Soldi pubblici
domenica 15 Gennaio, 2023
di Donatello Baldo
C’è chi si ricorda i famosi banchetti del venerdì, quando a fine giunta la sala Winkler del palazzo di Piazza Dante posta nel seminterrato veniva apparecchiata dal catering con primi, secondi, affettati, formaggi, dolci e buon vino per accompagnare il tutto. Ogni settimana, per saziare il palato degli assessori e di qualche giornalista. E a proposito di giornalisti, c’è chi si ricorda dei regali di fine anno: una volta il Babbo Natale provinciale portò in dono addirittura un caricabatteria per cellulare da deserto, con annesso un piccolo pannello solare, e poi cesti di prodotti tipici con dentro nettari di vino, di piccoli frutti e gli immancabili ciuiga, Trentingrana e TrentoDoc.
Erano i tempi delle vacche grasse, ma anche, forse, i segnali di un rapporto «malato» tra la politica e la società, quando la «casta» era abituata a fare così: spendere i soldi dei contribuenti per garantirsi piccoli privilegi che ora sarebbero davvero impensabili.
L’ultima giunta Dellai era arrivata a spendere quasi 900 milioni nell’arco della legislatura (2008-2013), per l’esattezza 892 mila euro, 182 all’anno per i primi quattro anni, per tirare un po’ la cinghia a fine mandato: «solo» 164 mila euro.
Con qualche ritardo — erano infatti già passati gli anni della spending-review e dei libri di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo contro la «casta» — anche in Trentino arrivò il vento nuovo della morigeratezza in politica. E infatti, nella successiva giunta Rossi (2013-2018), c’è la svolta: a bilancio, alla voce «spese di rappresentanza della giunta», le risorse diminuiscono: 127.400 euro il primo anno, scese il secondo anno a 100 mila per poi passare per due anni consecutivi a 60 mila e terminare, sempre a fine mandato —sempre nell’anno elettorale, guarda caso — a 40 mila euro.
In ogni caso, più del 60% in meno della precedente giunta, passando appunto dai quasi 900 mila euro al totale di 387.400 euro. Non si era tagliato abbastanza però, perché se non si tenevano più i banchetti e diminuivano le circonferenze dei cesti di delizie del Trentino per gli ospiti in visita istituzionale, era sempre una gran festa quando a palazzo arrivavano sportivi e personalità importanti, e i profumi di cucina tornavano a inondare la sala Winkler nel seminterrato.
Negli ultimi anni la cinghia si è tirata non solo per i principi sacrosanti dell’impegno generale alla riduzione dell’indebitamento pubblico. Si è tirata perché i soldi non ci sono per davvero e perché, quando la crisi morde, ci si vergogna a banchettare con i soldi pubblici. Sono però arrivate anche direttive più stringenti: i giornalisti non dovrebbero accettare nemmeno il panettone dai politici, se rispettassero la loro deontologia; i regali agli ospiti istituzionali non possono più essere edibili o bevibili, solo qualche libro, una penna con lo stemma provinciale, destinati non alla persona ma all’istituzione che rappresenta.
E i catering solo a fine anno, e parchi: grana e bollicine, ma niente più primi e né secondi e dolci a tutto spiano come un tempo. E così, a bilancio, oggi c’è ben poco alla voce «spese di rappresentanza».
Con l’arrivo della giunta di Fugatti, nel 2018, si è continuato con la «stretta» di Ugo Rossi. Il primo anno della legislatura guidata dalla Lega si sono messi a bilancio 40 mila euro, così anche il secondo, per scendere a 30 mila per gli anni successivi, arrivando a un totale di 170 mila euro. Oltre 700 mila euro in meno di soli dieci anni fa.
LA SENTENZA
di Ubaldo Cordellini
Per il giudice il sistema adottato dalla società che gestisce gli alloggi sociali non consente di ricostruire quanto abbia speso ogni singola unità abitativa. Ora potrebbe vedersi investita da una serie di ricorsi analoghi