La protesta
martedì 17 Gennaio, 2023
di Simone Casciano
Lützerath è un villaggio situato nel Nord Reno-Westfalia in Germania. Poche case sorte accanto all’enorme cratere di una delle più grandi miniere di carbone del paese. Non è proprio un luogo da cartolina, eppure è proprio qui che decine di migliaia di persone hanno deciso di confluire negli ultimi giorni e tutto ha a che fare con la miniera di Gazweiler. Nata nel 1961, si espande già adesso per circa 48 chilometri quadrati, avendo negli anni inglobato una ventina di paesi limitrofi. Lützerath doveva essere l’ennesimo insediamento a subire lo stesso destino e per questo motivo, già da un paio di anni, i residenti avevano abbandonato le loro case e si erano spostati altrove. Il villaggio però è stato recuperato dagli attivisti ambientali che hanno deciso contemporaneamente di resistere all’espansione della miniera e di costruire un paese che fosse autosufficiente e sostenibile da un punto di vista energetico e alimentare. Tutto questo è stato spazzato via quando, una settimana fa, in linea con l’accordo raggiunto dal governo tedesco e la società energetica RWE, migliaia di poliziotti hanno cominciato a sgomberare il villaggio, per permettere l’ulteriore ingrandimento di una miniera dove si estrae principalmente lignite, un carbone fossile particolarmente inquinante di cui la Germania è ricca. Tra gli attivisti dei Fridays for Future di tutta Europa, che hanno provato a fermare lo sgombero, c’è anche Cecilia Fiacco, una giovane studente di Berlino, che ci ha risposto al telefono dal campeggio vicino al villaggio dove è stata organizzata la protesta.
Cecilia com’è la situazione adesso a Lützerath?
«In questo momento lo sgombero purtroppo è quasi stato completato. La scorsa settimana, con un giorno di anticipo rispetto a quanto annunciato, hanno portato le persone fuori dalle case. Nel fine settimana c’erano ancora alcuni attivisti che resistevano appesi, come in dei bozzoli, in posizione sopraelevata oppure dentro ai tunnel, ma anche loro sono stati sgomberati».
Proprio nel fine settimana, sabato, si è tenuta un’importante manifestazione, com’è andata?
«Bena da un punto di vista dei numeri. Si parla di 35.000 persone, ma forse eravamo anche di più. Un’affluenza variopinta, con persone diverse per età e appartenenza, legate dall’urgenza per la questione ambientale. C’era anche Greta Thunberg e questo racconta quanto la battaglia ambientale per Lützerath sia importante. È stato un momento molto potente, siamo riusciti ad arrivare fino alla zona recintata e militarizzata e non è stato poco. Purtroppo però, nonostante la grande partecipazione, non siamo riusciti a fermare lo sgombero. Anzi, molti attivisti sono stati oggetto di una forte repressione da parte della polizia tedesca, arrivata qui con migliaia di agenti da tutta la Germania. Un mio amico era infermiere volontario al campeggio e mi ha raccontato di aver medicato ossa fratturate, nasi spaccati e colpi alla testa».
La protesta va avanti?
«Si ci sono ancora attivisti nel campeggio sorto accanto al paese. Non ci fermiamo».
Quali sono le vostre richieste?
«Che si fermi l’espansione della miniera e che si lavori per un approvvigionamento energetico che non dipenda né dal carbone, né dal gas russo, né tantomeno da un ritorno al nucleare».
Sarebbe possibile in Germania?
«Assolutamente, ci sono grandi potenzialità per le rinnovabili a cominciare dall’eolico. Il paradosso, quasi ironico, di questa espansione della miniera è che comporterebbe anche la demolizione di un parco di pale eoliche limitrofo ad essa».
Perché per voi è così importante Lützerath?
«Ci sono 3 motivi. Il primo è che l’ulteriore espansione della miniera comporterebbe milioni di tonnellate di Co2 in più che verrebbero immesse nell’atmosfera e non ce lo possiamo assolutamente permettere. Il secondo motivo è che Lützerath in sé era diventato un simbolo, l’esempio tangibile e concreto di uno stile di vita alternativo a quello basato sui combustibili fossili. Il villaggio, prima dello sgombero, era autonomo energeticamente e si produceva da solo il proprio cibo».
E il terzo motivo qual è?
«Qui stiamo lottando per il cuore dell’Europa. Il fatto che l’espansione della miniera sia stata approvata da un governo di cui fanno parte anche i verdi dimostra il fallimento della politica europea in generale. La sconfitta di chi si riempie la bocca di parole come “sostenibilità” e “transizione” ma poi non la mette mai in atto».