L'intervista

martedì 15 Luglio, 2025

Pergine, Krenar Chanka e il traguardo del 100 al Marie Curie. «L’esame? Un risultato dopo tanti sacrifici. Ora sogno di fare il sindaco»

di

Nato a Trento da una famiglia di origine albanese ora vuole «rappresentare gli immigrati di seconda generazione»

Tra gli studenti dell’istituto Marie Curie che hanno spiccato all’esame di maturità c’è Krenar Chanka, diplomato in amministrazione, finanza e marketing con il massimo dei voti: 100 su 100. Un risultato che per Chanka va oltre al semplice numero e che rappresenta un vero e proprio riscatto dopo tutti i sacrifici fatti dai suoi genitori, arrivati in Italia dall’Albania nei primi anni 2000 con il sogno di costruire e dare forma a un futuro migliore.
Chanka, una maturità dai pieni voti. Ci racconta dell’esame?
«Nello scritto mi aspettavo tracce più semplici, soprattutto nell’analisi del testo. Ho scelto quella sul New Deal dove si analizzavano le politiche economiche che gli Usa hanno adottato per contrastare i duri effetti del crollo della borsa di Wall Street nel 1929 e si esaminava la figura di Roosvelt. La parte di produzione del testo, invece, chiedeva di ragionare sul rapporto tra leader politici e cittadini attraverso i nuovi strumenti di comunicazione».
L’orale invece com’è andato?
«Bene, anche se avevo un po’ di ansia. Come documento mi hanno sottoposto una carta geografica della Germania nel 1815, anno del congresso di Vienna. Ho quindi analizzato quel periodo che ha ridefinito le sorti non solo del popolo tedesco ma del mondo».
E come ricorda l’uscita da scuola una volta terminato l’esame?
«Parliamo di un momento che porterò sempre nel mio cuore. La vera sorpresa è stata vedere tutta la mia famiglia e i miei genitori con gli occhi lucidi. Per un istante ho avuto la sensazione che i miei stessero vivendo quell’opportunità che alla mia età e nel loro paese d’origine non avevano nemmeno mai potuto immaginare. In quello sguardo ho visto orgoglio, ma anche amore e fiducia che hanno sempre riposto in me».
E quando ha scoperto del voto?
«Mio padre si è avvicinato e mi ha detto: “Qualsiasi voto avessi preso per noi il nostro 100 sei tu. Questo risultato è la piacevole conferma di ciò che abbiamo sempre saputo”».
Ha dovuto affrontare qualche difficoltà negli anni?
«Considerando anche elementari e medie a tratti è stato complicato soprattutto per la lingua. Sono cresciuto fin da piccolo con due realtà diverse, vicine ma distanti allo stesso tempo, che a tratti hanno generato confusione in me. Alle superiori ho trovato professori gentili e che hanno visto in me del potenziale che io non vedevo, altri invece da piccolo mi trattavano come diverso. A tratti è stato complicato, ma è anche servito come stimolo».
Tornasse indietro sceglierebbe di nuovo il Curie?
«A volte si dice che il Curie offra meno opportunità ma non è assolutamente vero. Mi sono trovato benissimo: è una scuola viva e dinamica, capace di valorizzare lo studente. Mi ha offerto una solida preparazione. Sono stati cinque anni in cui oltre ad acquisire competenze ho capito chi sono e cosa voglio diventare».
E cosa vuole diventare?
«Mi sono iscritto all’università di Trento al corso di economia e managment. Sono convinto che questa scelta possa offrirmi una formazione solida e coerente con le mie aspirazioni: in futuro mi vedo come analista finanziario e project manager. C’è poi anche un aspetto più personale…»
Prego.
«Viste le mie origini, vorrei anche rappresentare quella parte di immigrati di seconda generazione che ormai è parte integrante del tessuto sociale italiano ma che spesso passa inosservata. Ragazze e ragazzi che studiano, lavorano e si impegnano ogni giorno per costruire un futuro».
Tra vent’anni dove si vede?
«Sogno di aver avviato una mia attività imprenditoriale e di aver avuto soddisfazione. Non escludo la possibilità di entrare in politica».
Futuro sindaco di Pergine?
«È un traguardo ambizioso ma mi piacerebbe. Ci spero».
Cosa pensa delle proteste di quegli studenti che si sono rifiutati di sostenere l’orale?
«Per me è una scelta legittima. Questa protesta riflette la costante pressione sugli studenti che si nutre con competitività e un confronto continuo. Sembra quasi che uno studente debba sempre dimostrare di essere il migliore, ma la scuola non dovrebbe essere una gara ma un luogo dove ognuno trova il proprio modo di essere. I rappresentati del sistema scolastico dovrebbero farsi qualche domanda perché non è una protesta contro un singolo professore o istituto, ma contro il sistema nella sua interezza».