La storia

domenica 17 Settembre, 2023

Nicola Zurlo, il madonnaro del Vanoi: «Sin da piccolo circondato da statue»

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Il trentaquattrenne ha riscoperto l'antico mestiere del bisnonno. «Molti non sanno cosa siano i figurinai. Gli racconto della mia famiglia»

Tra i vecchi mestieri di un tempo ce n’è uno molto particolare ai più sconosciuto, è quello del madonnaro o più precisamente del figurinaio, un artista a tutto tondo, scultore e pittore che si occupava della realizzazione di suppellettili sacre. Un lavoro considerato di nicchia in cui si fondevano insieme tecnica e arte, cultura e religione e la cui fortuna era legata alla grande devozione della gente.
Oggi questo mestiere non è più praticato se non in qualche bottega del Centro Italia ma nella Valle del Vanoi, la memoria di questo affascinante lavoro rivive grazie a Nicola Zurlo, discendente da una famiglia di figurinai.

La storia
Nicola ha 34 anni, vive alle «Saline» località del Passo Gobbera, ha studiato da geometra ma lavora come impiegato all’ufficio postale. Il suo bisnonno, classe 1884, era originario di Ronchi Valsugana e di professione faceva il figurinaio insieme al fratello.
Nei primi anni del Novecento, il bisnonno di Nicola emigrò nel Vorarlberg per cercare fortuna con la vendita delle sue statue, qui incontrò la futura moglie originaria del Passo Gobbera, dalla loro unione nacquero 7 figli. «I figurinai della mia famiglia erano il bisnonno e i tre figli maggiori – racconta Nicola – facevano gli ambulanti, non avevano un laboratorio e una sede fissa. Il loro mercato era l’Austria, la Svizzera e parte della Slovenia. Dopo la Grande Guerra questi mercati li hanno persi e hanno iniziato a girare in Veneto, Friuli e Lombardia. Porre sul comò la statua del Sacro Cuore e della Madonna con i due angeli significava avere la massima protezione: la gente si indebitava per queste statue».

«Scusene se vegnon a vender Gesù Cristo»
Gli antenati di Nicola viaggiavano solo con gli stampi e un campionario perché poi la produzione avveniva in loco. «Quando arrivavano a destinazione per prima cosa si trovavano un posto dove potersi sistemare e allestire quello che sarebbe diventato il loro laboratorio – spiega Nicola – Poi bussavano alle porte di case e chiese pronunciando la frase “scusene se vegnon a vender Gesù Cristo” per non disturbare in alcun modo la sensibilità religiosa della gente e giustificare così quella che poteva sembrare una mercificazione del sacro. Raccolti gli ordini iniziava la produzione con una divisione del lavoro ben precisa». La lontananza da casa durava mesi ma era un lavoro in cui si guadagnava bene. «Mio bisnonno – aggiunge Nicola- investiva subito i soldi acquistando proprietà e animali per dare sostentamento a quella parte della famiglia che rimaneva alla Gobbera».

La riscoperta dell’antico mestiere
Nicola, sopranominato «el madonnaro» ha riscoperto questo mestiere incuriosito dalle tante raffigurazioni sacre presenti in casa: «Mio nonno di inverno assisteva alla produzione delle statue per la vendita locale e da piccolo era addetto alla pittura, poi una volta cresciuto ha lasciato questo lavoro. Anche mio papà non l’ha mai praticato, io invece vedendo le statue e ascoltando la storia dei miei avi mi sono appassionato e ho voluto scoprirne e capirne di più. Ho fatto ricerche negli archivi comunali, sui libri ed ora eccomi qua con un mio laboratorio. Quando vado in giro mi fermo sempre nei mercatini delle pulci, a vedere capitelli ed edicole sacre mi è capitato tante volte di trovare le statue fatte da mio bisnonno e dai suoi figli, le riconosco dalle firme e per me è ogni volta una grandissima emozione». Nicola è abile nella scultura del legno: «A 14 anni ho iniziato a fare le stagioni lavorando in falegnameria e ho cominciato a copiare le statue del bisnonno usando il legno. I crocefissi e le Madonne appagano l’anima per coloro che sono di fede ma a me piace tanto realizzare oggetti di uso quotidiano».

Le maschere per Krampus
Da qualche anno Nicola crea maschere per Krampus: «Mi diverte usare materiali diversi come pellicce, corna, metalli, scolpisco e cucio a mano. Molta gente che viene a trovarmi non sa chi sono i figurinai, io cerco di farglieli scoprire, raccontando la storia della mia famiglia ma anche quella di una cultura che appartiene al nostro territorio».