La storia

sabato 26 Luglio, 2025

Stefano Furlani: «Giro le stazioni dei treni d’Italia per recensire le spremute. La migliore? A Genova»

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Il giovane di Trento, 29 anni, attraverso la sua pagina «Una spremuta grazie» attraversa il Paese. Già un centinaio le recensioni. «Ora scriverò una guida. Ma è un espediente per parlare dei luoghi»

«Una spremuta grazie». Stefano Furlani entra nei bar delle stazioni con taccuino e penna, chiede una spremuta di arancia e dà una votazione. La migliore in Italia? «Alla stazione di Genova Nervi, rossa e acidula al punto giusto con i grumini sul fondo». La peggiore «a Pisa servita con una colorazione gialla fluo. Tremenda». Stefano, ventinovenne di Trento, è un assistente educatore con un passatempo unico: fa il recensore di spremute d’arancia nelle stazioni ferroviarie di tutto il Paese. Una passione nata per gioco che sta diventando virale sui social. Infatti, la sua pagina di Instagram «Una spremuta grazie» ha raggiunto i 4.800 followers e, su Tik Tok il successo non è da meno con oltre mille persone che seguono e commentano i suoi post.
Stefano, si aspettava tanto successo?
«No assolutamente. Quando la pagina social “Una spremuta grazie” ha raggiunto i cento seguaci non potevo crederci, figuriamoci adesso. È utopia, ma non mi faccio domande. Non mi interessa il successo, nel fare questi post mi diverto. Forse piace la mia spontaneità. La verità è che faccio una cosa assurda e probabilmente per molti è geniale per questo».
Ma come è nata l’idea di recensire spremute d’arancia nelle stazioni di tutta Italia?
«È stato uno scherzo del destino. È nato in un momento di noia, mentre aspettavo il treno sulla linea Trento-Bressanone. Io recito per la compagnia teatrale Gad Città di Trento, una passione che mi ha permesso di viaggiare molto in treno, ma anche di trascorrere tanto tempo nelle stazioni, tra ritardi e lunghe attese. Era il 2019 e sulle banchine guardavo i treni passare, la gente con le valige su e giù per le scale: osservavo tutto e annotavo ogni cosa su un taccuino, su una specie di diario di viaggio. Segnavo anche cosa prendevo nei bar delle stazioni, di solito il succo Ace. Scrivevo commenti simpatici, davo giudizi altrettanto buffi e facevo classifiche».
E l’idea di recensire le spremute è venuta in uno di questi momenti di attesa.
«Esatto, volevo giocare per trascorrere il tempo nel dolce far niente. A Bressanone e Verona ho pensato di prendere una bevande simile al succo Ace, ma artigianale. Mi sono semplicemente chiesto, chissà come la fanno, quale la più buona. A quel punto ho dato un voto a entrambe. Ricordo di aver riso dentro di me e ho continuato a farlo».
La pagina Instagram, però, è arrivata qualche anno dopo.
«Sì, ad agosto 2023. Colpa dei miei amici. Io non sono tecnologico, a venticinque anni giravo ancora con un telefono preistorico, ma sempre per gioco ho accolto l’idea di provare a fare qualcosa di assurdo. Stavo facendo una grigliata a casa quando per scherzo ho rivelato ai miei amici che tenevo un taccuino con le recensioni delle spremute d’arancia dei bar delle stazioni. E sono stati loro a convincermi a pubblicare sui social le recensioni delle spremute».
Ecco come è nata «Una spremuta grazie».
«Non perdo troppo tempo a costruire le storie. Posto video rudimentali, senza filtri. La mia cifra è proprio la spontaneità».
Si è ispirato a qualcuno? Conosce altri influencer che lo fanno?
