Scelte di vita

venerdì 18 Novembre, 2022

Lisa, la «bottegaia» dei libri

di

Orlandi a 40 anni è tornata in Valsugana. Dal 2014 ha reso la sua Piccola Libreria di Levico un motore di vita culturale e sociale

«Sono ipercinetica, lo so. E mi sento una bottegaia». La «bottega» è piena di scaffali e libri. Una libreria in piena regola, in una trentina abbondante di metri quadri in via Regia, il salotto buono di Levico. Una «Piccola libreria». Ma affamata di socialità e futuro. I libri, in fondo, a questo servono. A parlarci del passato e del presente per portarci nel futuro. Lisa Orlandi è tornata a Levico, il suo paese, la sua città, dopo una bella carriera da professionista della comunicazione e dell’organizzazione di grandi eventi a livello nazionale e internazionale. A 40 anni è diventata libraia. Apriva il suo regno di pagine di carta e parole esattamente otto anni fa e oggi alle 18 si fa festa. In modo originale, con il professore dell’università di Trento Massimiano Bucchi, ospiti, amici, lettori. Una comunità culturale che Lisa ha costruito in questo otto anni ben al di là dei confini della Valsugana o del Trentino. Perché la sua Piccola Libreria è un vulcano come lei. Di idee, iniziative, proposte, voglia di fare e di contagiare positivamente gli altri con le storie, le prospettive, le visioni del mondo, gli spaccati di vita e i frammenti di vite che solo la letteratura sa dare. Papà magistrato di origini lucane, mamma laureata in matematica, francese di origini trentine, che si sono conosciuti in Spagna. Lisa è vissuta e cresciuta fra Marter e Levico. Poi l’università a Siena: «Economia e commercio, con sbocchi nel marketing».
Perché Siena?
«Perché volevo guardare oltre il Trentino, in quel momento. Erano gli anni novanta. Mi piaceva l’indirizzo proposto a Siena. E ho fatto l’Erasmus a Warwick, in Inghilterra».
Dopo una carriera da direttrice di grossi eventi e nella comunicazione istituzionale, il ritorno in Trentino…
«Ero sempre in giro, per anni. Guadagnavo bene ma mi sentivo un po’ esaurita. Sono sempre stata ipercinetica e tornata in Trentino mi sono chiesta cosa potevo fare. Qui non ci sono grandi industrie. Ho fatto volontariato e fondato una “palestra” di programmazione di videogiochi. Poi l’idea di concretizzare la mia passione per la lettura. E sono diventata libraia. Un lavoro non solo intellettuale, ma imprenditoriale. Gli amici più cari mi dissero: “Ma fai la Madame Bovary?”».
E cosa significa avere una piccola libreria indipendente?
«Vuol dire che faccio tutto da sola… L’estate ho alcuni ragazzi e ragazze dell’Istituto Curie che fanno da me lo stage e qualche collaboratore quando sono impegnata negli eventi. In otto anni ho avuto tre apprendisti. In Italia c’è un’anomalia: i gruppi editoriali grossi sono anche distributori e gestiscono i punti vendita. Io compro i libri e devo venderli. Non li ho in “conto vendita”, se non grazie a qualche piccolo editore indipendente».
Perché le piace definirsi «bottegaia»?
«Rivendico questa definizione. Sono una bottegaia di paese. Qui ci si incontra, ci si riconosce. Gli anziani di Levico sostano a riposarsi sui divani, se al bar c’è confusione. C’è chi si fa lasciare qui un pacco… Ad alcuni ragazzi di Levico assegno delle piccole incombenze. È un luogo sociale. E poi collaboro con la biblioteca comunale, con la rassegna estiva Levico Incontra gli autori, che organizziamo da sette anni, la Fondazione Degasperi, le scuole e i progetti di lettura per bambini e adolescenti e ho diversi sponsor dal privato che incoraggiano la lettura. E ho duemila contatti con la newsletter».
E i suoi clienti da dove arrivano?
«In passato a Levico c’era solo una libreria di una specie di catena. Oggi io ho clienti da Trento, Feltre, Bassano. Più i turisti che hanno qui le seconde case. E tanti tedeschi. Ho preparato uno scaffale con i bestseller in tedesco e inglese. Ho tanti clienti fissi che mi chiedono il libro giusto da regalare. E la soddisfazione è vederli contenti per la scelta, per il consiglio ricevuto».
Ma i gusti di lettura della libraia-bottegaia quali sono?
«Uuh. Balzac, indubbiamente. Le sue Illusioni perdute sono un capolavoro. E vado matta per i racconti di avventura e le storie dei bucanieri. Stevenson, Conrad, London. Anche la fresca nobel Ernaux, in tempi non sospetti».
Altri interessi?
«Sono melomane. Amo la musica, dall’opera al jazz. E suono il pianoforte».
Amicizie nate facendo la libraia o clienti vip entrati nella sua Piccola Libreria?
«L’attrice Francesca Neri, che ha la mamma qui a Levico. Ha comprato diversi libri dell’Iperborea. Con lei l’ormai ex marito Claudio Amendola, un “orsone”. E con Paolo Cognetti, dopo le sue presentazioni di libri, è nata una vera amicizia. Mi piace il suo spirito anarchico».
Le piccole librerie di qualità avranno un futuro se…
«Se sapranno essere un incubatore di relazioni, un cantiere aperto. Non isole, ma snodi di dialogo con i territori. Per sopravvivere ci vogliono i numeri, ma possiamo sfuggire a questo mood di omologazione al ribasso».