la guida al cinema
mercoledì 14 Maggio, 2025
The Legend of Ochi, Thunderbolts, Vermiglio e Cuore Selvaggio: quattro film da non perdere (recensiti da Michele Bellio)
di Michele Bellio
La nostra rubrica settimanale «Lanterna magica» tra pellicole sul grande schermo e da recuperare sulle piattaforme digitali

THE LEGEND OF OCHI
(USA 2025, 96 min.) Regia di Isaiah Saxon, con Helena Zengel, Willem Dafoe, Emily Watson, Finn Wolfhard
Su un’immaginaria isola del Mar Nero il tempo sembra essersi fermato. Solo di recente si sono affacciati i primi segni di tecnologia, rappresentati perlopiù da vecchie automobili. Il luogo vive ancora immerso in arcane leggende e in un rapporto complesso con la natura. Nei boschi abitano misteriose creature, gli Ochi: esseri dalla pelliccia bluastra che comunicano tra loro tramite una sinfonia canora capace di veicolare anche le emozioni. Il rapporto tra gli abitanti e gli Ochi è tutt’altro che pacifico. Maxim (Willem Dafoe) guida una squadra di cacciatori — attiva solo di notte, durante il coprifuoco — composta perlopiù da ragazzini affidati dai genitori, allevatori esasperati per le incursioni contro il bestiame. Sua figlia Yuri (Helena Zengel) vive con lui e con il fratellastro Dasha (Finn Wolfhard), trasformato dal padre in un provetto cacciatore: il figlio maschio che avrebbe sempre voluto. La madre è scomparsa quando Yuri aveva quattro anni, sempre a causa degli Ochi, e da allora il rapporto tra padre e figlia è rimasto teso. Dopo la sua prima battuta notturna, Yuri trova un cucciolo di Ochi ferito e decide di prendersene cura, con l’intento di ricongiungerlo alla madre. Il viaggio che ne segue sarà determinante per entrambi. Un curioso e ammirevole omaggio al fantasy analogico degli anni Ottanta. Straordinario sotto il profilo tecnico, grazie a un impressionante lavoro sugli animatronics che danno vita al piccolo Ochi e a una raffinata resa grafica dei paesaggi, il film è consapevole della propria ricerca formale, che si esprime al meglio anche nel sonoro e nelle musiche sinfoniche, coinvolgenti e suggestive. Peccato per due limiti tutt’altro che trascurabili. Se la descrizione dell’introversa protagonista risulta efficace — anche per merito della notevole prova della giovane attrice — meno riusciti sono i genitori, e soprattutto la figura pretestuosa del fratello adottivo, affidata a una star emergente usata come specchietto per le allodole. La trama è prevedibile e poco incisiva nelle conclusioni, nonostante una toccante riflessione sul difficile ricongiungimento madre-figlia dopo una lunga lontananza. Altro punto critico è il pubblico di riferimento, poco definito. Il film sembra rivolto a una fascia scolastica tra la fine delle elementari e le medie, ma risulta troppo cupo per i più piccoli e troppo poco coinvolgente per gli adulti. La produzione A24 garantisce originalità, stile, fantasia, ma pare non fidarsi del tutto dei propri contenuti: inserisce gag fuori luogo e caratterizzazioni sopra le righe — soprattutto nel caso di Dafoe — che finiscono per indebolirne l’impatto. Eppure, nel suo piccolo, The Legend of Ochi resta un’opera visivamente affascinante e tecnicamente ambiziosa, che meriterebbe di essere vista in sala per apprezzarne appieno qualità formale e respiro cinefilo.
THUNDERBOLTS*
(USA 2025, 126 min.) Regia di Jake Schreier, con Florence Pugh, Sebastian Stan, Wyatt Russell
Il trentaseiesimo film del Marvel Cinematic Universe mette al centro un gruppo di eroi decisamente sui generis: depressi, falliti, malinconici, tutt’altro che sfavillanti o memorabili. La storia ruota principalmente attorno a Yelena Belova (Pugh), addestrata nella Stanza Rossa come Vedova Nera e attiva in missioni segrete internazionali. Su ordine di Valentina Allegra de Fontaine, si reca in un misterioso bunker, destinato alla distruzione insieme a tutte le prove delle attività illecite dei servizi segreti. È lì che incontrerà, quasi per caso, coloro che diventeranno prima la sua squadra e poi, sorprendentemente, una sorta di famiglia. Senza discostarsi troppo dalle narrazioni canoniche del genere, e con un evidente richiamo al modello (irraggiungibile) dei Guardiani della Galassia, Jake Schreier costruisce un film che, fortunatamente, mette da parte la confusione multidimensionale degli ultimi titoli Marvel per concentrarsi sull’umanità dei personaggi. In questo senso, Thunderbolts* pecca forse di originalità e risulta prevedibile negli sviluppi, ma trova un’identità efficace nel tono generale dell’operazione. Lavorando su un team di eroi atipici e imperfetti, il regista riesce a mescolare umorismo e introspezione, portando lo spettatore a parteggiare per figure tutt’altro che esemplari (emblematico il ritratto del tormentato John Walker, il “nuovo” Capitan America). Funzionano sia le scelte comiche — come il Red Guardian, padre di Yelena, rimasto nostalgicamente ancorato ai tempi dell’Unione Sovietica — sia i momenti più malinconici, in particolare i flashback legati alla depressione di Yelena e la raffigurazione delle angosce di Bob. Il risultato intrattiene, diverte, non esagera con i riferimenti, gestisce l’azione con sobrietà e propone una riflessione interessante: non è la perfezione a definire un eroe, ma la sua capacità di affrontare le fragilità. E se le si affronta insieme è ancora meglio. Imperdibile per i fan del genere, ma piacevole anche per chi cerca nel cinecomic un racconto più umano.
