Il caso

venerdì 2 Maggio, 2025

Positivo al Covid durante la pandemia, ora l’Inps gli chiede indietro i soldi

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È successo a un pensionato trentino. «In centinaia nelle sue condizioni»

Era stato a casa malato con il covid a settembre 2022, ora l’Inps chiedere un’integrazione al certificato di malattia in assenza della quale rischia di perdere l’indennità lavorativa per malattia. È la situazione in cui si è trovato un uomo di 61 anni di Trento, oggi in pensione, all’epoca dei fatti dipendente per un’azienda del capoluogo. La sua storia personale non è peraltro unica, sono centinaia, spiega l’Inps di Trento, i casi simili seguiti in questo momento sul territorio provinciale.

 

Tutto comincia con il primo gennaio 2022 da quando, per decisione del legislatore, il periodo trascorso in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva per contatto da COVID-19 dai lavoratori dipendenti del settore privato non era più indennizzabile a titolo di indennità di malattia. Tradotto: essere positivi al Covid, ma asintomatici non garantiva più il diritto alla malattia per una serie di motivi decisi dal legislatore ovviamente e non dall’Inps. Il problema è che nel passaggio dalla legge alla pratica di tutti i giorni ci vuole tempo per modificare le abitudini e quindi, ancora a lungo, i certificati di malattia di persone che avevano contratto il Covid mostravano la positività come motivo di assenza dal lavoro, ritenendola sufficiente, senza dover entrare nel merito di una sintomatologia che c’era, ma non veniva raccontata nel certificato. Il risultato è che oggi, a 3 anni di distanza dai fatti, Inps sta chiedendo un’integrazione di questi certificati, altrimenti i lavoratori rischiano di dover rimborsare centinaia di euro a testa di indennità di malattia.

 

È quello che è successo a G., oggi pensionato, fino a poco tempo fa lavoratore presso un’azienda di Trento. «Nel settembre del 2022 mi sentii male: febbre, stanchezza e dolori articolari – racconta l’uomo – feci subito un tampone che risultò positivo. Ebbi il covid per 10 giorni». A questo punto l’uomo avvisò il suo medico di base che certificò la malattia e i 10 giorni di prognosi, specificando la sola positività al covid. Nelle scorse settimane la sorpresa. «Mi è arrivata una lettera dall’Inps che avvisava che la sola positività non giustificava l’assenza dal lavoro e il diritto all’indennità di malattia e la necessità di integrare la documentazione. Altrimenti rischiavo di perdere circa sei o settecento euro». L’uomo si è subito messo in contatto con il suo medico di base che ha prodotto un nuovo certificato che chiariva come il paziente, essendo stato soggetto a febbre, dolori articolari e stanchezza, non poteva svolgere il suo lavoro. «È andato tutto bene, il medico e l’Inps sono stati collaborativi e disponibili – conclude il pensionato – Però sono anche stato fortunato perché il mio medico era giovane e lavora ancora. Sono preoccupato per quelle persone che hanno ricevuto lettere simili alla mia e che magari ora non riescono a contattare il loro medico che magari nel frattempo è andato in pensione».

 

«Stiamo collaborando con i medici di base per rettificare queste situazioni – spiega Claudio Floriddia, direttore della Direzione provinciale Inps di Trento – La lettera che abbiamo mandato è un avviso, un modo per chiarire la propria posizione e evitare future contestazioni. Ci saranno qualche centinaio di casi in Trentino e devo dire che finora la collaborazione con le persone e con i medici di base è stata buona e stiamo sistemando tutto. Del resto noi non stiamo mettendo in discussione la validità del referto medico dei professionisti sanitari, ma chiediamo di integrare la documentazione»