La polemica

martedì 13 Dicembre, 2022

Pergine, pescatori a difesa delle trote fario

di

I tesserati della zona perginese chiedono di poter coltivare i fiumi con le trote fario. «L’Alta Valsugana è particolarmente vocata, da secoli: il tavolo nazionale riveda il divieto o non c’è futuro»

«Ho i soci, e per fortuna sono in crescita (poco più di 400 nel 2022), le attività vanno bene, di questo sono contento. Abbiamo finalmente un bilancio in positivo di 20mila euro quest’anno (su 120 mila di gestione complessiva), dopo anni di investimenti, ma non vedo come andare verso il futuro» commenta il presidente dei Pescatori della zona Fersina-Alto Brenta, Sergio Eccel. L’associazione è sana, ha spiegato durante l’assemblea annuale di domenica mattina, svoltasi a Pergine, nell’auditorium delle scuole Don Milani. Le attività sono in buona salute, le nuove iscrizioni ci sono e i progetti non mancano, come quello finanziato dalla Comunità di Valle con 120 mila euro, per affiancare all’incubatoio di Sant’Orsola, in valle dei Mocheni, una struttura per proporre attività di didattica e divulgazione. C’è però un problema.
Il problema, secondo i pescatori perginesi, che rischia di demotivare una parte della base, e sicuramente il direttivo, è la nota interpretazione della norma sulle specie ittiche alloctone data da Ispra, che, come conseguenza, impone di rilasciare solo trote fario sterili e vieta di rilasciare nelle acque dei corsi d’acqua trentini. La Provincia ha subito applicato la regola, e si è creato un cortocircuito. La trota fario, in particolare, è un pezzo importante dell’identità associativa nel perginese, che ha molte zone del reticolo idrografrico di competenza vocate per tale specie.
«Se non posso coltivare i fiumi, io non vado avanti, in queste condizioni. L’ho detto in Provincia» spiega Eccel. Che ricorda che sulla base di impegni presi negli anni scorsi con la Provincia, con finanziamenti pubblici cospiscui e sulla base della Carta Ittica Provinciale, documento tecnico di gestione ufficiale, l’associazione da anni alleva trote (e avannotti di coregoni) che rilascia «per migliorare e arricchire la biodiversità dei corsi d’aqua», come spiega. Tutto questo era legale fino all’anno scorso e prescritto dalla Provincia alle associazioni come obbligo nella gestione dei diritti di pesca.
La norma che adesso vieta di rilasciare trote fario non sterili e coregoni (o lavarelli) tout court va in contrasto, per i pescatori perginesi, con gli investimenti intrapresi negli anni, proprio per costruire l’incubatoio e organizzarsi ad allevare e rilasciare i pesci. «Che provengono dal nostro territorio, lo ricordiamo» precisa il presidente. «Tutti gli avannotti di coregoni (lavarelli) allevati nella pescicoltura di Sant’Orsola sono figli di pesci lacustri, catturati in natura. Quando nascono gli avannotti, vengono rilasciati nel lago. Le trote lacustri provengono dal Lago di Caldonazzo». «Il pronto-pesca non è una pratica che ci basta», conclude. Rilasciare individui sterili, solo per pescare, insomma, (la pratica definita Pronto-pesca), ridurrebbe anche il livello culturale del mondo dei pescatori.
La complessità della vicenda, la ricorda il pescatore e ittiologo Lorenzo Betti, intervenuto in assemblea. Betti ha spiegato a margine dei lavori che in sostanza, se da una parte il parere di Ispra afferma che le trote fario sono alloctone, dunque da non far più riprodurre in Trentino (e nelle altre regioni italiane), d’altra parte va ricordato che le fario vivono in modo stabile nel versante meridionale delle Alpi da secoli e al momento attuale non risultano studi scientifici che ne mostrino impatti negativi sugli ecosistemi fluviali o su altre specie. Inoltre va detto – spiegano i tecnici- che la trota fario e la marmorata sono semispecie della superspecie Salmo (trutta) ma il rischio ibridazione per la marmorata si evita non rilasciando fario nelle acque non vocate e questo con le mappe dei corsi d’acqua si può già fare. Nel perginese ci sono acque vocate alla trota fario ed altre alla marmorata. Sia il presidente che l’ittiologo (che per altro ha scritto la Carta Ittica) ribadiscono: «Noi siamo impegnati per la biodiversità e la qualità degli ecosistemi fluviali; pensiamo che le specie esotiche non debbano essere rilasciate. Ricordiamo che abbiamo un riconosciuto ruolo di gestori della risorsa ittica, seguendo i dettami della Carta Ittica, sempre. Ma sulla fario chiediamo un ragionamento serio, specifico per la nostra regione». La richiesta è che il tavolo nazionale sulla definizione delle specie ittiche alloctone, istituito al Ministero, inizi presto il confronto, per stabilire in quali regioni le trote fario possano continuare a restare».