VERMIGLIO
DISPONIBILE SU SKY E NOW TV
(Italia/Francia/Belgio 2024, 119 min.) Regia di Tommaso Ragno, Martina Scrinzi, Giuseppe De Domenico
La famiglia Graziadei vive a Vermiglio, un piccolo paese arroccato sulle montagne dell’alta Val di Sole, nei duri anni della Seconda Guerra Mondiale. Vivono in maniera umile, tutti uniti in un’antica casa rurale. Il padre è il maestro del paese: parla correttamente l’italiano e prova a insegnarlo ai compaesani, che comunicano in un dialetto arcaico, legato alle parole della vita contadina. La madre si occupa della casa, degli animali, delle numerose gravidanze, non tutte andate a buon fine. Lucia, Ada e Grazia sono le tre figlie femmine: la vita si affaccia nella loro esistenza, portando turbamenti nuovi. Sul finire della guerra arriva Pietro, disertore siciliano che si innamora di Lucia, mettendo in moto una serie di eventi. Ada, nel frattempo, cerca di frenare le proprie pulsioni, mentre Grazia è l’unica destinata a studiare per volere del padre. Vermiglio è un film che vive nella relazione costante tra aperto e chiuso: visivamente alterna con sapienza l’intimità soffocante degli interni domestici alla vastità poetica dei paesaggi montani, restituiti con una cura pittorica; narrativamente mostra l’irruzione del nuovo in un sistema antico di regole e tradizioni. Ne emerge il ritratto di un’epoca ormai distante per valori e forme di educazione, ma reso senza nostalgia o giudizio, con personaggi mai stereotipati, sempre in cerca di uno spazio possibile dentro i limiti imposti dalla realtà. Il punto di vista femminile guida il racconto senza proclami, affidandosi piuttosto a un’atmosfera sospesa, fuori dal tempo, che suggerisce tutto ciò che serve. Straordinario il lavoro di casting — tra professionisti e attori locali — e memorabili alcune scelte registiche: il pudore con cui è mostrato un parto in stalla o l’attenzione ai colori degli abiti. A sorpresa, dati anche i dialoghi in dialetto sottotitolato, un grande successo di pubblico, a seguito del Leone d’Argento alla Mostra di Venezia e all’inserimento nella short list dell’Oscar per il miglior film internazionale. La scorsa settimana il valore del film è stato riconosciuto anche da 7 David di Donatello: film, regia (prima volta per una donna), sceneggiatura originale, produttore, casting (prima volta che il premio viene attribuito), fotografia e suono.
EVENTO SPECIALE
CUORE SELVAGGIO
(Wild at Heart, USA 1990, 127 min.) Regia di David Lynch, con Nicolas Cage, Laura Dern, Isabella Rossellini
A trentacinque anni dalla sua prima mondiale e nell’ambito dell’omaggio postumo al grande David Lynch, torna in sala uno dei film più celebri del regista statunitense. Premiato con la Palma d’Oro al Festival de Cannes, quando presidente di giuria era Bernardo Bertolucci, Cuore selvaggio è il film più pulp di Lynch, una folle corsa sulle strade dell’America. Sailor e Lula si amano follemente. Lui è appena uscito di galera, lei ha subito violenze da bambina. Insieme scappano da tutto e da tutti, in particolare dalla folle e crudele madre di lei, e sul loro cammino incrociano vari personaggi, surreali esempi della mostruosità che si nasconde sotto la quiete della provincia americana. Fuggono, inseguiti e braccati, fino ad un incidente che ha l’aspetto di un cattivo presagio. E la situazione ormai compromessa porta Sailor alla scelta sbagliata. Mentre Twin Peaks inizia a conquistare il pubblico televisivo, Lynch adatta un romanzo noir di Barry Gifford e gira il suo personalissimo e delirante omaggio a Il mago di Oz. Visivamente straordinario, costantemente in bilico tra fiaba e dramma, tra il nero e il colore, Cuore selvaggio trasuda la poetica di Lynch da ogni poro. Il film vive di contrasti forti: tra la violenza e la tenerezza, tra la fiaba e l’incubo, tra la citazione colta e la cultura pop. Il risultato può disorientare, ma l’effetto d’insieme è travolgente, come una ballata stonata che si fissa nella memoria. Un film eccessivo, ma anche capace di un’autentica dolcezza. Uno dei più liberi e viscerali nella filmografia di un maestro.