Il retroscena
sabato 5 Luglio, 2025
Ospedale di Trento, i possibili scenari: con il ricorso si rischia uno stop di un anno
di Simone Casciano
Provincia al bivio, la Ati Project rischia la caparra di 600mila euro, tre mesi di lavoro in ballo

La sentenza del Tar impone un inevitabile stop alla progettazione del nuovo ospedale di Trento. Appena conosciuto l’esito del pronunciamento del tribunale, la Provincia ha bloccato il contratto in attesa di comunicazioni specifiche del commissario all’opera, Antonio Tita. Ora la Provincia deve decidere quale strada intraprendere, conscia che non ci siano soluzioni facili e che si rischia uno stop lungo fino ad un anno e anche di perdere il prezioso lavoro fatto in questi 3 mesi dall’azienda che aveva vinto la gara, la Ati Project.
«Resistere»
L’unica cosa certa è che qualcuno, sicuramente, fara ricorso contro la sentenza in Consiglio di Stato. La prima strada è che sia la Provincia a farlo con al suo fianco l’azienda che aveva inizialmente vinto il bando da 37 milioni per la progettazione con opzione per la direzione lavori del nuovo polo ospedaliero di Trento: la Ati Project. «L’intenzione al momento è quella di resistere, fiduciosi che il lavoro fatto in corso di istruttoria sia corretto», questa la voce che arriva dai corridoi della Provincia. In questo caso la progettazione rimarrebbe bloccata almeno fino all’udienza cautelare, che precede quella di merito, e che non arriverebbe prima di 6 o 9 mesi. Qualora il tribunale non concedesse di riprendere con la progettazione prima della sentenza bisognerebbe aspettare la fine dell’iter, per un totale di 12 mesi, pari quindi a un potenziale stop di un anno. L’altra strada sarebbe invece quella di accettare la sentenza del Tar, verificare se la seconda classificata (la ricorrente Altieri Spa) è in possesso dei requisiti e affidare a lei il compito di progettazione. In quel caso appare scontato che comunque la Ati Project ricorrerà in Consiglio di Stato, non solo per difendere la sua posizione in una gara di oltre 35 milioni di euro, ma anche perché il raggruppamento temporaneo di imprese ha già versato una fidejussione di 600mila euro a garanzia dei suoi requisiti che rischia di perdere a vantaggio della Provincia, impensabile quindi che non ricorra.
«Salvare il salvabile»
Quale che sia la decisione della Provincia, l’auspicio dei tecnici è duplice. Il primo è che si possa ripartire con la progettazione il prima possibile. «Il Santa Chiara ha 55 anni, ha raggiunto un limite fisico dovuto all’età». L’altro auspicio è che si possa «salvare il salvabile. Le parti buone della gara». Soprattutto i tre mesi abbondanti di lavoro già portati avanti dalla Ati Project da quando, a metà marzo, ha ricevuto l’incarico. In questo periodo sono stati svolti rilievi, analisi di traffico, concept, masterplan e tanto altro, «con centinaia di persone che si sono dedicate a questo per cento giorni», dicono voci vicino all’azienda. Fondamentale sarebbe recuperare in ogni caso almeno un pezzo di questo lavoro, per non perdere tempo, per guadagnare un pezzo di strada. Ma come si fa se l’incarico passa all’altra azienda? Magari con un accordo tra le due, sempre che siano disposte a venire incontro all’interesse pubblico.
Lost in translation
L’analisi delle carte, al di là delle posture politiche, ha permesso poi ai tecnici provinciali di farsi un’idea di cosa sia successo al Tar. L’interpretazione è che il problema nasca da un diversa interpretazione dei ruoli ricoperti dalle imprese che fanno parte della Rti a causa di diverse vedute sulla traduzione di alcuni termini. «I lavori effettuati dalle due aziende della Rti in Sud-America e in Asia centrale portano diciture diverse rispetto ai contratti italiani o europei. Capiamo che questo apre ad interpretazioni e che sono state intese in modo contrario alla linea della Provincia».
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