata comprata anche in un negozio autorizzato) non ne rimanesse nessuna traccia. Ma sempre se di truffa si tratta, il reato potrebbe essere perseguito con querela di parte. È successo più di una volta, e per il querelante non è finita bene, dato il rischio di essere segnalato come assuntore. Così, i tre, assistiti dagli avvocati Elisabetta Pisani, Alessandro Meregalli e Piercarlo Magni, sono stati rimessi in libertà. L’episodio risale all’ottobre del 2020, ed è avvenuto nel parco Melta di Gardolo (nella foto), una delle aree cittadine particolarmente tenute sotto controllo, proprio per gli episodi legati allo spaccia. I tre erano abituali frequentatori della zona, benché solo uno di loro risieda a Trento. In quell’occasione erano stati sequestrati otto grammi della «sostanza» e circa 185 euro in contante. Prima di vendere all’agente in borghese (che non poteva sapere prima delle analisi di laboratorio, di che tipo di sostanza si trattasse), il trio era riuscito a «piazzare» la finta hashish a dei clienti paganti.