«No, la mia in termini teatrali è solo la maschera dell’assurdo. Sicuramente c’è altra gente che fa le mie stesse cose, ma non ne sono a conoscenza. Ripeto, non lo faccio per il successo o per altri fini. Io mi diverto e basta. Rido quando nei commenti leggo che mi chiamano “maestro”. Ci sono persone che chiedono consigli sul come fare una spremuta, ma io sono sincero a casa non me la preparo mai. E ancora di più mi sorprende trovare sotto un video appena postato centinaia e centinaia di visualizzazioni».
Nei suoi video, però, non recensisce solo spremute.
«No, quello è solo l’attacco per poi parlare di tutto. Racconto storie sulle stazioni in cui vado, a volte vere e altre inventate. Amo lasciare la gente nel dubbio. C’è a chi piace e chi no, ma l’ironia va capita».
Ha mai ricevuto delle critiche?
«È capitato, ma i commenti negativi si contano sulle dite. Probabilmente il mio umorismo è compreso. A dare fastidio non sono le recensioni sulle spremute ma, a volte, le leggende che racconto sui luoghi in cui vado. Non tutti apprezzano la mia creatività».
Torniamo a parlare del suo passatempo principale. Lei si presenta al bancone del bar della stazione e chiede «Una spremuta grazie». Come funziona?
«Faccio l’ordine proprio in questo modo, appoggiato al banco o seduto su un tavolino. Poi, faccio una storia in diretta inquadrando la spremuta e annuncio la stazione in cui mi trovo. Serve ad avvisare che nei giorni successivi uscirà un post con la recensione e i voti nelle varie categorie».
Mi tolga una curiosità, ma quali sono i criteri per giudicare la spremuta?
«Sapore, densità, guarnizione e location (ride). È un giudizio soggettivo, ma secondo i miei parametri devono sentirsi i grumetti sul fondo del bicchiere. Nello specifico, quando vedo un doppio filtraggio metto un voto basso. La scala cromatica deve essere bella, cioè in cima devono esserci le bollicine e il colore chiaro, mentre, sul fondo il colore deve essere più accesso. La migliore è la spremuta di arancia rossa, acidula, bevuta in un bancone di legno rovinato di una vecchia stazione con i cuscini attaccati su una parete. È il primo posto che ti accoglie e l’ultimo che vedi prima di andartene: deve essere impregnato di storie».
Quale è la classifica stilata finora?
«Prima classificata la stazione di Genova Nervi. I proprietari avevano l’orto sul retro, hanno raccolto le arance e me l’hanno fatta al momento. Segue Merano, Brindisi, Frosinone, Vipiteno, San Pietro Vernotico, Bassano del Grappa e Mezzolombardo».
Quante recensioni ha fatto?
«Un centinaio, in tutta Italia mi mancheranno solo una cinquantina di stazioni tra Emilia Romagna, Campania e Calabria».
Dove ha bevuto la peggiore spremuta?
«A Pisa, era radioattiva di un giallo fluo. Tremenda».
Invece, si ricorda la prima recensione che ha fatto?
«Certo, nella stazione di Trento, dove è nato tutto. Ho postato una storia in cui annunciavo Una spremuta grazie. Sono partito alla volta del sud Italia appositamente per recensire. Le altre volte, ho solo cercato di trovare l’itinerario di viaggio che mi permettesse di raggiungere i luoghi non ancora visitati».
Può raccontarci un aneddoto?
«Mi trovavo alla stazione di Fortezza, il barista mi ha riconosciuto e ha anticipato il mio ordine dicendomi “Non facciamo spremute”. Ultimamente, poi, capita che mi fermano e, addirittura, mi inviano richieste».
Di che tipo?
«Ci sono dei baristi che mi chiedono di fare tappa nei loro bar delle stazioni in Emilia Romagna e nel bellunese. Sono timido, sorrido e mi diverto di fronte a queste proposte. Ci andrò sicuramente».
Quale è la sua prossima destinazione?
«Ponte Gardena e Chiusa, poi, in agosto mi sposterò tra la Campania e la Calabria. Ripeto mi mancano solo una cinquantina di stazioni».
Altri progetti in mente?
«Scriverò un libro. Una guida con la classifica delle migliori e peggiori spremute d’arancia dei bar delle stazioni italiane».