Primiero
lunedì 28 Novembre, 2022
di Veronica Ballotta
Primiero San Martino di C. Quello delle comunità energetiche è un tema che, in Italia, ancora deve attecchire completamente: esistono un centinaio di comunità sul territorio, ma soltanto ventisei di queste sono funzionanti. E in un periodo di rincari come quello che stiamo attraversando ora, è importante agire anche per attivare un numero maggiore di queste comunità. A questo proposito, una realtà di successo del nostro territorio è l’azienda Multiutility ACSM Primiero, che coinvolge dieci comuni e autoproduce energia rinnovabile, ricavandola da legno e acqua: per questo impegno, l’azienda ha ricevuto il premio «Non sprecare», un riconoscimento nazionale della sostenibilità di progetti presentati da giovani, scuole e università, aziende o istituzioni promosso dalla Luiss di Roma. Simone Cantieri, Direttore generale di Multiutility ACSM Primiero, spiega come questo progetto sia nato e si sia diffuso sul territorio.
Com’è nato questo progetto di autoproduzione?
«Il tema ambientale qui ha sempre avuto una valenza significativa, e il nostro territorio ha sempre avuto un’importantissima risorsa a disposizione: l’acqua; servivano solo le infrastrutture nel territorio per poter fornire l’energia elettrica. La seconda risorsa del territorio era poi la legna, e il teleriscaldamento era presente in Nord Europa e in Alto Adige già da decenni. Nel 1999 è stato costruito quindi il primo impianto a San Martino di Castrozza, e circa dieci anni fa è stato costruito il secondo impianto di teleriscaldamento, molto più grande del primo, nel fondo valle. All’inizio c’era anche un certo scetticismo, trattandosi di un’innovazione, ma ora i vantaggi del teleriscaldamento sono innegabili».
Negli anni quindi anche altri comuni si sono interessati a questo progetto?
«Sì, esatto, nel tempo siamo passati da tre a dieci comuni, di cui nove in Trentino e uno in Veneto. Il teleriscaldamento, però, essendo trasportato dall’acqua calda, non può “viaggiare” per migliaia di chilometri come l’energia elettrica – e c’è anche il fattore delle montagne – quindi ad oggi questo riscaldamento coinvolge tre dei dieci comuni. Il teleriscaldamento dunque è concentrato soprattutto a San Martino di Castrozza e nel fondo valle».
L’autoproduzione di energia presenta anche dei limiti? Nell’ultimo anno si è parlato molto di siccità, e voi usate l’acqua per produrre energia.
«Sì, nell’ultimo anno la mancanza di acqua si è fatta sentire, dato che non piove in maniera significativa da più di un anno (gli ultimi giorni di pioggia continuativa sono stati nel settembre 2021), e durante l’inverno c’è anche stata pochissima neve. Quindi senza dubbio abbiamo avvertito questa scarsità, tanto che quest’anno la produzione di energia elettrica è stata del 50% in meno».
In un’intervista a Radio 24 lei ha detto che voi non toccate le bollette da sette anni.
«Sì, perché nonostante i rincari che anche noi stiamo registrando, non abbiamo alzato le tariffe, che quindi sono rimaste uguali da sette anni. Questo perché, per noi, il teleriscaldamento è un servizio e non un business: abbiamo naturalmente costruito la tariffa in modo da coprire i costi della società che gestisce gli impianti e da poter fare un piccolo utile per stare in positivo; ma poi abbiamo mantenuto le tariffe inalterate».
Che tipo di costi avete come azienda?
«I costi maggiori che abbiamo riguardano l’energia elettrica per il funzionamento degli impianti, e le forniture di legno, che è l’altra risorsa che usiamo per produrre energia».
Quali sono gli edifici coinvolti in questa rete?
«Si tratta di alberghi, case e aziende, per un totale di 2500 edifici. Ma credo che, per rendere l’idea dell’importanza di questo progetto, il dato più significativo sia questo: a San Martino di Castrozza, il 95% degli edifici è collegato a questa rete, quindi le caldaie a gasolio sono quasi scomparse. E oltre al risparmio ambientale, c’è quello economico, anch’esso molto rilevante».
In Italia il tema delle comunità energetiche deve ancora fare grandi passi in avanti. Come si può promuovere questa tematica?
«In primis c’è da considerare la questione normativa: in Italia esistono tante realtà che potrebbero lavorare sul tema della comunità energetica, e la normativa c’è, così come ci sono le idee e le risorse; ma ad oggi mancano i decreti attuativi che possano permettere di realizzare i progetti. Quindi si tratta di un problema di lentezza burocratica nel portare avanti questo tema, che è invece diffuso in molti Paesi, ad esempio del Nord Europa».