Montagna

giovedì 17 Novembre, 2022

Marmolada riaperta, i familiari delle vittime: «Andava messa in sicurezza anche d’estate»

di

Dopo il via libera allo sci sulla Regina delle Dolomiti parla Luca Miotti che il 3 luglio scorso perse il fratello e la cognata

La Marmolada riapre, ma con prescrizioni. Lo avevano annunciato, ieri mattina, i presidenti della provincia autonoma di Trento e della Regione del Veneto, Maurizio Fugatti e Luca Zaia, dopo il confronto avuto per permettere l’accesso a lavoratori, alpinisti e sportivi, tenendo conto dei pareri tecnici forniti dagli uffici competenti. E infatti qualche ora dopo il sindaco di Canazei Giovanni Bernard ha firmato l’ordinanza «contingibile e urgente» che consente nuovamente l’accesso alla Regina delle Dolomiti.
E così, con la revoca della precedenza ordinanza datata 22 agosto che istituiva la «zona rossa», ora per la Marmolada si apre una nuova fase. Torna accessibile. Esattamente venti settimane dopo il crollo del seracco nella zona di Punta Rocca, costato la vita a undici escursionisti. Una decisione, quella del primo cittadino, assunta sulla base della relazione tecnica di aggiornamento a cura del Servizio prevenzione rischi e Cue del Dipartimento protezione civile, foreste e fauna della Provincia autonoma di Trento, corredata da analisi e indicazioni operative finalizzate proprio alla riapertura. Il documento definisce una nuova «area di attenzione» sul versante nord della Marmolada (costituita dalla calotta e dalle due principali lingue che la circondano e scende fino al lago di Fedaia). Area su cui ci potranno essere eventuali limitazioni in caso di necessità, sulla base dei dati di monitoraggio. Sì perché continueranno ad essere registrati e analizzati con specifiche apparecchiature i parametri nivometeorologici.
E in caso di segnalazione di criticità saranno effettuati sopralluoghi sul campo. Perché non debba risuccedere.
Alla notizia della riapertura il padovano Luca Miotti, che quella domenica del 3 luglio ha perso il fratello Davide e la moglie di lui, Erica Campagnaro — non certo degli sprovveduti in quota (lui era guida alpina e titolare dal 1998 di un negozio sportivo nel Bassanese) —, commenta: «Come meta turistica andava messa in sicurezza non solo per l’utenza invernale ma anche per quella altrettanto numerosa nel periodo estivo. In particolare — insiste — dopo due mesi, quello di maggio e di giugno, con picchi di caldo estremo e mai rilevato in precedenza».
Quello che preme ai parenti della coppia veneta, che ha lasciato un grande vuoto e due figli meravigliosi, è l’esito delle indagini della procura di Trento che ha delegato delle consulenze specifiche per capire se quella maledetta frana di ghiaccio e roccia della lunghezza di due chilometri, che si è mossa alla velocità di trecento chilometri all’ora e con un fronte di trecento metri verso Passo Fedaia, poteva essere prevista. Se quindi tutte quelle morti potevano essere scongiurate. Una risposta che si potrà conoscere solo all’esito del deposito delle consulenze da parte dei due esperti nominati dal procuratore capo Sandro Raimondi in seguito all’apertura dell’inchiesta per disastro colposo (esiti che la famiglia Miotti, assistita dall’avvocato modenese Massimo Simonini, ha chiesto di conoscere depositando un’istanza).
La convinzione di Luca Miotti è fossilizzata da quando quella slavina di ghiaccio, neve e rocce, ha travolto anche la sua di esistenza. «A mio parere c’è stata una negligenza, una sottovalutazione dello stato del ghiacciaio — fa sapere il padovano, provato dal duplice lutto — già allora i governatori Luca Zaia e Maurizio Fugatti e l’allora presidente del consiglio dei ministri Mario Draghi avevano detto all’unisono che la tragedia era inevitabile. Ancora prima delle indagini si era già deciso, stante i segnali della crisi climatica. È incredibile che non ci fossero segnali da prendere in considerazione: la Marmolada è in continua evoluzione, si dovevano fare analisi al di sotto dello strato del ghiaccio, cosa che stavano già facendo dei ricercatori universitari di Padova. In Trentino ci sono degli organi deputati al monitoraggio, allo stato di salute e sicurezza, perché non sono state date le dovute attenzioni, perché non è stato previsto?».
Per Miotti qualcosa si poteva, o meglio, doveva fare. «Si dovevano avvertire i cittadini, i turisti che con il caldo era necessaria maggiore attenzione. Bastava un cartello con scritto che la Provincia di Trento non si assumeva responsabilità su persone o cose. Cosa che faranno da domani per chi si farà la vacanza e la sciata lì».