Economia
sabato 3 Maggio, 2025
Puzzone di Moena, stop alla lavorazione con latte crudo: via libera del Ministero alla sperimentazione per un anno
di Gabriele Stanga
Per la produzione di questo formaggio verrà utilizzato il latte «termizzato», ossia riscaldato per un brevissimo periodo di tempo, fino ad una temperatura massima di 64 gradi

Il puzzone di Moena cambia pelle, o perlomeno cambia una delle fasi di lavorazione per arrivare al prodotto finale. L’obiettivo è quello di tutelare la salute dei consumatori, limitando al contempo l’impatto sul gusto del formaggio.
Infatti, dopo i casi di forme infette da Escherichia Coli che hanno colpito soprattutto i bambini, il Consorzio volontario per la tutela del formaggio ha richiesto, lo scorso febbraio, una modifica temporanea del disciplinare relativo alla produzione del Puzzone, che essendo prodotto Dop, prevede tutta una serie di regole a garanzia della qualità. Modifica temporanea che, ora è stata approvata dal ministero dell’Agricoltura con decreto del 31 marzo ed è in vigore dal 9 aprile.
Stop al latte crudo
Si tratta, in sintesi di una sperimentazione di un anno (durerà fino al 2 aprile 2026), con la quale si passa dall’utilizzo di latte crudo a quello di latte «termizzato», ossia riscaldato per un brevissimo periodo di tempo, fino ad una temperatura massima di 64 gradi. Questo proprio per ridurre il rischio di contaminazione da Escherichia Coli Shiga Tossina (Stec), batterio responsabile dell’insorgere della Sindrome emolitico uremica (Seu) che comporta nei bambini manifestazioni patologiche gravi come insufficienza renale acuta, l’anemia e, in alcuni casi, anche il coma (è quello che è successo a Mattia Maestri nel 2017).
Questo il testo del disciplinare modificato, rispetto alla trasformazione del latte : «deve essere utilizzato latte termizzato con i seguenti parametri: riscaldamento del latte fino a 64 gradi, per un massimo di 40 secondi».
Il nuovo testo è stato approvato dal ministero e pubblicato in Gazzetta Ufficiale.
L’obiettivo, aveva spiegato Mauro Fezzi, esperto chiamato dalla Provincia di Trento ad affiancare il caseificio di Predazzo e Moena, è quello di «salvaguardare la bontà del Puzzone ma abbassare il rischio di avere patogeni dall’attuale 5% a meno dell’1%».
L’antefatto
Il 5% può sembrare un numero basso, ma se è vero che negli adulti le conseguenze del contatto con formaggio infetto non sono gravi, diverso è il discorso per quanto riguarda la salute dei bambini.
Dietro la modifica del disciplinare ci sono diversi casi di complicazioni gravi, da quello della bambina di Cortina d’Ampezzo lo scorso novembre (legato non al Puzzone di Moena ma al Saporito della Val di Fassa) all’ultimo occorso a gennaio che ha coinvolto un bambino di 9 anni.
Il caso di Seu più noto è quello di Mattia Maestri che a 4 anni aveva contratto la Sindrome emolitico uremica dopo aver ingerito formaggio infetto (non si trattava di Puzzone) prodotto dal caseificio sociale di Coredo.
Era il 2017, il bambino aveva 4 anni e da allora è in stato vegetativo.
Di recente la Corte di cassazione ha confermato la condanna nei confronti dell’allora presidente del caseificio Lorenzo Biasi e del casaro Gianluca Fornasari, con un risarcimento complessivo di 1 milione alla famiglia Maestri. Rigettati, invece, i ricorsi degli imputati. Il problema in quella circostanza era stato il cattivo stato igienico del luogo di produzione. Nel caso del Puzzone di Moena, invece, il discorso è diverso: le forme non sono a rischio di Stec per la scarsa igiene ma per il basso contenuto di “batteri buoni” in grado di fare da argine all’Escherichia Coli.
«Il latte è molto buono dal punto di vista igienico sanitario, – spiegava Fezzi al T lo scorso 9 marzo – ma è debole rispetto alla carica di microrganismi capaci di contrastare la Stec». Una mancanza cui si potrebbe ovviare con l’uso di latte sterilizzato o con una maggiore stagionatura ma non senza compromettere la qualità del prodotto. Di qui la necessità di trovare una strada diversa, quella proposta con la modifica temporanea del disciplinare. C’è un anno di tempo ora, per capire se la soluzione del latte termizzato sarà quella vincente, consentendo di avere un formaggio ugualmente buono, tutelando al contempo la salute dei consumatori e, soprattutto, quella dei bambini.